Smettiamo di parlare di una Terza Intifada: l’occupazione israeliana deve finire

di Saeb Erekat, Segretario Generale OLP

Newsweek, 8 ottobre 2012

Negli ultimi giorni, molti si sono chiesti se questo è l’inizio di una terza Intifada. Per il popolo palestinese questa domanda è ormai irrilevante. Non c’è stato un solo giorno, in quasi mezzo secolo, in cui non abbiamo sofferto a causa dell’occupazione israeliana, che è la maggior fonte di violenza nella regione. L’occupazione vuol dire controllo, e ciò è esattamente quello che Israele ha fatto con le nostre vite, opprimendoci e umiliandoci ogni giorno nella nostra terra per mezzo di una forza di occupazione violenta.

Nel suo discorso all’ONU, il Presidente Abbas ha detto: “Devo ribadirlo: la situazione attuale è insostenibile. Il nostro popolo ha bisogno di una autentica speranza e vuol vedere azioni credibili per porre fine a questo conflitto, porre fine alla sua sofferenza e ottenere i suoi diritti”. Si è appellato alla società israeliana: “Spero che voi terrete conto della pericolosa situazione che c’è sul terreno, guarderete al futuro e considererete accettabile per il popolo palestinese quello che è accettabile per voi stessi.”

Ciononostante, il governo di estrema destra di Netanyahu continua a negare i diritti dei Palestinesi e a incitare alla violenza, facendo capire chiaramente che la fine di questo regime di apartheid non è tra le sue scelte. Il suo diplomatico di punta, [il Vice Ministro degli Esteri israeliano Tzipi] Hotovely ha dichiarato proprio ieri che questo governo è stato formato allo scopo di impedire una soluzione a due stati. Netanyahu sa che, indipendentemente da ciò che lui dice o fa, la comunità internazionale non ha niente di meglio da offrire se non un appello per “la ripresa dei negoziati.”

Pensare che ciò che sta accadendo sia solo “una nuova ondata di violenza” significa dimenticare il fatto che i Palestinesi sono stati sotto un’occupazione violenta per decenni, che Israele continua con le sue pratiche di apartheid e con la costruzione di insediamenti illegali sulla terra palestinese occupata, e che l’obiettivo di Israele è quello di cambiare l’identità della Palestina, sopprattutto in Gerusalemme Est occupata. Gli attacchi israeliani nell’area della Moschea di Al-Aqsa, aizzati da membri del governo Netanyahu, sono solo un esempio dei quotidiani inviti alla distruzione non solo dei diritti globali dei Palestinesi, ma dello Stato di Palestina come nazione sovrana indipendente.

La Palestina ha chiesto da più di un anno protezione internazionale da parte delle Nazioni Unite, ma finora non c’è stata alcuna azione concreta. Le sofferenze dei Palestinesi che vivono nei territori occupati sono il risultato della mancata responsabilizzazione e dell’impunità concessa a Israele dalla comunità internazionale. Ora che Natanyahu ha deciso di dichiarare guerra ai civili palestinesi approvando un pacchetto di punizioni collettive, mentre il Sindaco del Municipio Israeliano di Gerusalemme [Nir] Barkat invita gli ebrei israeliani, anche se non sono soldati, a girare armati in città, possiamo solo aspettarci che nei prossimi giorni ci saranno ulteriori violenze e ulteriore oppressione.

Questo clima di impunità ha incentivato gli atti criminali e Israele si è resa conto che non dovrà pagare alcun prezzo se continuerà a negare i diritti del popolo palestinese che sono riconosciuti dal diritto internazionale.

Quello che è successo negli ultimi decenni nella Palestina occupata è stato il consolidamento della sovranità di Israele su una terra che secondo la comunità internazionale non le appartiene, e su un popolo assoggettato, i Palestinesi; e tutto ciò è stato fatto contravvenendo alle leggi internazionali.

Israele deve rispondere dei suoi crimini. Questo clima di impunità deve finire ora, prima che abbia prodotto danni irreversibili. Le recenti azioni di Israele – tra cui il tentativo di screditare i testimoni e le famiglie delle vittime, prendere deliberatamente di mira i civili e mettere in atto una politica di punizioni colletive – riassumono la repressione e la sistematica violazione dei diritti umani che è insita nell’ingiusta occupazione israeliana. Le sanzioni imposte dall’occupazione di Israele opprimono e negano ogni volta la giustizia.

La risposta internazionale agli avvenimenti degli ultimi giorni è stata ben lontana da ciò che la situazione sul terreno richiede. Ho letto alcune dichiarazioni che chiedevano una “ripresa dei negoziati.” Voglio essere molto chiaro: i negoziati non possono essere un sostituto della giustizia. Chi fa questo tipo di dichiarazioni sa benissimo che il governo israeliano non ha alcuna intenzione di raggiungere quello che è lo scopo ultimo di ogni negoziato, cioè la fine dell’occupazione israeliana iniziata nel 1967.

La questione non è se questa sia una terza Intifada o un’isolata onda di violenza. Quelli che abbiamo visto sono i sintomi di una realtà fatta di occupazione, colonizzazone e apartheid che Israele ha imposto sulla Palestina, contro i principi fondamentali su cui fu creata la comunità internazionale. Il mondo ha permesso che questo accadesse.

La comunità internazionale deve assumersi le sue responsabilità, chiedendo conto a Israele dei crimini che continua a commettere nei confronti della terra e della gente di Palestina. Senza un intervento internazionale le cose non cambieranno. Fornire protezione internazionale ai Palestinesi e smettere di trattare Israele come uno stato al di sopra della legge: questo è il minimo che possiamo chiedere.

http://europe.newsweek.com/stop-talking-about-third-intifadaisraels-occupation-must-end-334323

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