INTERVISTE
**Il portavoce del Presidente, Nabil Abu Rudeina, sul discorso del Presidente Abbas
Indubbiamente il messaggio odierno del Presidente accoglie le richieste del popolo palestinese e dei paesi arabi. È in linea con le posizioni di tutti i precedenti leader palestinesi. Israele ha degli obblighi da rispettare; e se non li rispetta, neanche i Palestinesi sono tenuti a rispettare i propri. Israele deve capire che questa è una nuova stagione e anche gli USA devono riconsiderare le proprie posizioni. Il fatto che gli USA non fanno pressioni su Israele e il fatto che Israele continua ad inasprire le sue azioni contro i Palestinesi, hanno portato a questa decisione importante e senza precedenti; una decisione che deve essere portata avanti per l’unità dei Palestinesi e perché possiamo riconquistare i nostri diritti. Non si può in alcun modo manomettere l’assetto di Gerusalemme e dei suoi luoghi santi. Non possiamo accettare il complotto che, con falsi pretesti, vorrebbe separare la Striscia di Gaza dalla Cisgiordania. Noi vogliamo la riconciliazione e l’unità della nostra patria. Per questo dobbiamo essere molto chiari con l’amministrazione USA e con Israele. I Palestinesi riconquisteranno i loro diritti a qualunque costo e gli USA devono esercitare una pressione forte su Israele. La posizione degli USA è debole e le posizioni di Israele sono totalmente controproducenti rispetto al processo di pace. Siamo alla fase finale e tutti devono rendersene conto.
**Saeb Erekat, membro del Comitato Esecutivo dell’OLP
Il Presidente ha annunciato al mondo che noi vogliamo la pace, mentre Israele ha scelto di distruggere il processo di pace, ha scelto uno stato con due sistemi al posto di due stati, e ha scelto di ignorare gli impegni sottoscritti. Perciò, in conformità con le decisioni del Consiglio Nazionale Palestinese del marzo scorso, il Presidente ha annunciato che non è più possibile continuare a rispettare gli accordi sottoscritti.
Adesso il mondo intero è chiamato a confrontarsi con le sue responsabilità. Se Netanyahu pensa che può continuare a trattarci come un’Autorità senza autorità, a mantenere un’occupazione senza pagarne il prezzo, a mantenere Gaza fuori dalla struttura della Palestina, si sbaglia di grosso. Quindi, o questa Autorità Palestinese diventa un ponte verso l’indipendenza, o la potenza occupante si deve assumere le sue responsabilità. Il Presidente è stato molto chiaro e preciso. Non c’è posto per zone grigie. Noi siamo un popolo e uno stato sotto occupazione e la comunità internazionale ha una responsabilità nei nostri confronti: noi abbiamo chiesto protezione.
Le decisioni sono chiare e definitive ed Abu Mazen le sta applicando di fronte al mondo intero. Oggi è un giorno di orgoglio per i Palestinesi: la bandiera è stata issata per la prima volta alle Nazioni Unite, il cammino è stato tracciato. Ora spetta a noi Palestinesi il compito di unificare le nostre fila. Hamas dovrebbe rispondere subito alla richiesta di formare un governo di unità nazionale. Dobbiamo vincere in nome dei nostri martiri, dei nostri prigionieri, dei nostri feriti. Bisogna inoltre convocare il Consiglio Nazionale Palestinese.
Domanda: Quanto tempo darà l’Autorità Palestinese alla comunità internazionale perché questa si assuma le proprie responsabilità e obblighi gli Israeliani ad applicare gli accordi che hanno sottoscritto?
È molto semplice. I membri del Quartetto si riuniscono oggi e devono prendere una decisione: o dicono che ci sono accordi che vanno applicati o si uniscono a chi si rassegna al fatto che c’è un’occupazione che però deve a sua volta prendersi le sue responsabilità.
** Kayed Al Ghoul, membro del Comitato Centrale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina
Il discorso del Presidente è stato un passo nella giusta direzione e può essere sviluppato prendendo le misure specifiche adeguate per quanto riguarda la cancellazione dei trattati di Oslo e di altri accordi e anche per quanto riguarda la continuazione della riconciliazione e l’indizione delle elezioni. Noi chiediamo di prender le mosse da questa decisione e convocare urgentemente un incontro per far rivivere l’OLP e convocare il Consiglio Nazionale Palestinese in modo da poter decidere le prossime iniziative sulla base del discorso del Presidente. Quello che occorre ora è una seria determinazione a interpretare il discorso mettendolo in pratica nella realtà.
Basandoci sull’esperienza, crediamo che non ci sia alcun bisogno dell’iniziativa della Francia, dal momento che aprirebbe la strada a nuovi negoziati; inoltre quell’iniziativa non comprende tutte le richieste palestinesi, tra cui l’auto-determinazione e il diritto al ritorno anche per i Palestinesi.
** Ahmad Yousef, leader di Hamas
Indubbiamente il discorso del Presidente non è stato così entusiasmante come ci aspettavamo noi e i cittadini Palestinesi. Ha avuto alcuni punti positivi, riguardo al riesame dei trattati di Oslo per il mancato rispetto degli accordi da parte israeliana. Tuttavia abbiamo constatato che nelle riunioni dell’Assemblea Generale dell’ONU la causa palestinese veniva messa ai margini, e questo è un fatto deprecabile. È stato mandato il messaggio che saranno prese iniziative concrete. È un buon segno che la bandiera palestinese sia stata issata ed è importante che il cammino verso uno stato sia ancora in carreggiata. Ora spetta alla comunità internazionale di prendere l’iniziativa, far pressione su Israele e costringerla a rispettare i suoi doveri.
Avevamo sperato che si sarebbe parlato di più del ruolo degli USA e della necessità di riportare la causa all’ONU. Penso che ci siano dei punti su cui discutere e su cui lavorare partendo da questo discorso; al rientro in patria del Presidente penso che si debba lavorare davvero per la riconciliazione e convocare la dirigenza provvisoria dell’OLP.
** Mustapha Barghouti, Segretario Generale dell’Iniziativa Nazionale Palestinese
Abbiamo accolto con favore l’annuncio fatto dal Presidente nel suo discorso circa la cancellazione degli accordi di Oslo, come era stato deciso dal Comitato Centrale. Ora speriamo che questo sia messo in pratica e comprenda [la cancellazione] di ogni forma di coordinamento con Israele in materia di sicurezza. Abbiamo anche accolto con favore la richiesta di protezione internazionale e la formazione di un governo di unità nazionale. Speriamo che questo sia un buon passo avanti verso la riconciliazione e verso una dirigenza unificata. Questa è la fine di un’era, di un periodo in cui si puntava sui negoziati, che poi hanno prodotto solo l’espansione degli insediamenti. Ora c’è bisogno di una strategia alternativa ai negoziati, una strategia che sia basata innanzitutto sul movimento BDS.
La bandiera che è stata issata conferma che i territori palestinesi sono uno stato occupato e non ‘contestato’ come ama dire Israele.
** Ahmad Majdalani, membro del Comitato Esecutivo dell’OLP
Domanda: Che sviluppi si possono immaginare circa le decisioni annunciate nel discorso?
Il discorso ha proposto un piano di lavoro e un programma politico per la prossima fase, in cui ci sarà un cambio radicale nei rapporti con l’occupazione israeliana e anche con gli USA e la loro politica faziosa. Ora chiediamo il sostegno internazionale per far cessare l’occupazione israeliana e abbiamo rigettato la politica dei negoziati diretti sotto l’egida degli USA. La richiesta di protezione internazionale segnala che la situazione ha raggiunto il punto in cui la comunità internazionale deve assumere le sue responsabilità nei confronti del popolo palestinese, una cosa che non è stata fatta dalla Nakba in poi. È poi della massima importanza il fatto che il processo di transizione, che Israele ha rifiutato di onorare e di rispettarne i doveri, è stato congelato e sospeso anche per quel che riguarda gli impegni che i Palestinesi avevano assunto in questo stadio. Penso che sia iniziata una [nuova] era. Su questo bisogna lavorare al nostro interno, affrontare prima possibile le questioni interne e porre fine alle divisioni. Hamas deve quindi abbandonare il suo progetto divisionista, accettare un governo di unità nazionale e permettere lo svolgimento delle elezioni.
Domanda: Ma le dichiarazioni del Presidente Abbas circa i rapporti con Israele erano una minaccia o una vera e propria decisione?
La decisione era stata presa già in marzo dal Comitato Centrale. Ci si era preparati a questa evenienza, alla rottura dei rapporti. Da marzo in poi, l’occupazione ha avuto molte occasioni per cambiare la sua rotta e rimuovere gli ostacoli, ma ora è chiaro che il governo israeliano dei coloni ha scelto la via degli insediamenti anziché la via della pace.
Domanda: Quindi questo è un avvertimento che gli accordi potrebbero essere cancellati; da cosa dipende se questo avverrà o meno?
Non è un avvertimento, è una decisione. Al rientro del Presidente, ci sono misure in corso per riconsiderare i rapporti con Israele e modificarli, e ci sono anche iniziative che riguardano le nostre questioni interne e l’unità nazionale. Bisogna anche prendere in considerazione le reazioni israeliane e le prevedibili misure punitive che potranno prendere.
** Shawan Jabareen, Direttore di Al Haq, se si debba considerare la Palestina uno stato sotto occupazione o no
Domanda: Cosa significano queste dichiarazioni in termini legali?
Dal punto di vista legale, che fosse dichiarato o no, la Palestina è uno stato sotto occupazione. Ci sono opinioni diverse su cosa sia uno stato, ma ora la Palestina è legalmente uno stato. Ma non penso che questo cambierà qualcosa nella realtà; è uno stato sotto occupazione e su questo c’è consenso, si tratta solo di terminologia. L’occupazione [israeliana] è una occupazione: la potenza occupante ha degli obblighi secondo la legge internazionale e la legge umanitaria, ma l’occupazione israeliana è differente. Dura da molto tempo ed ha assunto le caratteristiche di un potere coloniale razzista; non penso quindi che ci sarà alcuna implicazione legale legata a questo [discorso], perché è un fatto politico: si tratta di auto-determinazione. L’ONU deve intervenire, i Palestinesi hanno i loro diritti.
ALTRE NOTIZIE____________________________________
Incontro di Lapid con Turki al-Faisal a New York
Il giornale israeliano “Yesrael Hayoum” ha rivelato questa mattina che Yair Lapid, leader del partito israeliano “Yesh Atid,” si è incontrato mercoledì a New York con l’ex-funzionario dei servizi segreti sauditi e ambasciatore saudita presso l’ONU, il principe Turki al-Faisal, per discutere l’iniziativa di pace araba proposta da più di dieci anni dall’Arabia Saudita. Il giornale ha detto oggi che l’incontro riguardava anche uno scambio di opinioni sull’iniziativa, e a Lapid si attribuiva l’affermazione che l’incontro si proponeva di portare avanti un processo politico basato sull’iniziativa di pace araba. (http:// %D9%8A%D9%88%D8%B1%D9%83)
Habbash dichiara: il discorso va “passo dopo passo” e non c’è un annullamento degli accordi; minaccia di farlo, ma … non avverrà domani!
Mahmoud al-Habbash, consigliere del Presidente Abbas e Giudice Supremo, commentando il discorso del Presidente Mahmoud Abbas all’Assemblea Generale dell’ONU, ha detto che la prossima fase sarà all’insegna del “passo dopo passo … impegno dopo impegno … posizione dopo posizione”. Habbash ha detto [all’agenzia] Maan: “Il Presidente non ha annunciato la cancellazione degli accordi presi, ma ha informato il mondo che da ora in poi si sentirà vincolato a rispettarli nella misura in cui Israele li rispetterà.” Ha poi aggiunto: “Non vuol dire che quanto annunciato dal Presidente sarà messo in atto domani, e il rientro dall’estero del Presidente non richiederà coordinazione [con Israele] … ma proprio il contrario.” (http://www.amad.ps/ar/?Action=Details&ID=91454)
Funzionari israeliani: le affermazioni di Abu Mazen non sono gravi perché non ha specificato una data per la cancellazione degli accordi
[Il giornale] Yediot Aharonot ha riferito le dichiarazioni di alti funzionari israeliani secondo i quali il discorso che il Presidente palestinese Mahmoud Abbas ha fatto ieri all’ONU non è preoccupante perché non ha stabilito una data per la cancellazione degli accordi con Israele. Secondo il giornale, che citava funzionari non meglio identificati, Israele vede nelle dichiarazioni di Abu Mazen un passo unilaterale e pericoloso, ma crede che il fatto non sia grave per la mancanza di una data in cui gli accordi dovrebbero decadere, anche se c’è da temere che si possano fare ulteriori passi per tagliare i legami con Israele, fino a una rottura finale.
A sua volta, il vice-Primo Ministro israeliano Silvan Shalom, che nel governo Netanyahu è il responsabile dei contatti con la parte palestinese, ha detto che le dichiarazioni di Abu Mazen sono irresponsabili perché spinte oltre il limite, ma non sono tuttavia preoccupanti per Israele dal momento che il problema palestinese non era il tema centrale negli incontri all’ONU. (http://pnn.ps/2015/ %8A%D8%AD%D8%A7%D8%AA-%D8%A7%D8%A8%D9%88-%D9%85%D8%A7%D8%B2%D9%86-%D8%BA/)
Netanyahu fa oggi il suo intervento all’ONU, dedicato interamente a rispondere al Presidente Abu Mazen
Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu farà il suo discorso all’ONU questa sera alle 20. Fonti ebraiche dicono che il discorso di Netanyahu sarà dedicato a rispondere al discorso di ieri del Presidente Mahmoud Abbas. Prima di partire per New York, il Primo Ministro ha detto che nel suo discorso parlerà della posizione di Israele dopo la firma dell’accordo nucleare tra l’Iran e le sei maggior potenze, e affronterà anche la situazione in Siria e i pericoli che ci sono al confine settentrionale di Israele. A New York, Netanyahu incontrerà John Kerry per discutere su come rafforzare la sicurezza di Israele in seguito all’accordo nucleare con l’Iran. (http://pnn.ps/2015/10/01/%D9%86%D8%AA%D9%86%D9%8A%D8%A7%D9%87%D9%88-%D9%8A%D9%84AF%D8%A9-%D8%A7%D9%84%D9%8A/)
EDITORIALI_________________________________
La “bomba” di Abbas’ ha colto molti di sorpresa. Cancellerà davvero gli accordi di Oslo? È questo il primo passo per interrompere la collaborazione sulla sicurezza? E Israele lo lascerà tornare a Ramallah?
Editoriale su Rai Alyoum
Come aveva promesso, il Presidente palestinese Mahmoud Abbas ha sganciato la sua “bomba” durante lo storico discorso dinanzi all’Assemblea Generale dell’ONU, dicendo molto chiaramente che ne ha abbastanza e che le minacce americane e israeliane non lo spaventano.
Dopo aver descritto a lungo i crimini di Israele e dei suoi coloni nei territori occupati, Abbas ha confermato che non si sentirà più impegnato a rispettare gli accordi sottoscritti e ha detto che la Palestina è ora uno stato sotto occupazione di cui Israele deve portare la piena responsabilità.
Non rispettare gli accordi sottoscritti con Israele significa cancellare i trattati di Oslo e tutto ciò che comportano, in primo luogo il coordinamento della sicurezza e la stessa Autorità Palestinese. Allora, quali sono in pratica i passi che il Presidente Abbas compirà per mettere in atto ciò a cui si è impegnato dinanzi al popolo palestinese e al mondo intero?
Non è possibile rispondere, perché Abbas è ancora a New York e non sappiamo quale sarà in pratica la reazione di Israele alla sua mossa. Gli impediranno di tornare a Ramallah o manderanno carri armati ad assediare il quartier generale palestinese, come fecero per punire il defunto Presidente Yasser Arafat di aver innescato la seconda Intifada armata?
C’è chi dice che quelle del Presidente Abbas sono solo manovre e che non metterà mai realmente in atto quello che ha detto nel discorso; che aspetterà, o spererà, che ci sia un intervento americano o internazionale per costringere Israele a fare qualche concessione. Altri della cerchia del Presidente Abbas, invece, dicono di esser sicuri che il presidente è determinato su quello che ha detto e che comincerà ad agire appena tornato a Ramallah, ammesso che Israele glielo permetta.
Il presidente Abbas ha parlato di unità nazionale palestinese così come ha parlato di resistenza all’occupazione. Se è davvero serio su questo, si merita tutto il nostro sostegno. Ma se le sue minacce sono come quelle che ha fatto in precedenza, e se la “bomba” che ha fatto esplodere dal podio dell’ONU era solo un petardo – e noi speriamo che non lo sia – allora avrebbe concluso la sua vita politica nel modo più difficile e inconsueto.
Il discorso è stata una risposta alle aspirazioni palestinesi, anche se è arrivato con 15 anni di ritardo. Comunque, meglio tardi che mai. E se si tradurrà realmente in iniziative pratiche, allora il Presidente Abbas si sarà assicurato un posto nella storia della Palestina e avrà di fatto cancellato molti suoi errori. Questo è quello che speriamo e che anche la stragrande maggioranza dei Palestinesi spera. (http://www.raialyoum.com/?p=323417)
Abu Mazen mobilita le riserve.
di Nasser Lahham
Abu Mazen deve ancora aprire il suo arsenale di armi, ma ha mobilitato le riserve da tutte le fazioni armate e dai vecchi combattenti, impegnandosi sulle decisioni del parlamento palestinese (PNC) e del Comitato Centrale, che hanno deciso di cancellare gli impegni della Palestina verso tutti gli accordi stipulati con Israele.
Israele ha molto ridicolizzato il discorso del Presidente Abbas prima che fosse fatto. Il capo dell’amministrazione civile israeliana ha messo in dubbio che Abbas avrebbe avuto il coraggio di fare una qualunque mossa concreta. La stampa ebraica ha anche pubblicato documenti che secondo loro erano emersi da un incontro col ministro [palestinese] Hussein Al Sheikh, e che “rivelavano” come il presidente avesse fatto marcia indietro, per timore di Israele, rispetto alla sua decisione. Successivamente, l’ufficio di Netanyahu ha dichiarato che il discorso di Abu Mazen era pieno di menzogne e incoraggiava provocazioni e violenze.
Molti hanno detto che Abbas non avrebbe avuto il coraggio di sfidare gli USA o di ripudiare gli accordi con Israele. Molti caricaturisti hanno anche espresso simili opinioni con i loro pennelli. Ma il vecchio politico, il più anziano leader del mondo, ha tirato uno schiaffo in faccia al Segretario di Stato John Kerry e ha liberato i Palestinesi da questi accordi che pesavano duramente sul loro stomaco.
Ma ancora più importante del discorso in sé, sarà il modo in cui i Palestinesi tradurranno in pratica le decisioni annunciate dal Presidente. Per sapere quale sarà il “prezzo da pagare” per il discorso, in termini politici e di sicurezza, dobbiamo prima interpretare le reazioni israeliane per capire che impatto ha avuto questa mossa, che pure è in ritardo di 17 anni. A dire il vero, i Palestinesi avrebbero dovuto rigettare Oslo fin dal 1998, quando Netanyahu e Sharon, dopo l’uccisione di Rabin, si sottrassero agli obblighi che l’accordo comportava.
Abu Mazen non ha ancora aperto il suo arsenale di armi, ma ha mandato la palla nel campo dei Palestinesi e di tutte le loro fazioni. Ora c’è una spinta a formare un fronte unito di resistenza popolare per porre fine all’occupazione, visto che questo è l’obiettivo principale di tutte le forze nazionali. La divisione non è nel popolo palestinese, è la dirigenza politica che è divisa.
Abu Mazen ha detto al mondo: “Non lasciate cadere il ramoscello di ulivo che ho in mano”, ma l’ha detto in un modo diverso. Ha messo in guardia contro una guerra di religione, ma le sue parole finiranno nelle orecchie sorde degli Israeliani.
Abu Mazen ha accettato l’iniziativa francese, tenendosi così in mano una carta vincente da giocare nell’arena politica internazionale. Quell’iniziativa prevede che uno stato palestinese debba essere istituito entro il 2017, che Israele accetti o no il negoziato.
Oggi Abu Mazen ha mandato la palla nel campo del popolo e nel campo delle potenze nazionali e dell’OLP. Oggi ha detto al mondo: “chiediamo protezione internazionale”, ma tra le righe stava avvertendo che il mondo intero potrebbe chiedere la protezione internazionale se il popolo palestinese si arrabbiasse un’altra volta. (https://www.maannews.net/Content.aspx?id=801048)