Rapporto sulla Protezione dei Civili nei Territori Palestinesi Occupati 30 giugno – 6 luglio 2015

Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono ochainformazioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati Sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

Chi vuole una lettura ancora più veloce trova qui il nostro manifesto settimanale (n°125), basato su un riassunto del Rapporto.

Il 3 luglio, vicino al checkpoint di Qalandiya (Gerusalemme), un ufficiale superiore dell’esercito israeliano ha sparato contro un ragazzo palestinese 17enne, uccidendolo. Secondo i media, l’esercito israeliano ha affermato che il ragazzo è stato colpito mentre lanciava pietre contro il veicolo dell’ufficiale, mettendone la vita a rischio. Varie fonti palestinesi hanno riferito che il ragazzo è stato colpito mentre tentava di scalare la Barriera per raggiungere la moschea di Al Aqsa. Due fratelli della vittima (entrambi minorenni) furono uccisi dalle forze israeliane nel corso di scontri durante la seconda Intifada. Questa morte porta a 14, tra cui tre minori, i palestinesi uccisi finora nel 2015 dalle forze israeliane in Cisgiordania; quasi lo stesso numero di uccisi nel corrispondente periodo del 2014 (13 uccisi, di cui tre minori).

Le forze israeliane hanno ferito 13 palestinesi, tra cui due minori, in incidenti e scontri in varie località della Cisgiordania. Metà dei ferimenti sono avvenuti nel corso di operazioni di ricerca-arresto: nel Campo profughi di Ad Duheisha (Betlemme), in Beit Ummar (Hebron), in Tell (Nablus) e nel Campo profughi di Al Jalazun (Ramallah). Nel complesso, durante la settimana, le forze di Israele hanno condotto 55 operazioni di questo tipo ed hanno arrestato 79 palestinesi. Dall’inizio del 2015, il numero medio di operazioni di ricerca-arresto è stato di 84 per settimana. Gli altri ferimenti sono avvenuti: negli scontri durante proteste per l’uccisione del ragazzo al checkpoint di Qalandiya; durante la manifestazione settimanale nel villaggio di Kafr Qaddum (Qalqiliya); e durante il lancio di pietre contro le forze israeliane posizionate all’ingresso del Campo profughi di Al Jalazun (Ramallah).

Nella Striscia di Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA), sia di terra che di mare, le forze israeliane hanno aperto il fuoco verso civili in almeno cinque occasioni; non sono state segnalate vittime o danni materiali. È stata anche riferita una incursione delle forze israeliane per circa 150 metri all’interno della Striscia di Gaza, per svolgere uno spianamento del terreno.

Sono stati registrati sette attacchi di coloni israeliani a palestinesi con lesioni fisiche o danni alle loro proprietà. Gli attacchi comprendono: un episodio di lancio di pietre che ha provocato il ferimento di tre palestinesi, nei pressi del checkpoint di Za’tara; il danneggiamento di un veicolo, vicino al villaggio di Qusra; atti vandalici su 15 ulivi di proprietà palestinese, a Burin. Tali episodi sono avvenuti nel Governatorato di Nablus. Inoltre, quattro palestinesi sono stati feriti da coloni israeliani in quattro diversi incidenti, tra cui: il lancio di pietre contro veicoli palestinesi in transito sulla strada 1 nella zona di Sheikh Jarrah (Gerusalemme Est) che, secondo quanto riferito, ha causato l’aborto ad una donna incinta; tre episodi di aggressione fisica a Ras Karkar (Ramallah), a Marda (Salfit) e nella Città Vecchia di Gerusalemme.

Nella zona di Jabal al Mukabbir di Gerusalemme Est, le forze israeliane hanno sigillato una casa familiare con cemento e metallo, sfollando sei persone, tra cui un minore. Si tratta della casa di uno degli autori dell’attacco a una sinagoga, in Gerusalemme Ovest, nel novembre 2014, nel corso del quale cinque israeliani furono uccisi, insieme con i due autori. Organizzazioni per i Diritti Umani hanno espresso la preoccupazione per questa pratica, che può essere considerata una punizione collettiva, vietata dal Diritto internazionale.

Nel terzo venerdì di Ramadan, le autorità israeliane hanno reso più restrittivi i criteri di età per consentire l’entrata in Gerusalemme Est, senza specifico permesso, ai palestinesi detentori di documenti di identità della Cisgiordania; secondo quanto riferito, queste restrizioni sono state applicate in risposta ad una serie di attacchi portati da palestinesi nelle due settimane precedenti. Sono stati revocati, inoltre, tutti i permessi rilasciati a palestinesi della Striscia di Gaza ed agli abitanti della città di Sa’ir (Hebron), dove abitava il palestinese che, due settimane fa, accoltellò e ferì una guardia israeliana di frontiera. L’età minima per gli uomini è stata alzata da 40 a 50 anni e, per quanto riguarda le donne, l’ingresso è stato consentito solo alle ultra 30enni, mentre nessuna limitazione di età era stata applicata nelle due precedenti settimane. La mancanza di chiarezza per quanto riguarda questi cambiamenti e l’insufficiente diffusione delle informazioni hanno determinato confusione ed il respingimento di centinaia di persone che si erano presentate ai checkpoint. Nel complesso, circa 50.000 palestinesi sono entrati in Gerusalemme Est attraverso i quattro punti di controllo stabiliti lungo la Barriera; furono circa 120.000 nella precedente settimana.

Durante la settimana il valico di Rafah è stato completamente chiuso in entrambe le direzioni. Nella settimana precedente il valico è stato aperto per tre giorni e 1.546 persone sono state autorizzate ad attraversare in entrambe le direzioni; si è trattato del maggior numero di transiti dal 24 ottobre 2014, quando il valico venne chiuso. La chiusura di questa settimana è stata effettuata in risposta all’escalation delle ostilità tra gruppi armati e forze egiziane nel nord del Sinai. Finora, cioè nel primo semestre 2015, 7.504 palestinesi sono usciti da Gaza tramite il valico di Rafah; nella prima metà del 2014 furono 18.225.

La fornitura di energia elettrica in tutto il Governatorato di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, è fortemente diminuita dal 1° luglio, a seguito di una battuta d’arresto nel funzionamento di tre linee per l’importazione di energia elettrica dall’Egitto. Secondo quanto riferito, ciò è stato causato dai danni subiti durante le ostilità nel nord del Sinai. Come conseguenza, i blackout elettrici, che già erano di circa 12 ore/giorno, sono passati a 20 ore giornaliere. Sono state segnalate gravi interruzioni nella fornitura di servizi medici, idrici ed igienico-sanitari.

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