I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.
Sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1
L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti (in caso di discrepanze, fa testo la versione in lingua originale); nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Nella prima pagi-na viene presentato uno stringato riassunto degli eventi settimanali descritti nel Rapporto.
ð sono scaricabili dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:
https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali
Riassunto
Cisgiordania
- 25 palestinesi feriti nel corso di vari scontri. A Gush Etzion le forze israeliane uccidono un 17enne palestinese che fuggiva dopo aver tentato (forse) un furto d’auto.
- 56 i palestinesi uccisi nel 2014 dalle forze israeliane.
- 92 le operazioni di ricerca-arresto (75 è la media settimanale nel 2014).
- 5 attacchi di coloni israeliani con danni a proprietà palestinesi; 33 alberi danneggiati.
- In Gerusalemme Est, forze israeliane e coloni irrompono, sparando lacrimogeni, in una scuola palestinese, alla ricerca di ragazzi coinvolti nel lancio di pietre.
- 3 episodi di lancio di pietre, da parte palestinese, contro veicoli israeliani: un ferito.
- Area C: demolite 4 strutture e consegnati 15 ordini di arresto lavori per mancanza dei permessi edilizi israeliani.
- Governatorato di Betlemme: le forze israeliane distruggono 3 ettari di terra palestinese coltivata e spianano altri 3.000 mq (sradicando 185 alberelli), perché designate da Israele come “terra di Stato”.
- Aree ad Accesso Riservato: 19 casi di uso di armi da fuoco da parte delle forze israeliane; ferito un civile palestinese.
- Grazie al sostegno del Qatar, la Centrale elettrica di Gaza mette in funzione una terza turbina e riduce i blackout da 18 a 12 ore/giorno.
- Israele blocca una spedizione di fragole diretta in Cisgiordania.
- L’Egitto continua a mantenere chiuso il valico di Rafah. Perdurano le restrizioni israeliane al valico di Erez: i palestinesi di Gaza bloccati entro i loro confini.
Striscia di Gaza
- Aree ad Accesso Riservato: 19 casi di uso di armi da fuoco da parte delle forze israeliane; ferito un civile palestinese.
- Grazie al sostegno del Qatar, la Centrale elettrica di Gaza mette in funzione una terza turbina e riduce i blackout da 18 a 12 ore/giorno.
- Israele blocca una spedizione di fragole diretta in Cisgiordania.
- L’Egitto continua a mantenere chiuso il valico di Rafah. Perdurano le restrizioni israeliane al valico di Erez: i palestinesi di Gaza bloccati entro i loro confini.
Testo completo del Rapporto ONU-OCHAoPt
riguardante il periodo: 13 – 19 gennaio 2015
Cisgiordania (West Bank)
Un ragazzo palestinese è il primo morto del 2015
Il 14 gennaio, nei pressi dell’insediamento colonico di Gush Etzion, le forze israeliane hanno sparato con armi da fuoco ed ucciso un 17enne palestinese di Yatta (Hebron). Secondo i media israeliani, l’incidente è avvenuto durante un tentativo di furto d’auto, mentre il ragazzo, insieme ad un altro palestinese, stava fuggendo da un parcheggio. Le autorità israeliane, secondo quanto riferito, hanno aperto un’inchiesta sul caso. Questa è la prima vittima palestinese registrata in Cisgiordania nel 2015. Nel 2014, le forze israeliane hanno ucciso 56 palestinesi della Cisgiordania (di cui tre in Gerusalemme Est), tra cui 12 minori; il più alto numero di vittime dal 2007.
Sempre in questa settimana, le forze israeliane hanno ferito 25 palestinesi, tra cui dieci minori e tre donne, durante scontri in varie località della Cisgiordania; una marcata diminuzione rispetto alla media di 113 feriti / settimana nel corso del 2014.
Dieci dei ferimenti di questa settimana (il 40%) sono avvenuti durante gli scontri scoppiati nel contesto di tre distinte manifestazioni: contro la costruzione della Barriera a Bil’in (Ramallah), contro la chiusura di lunga data dell’ingresso al villaggio di Kafr Qaddum (Qalqiliya) e contro la chiusura della strada che collega il villaggio di Surif con quello di Al Jab’a (Hebron).
Altri dieci ferimenti da parte delle forze israeliane sono avvenuti nel contesto di scontri innescati da operazioni di ricerca-arresto: a Jenin, Nablus, Ramallah ed Hebron. Uno dei più ampi di tali scontri si è verificato il 13 gennaio, nel villaggio di Beit Ummar, risultante nel ferimento di tre minori ed una donna e nell’arresto di 18 palestinesi, tra cui tre minori. Nel complesso, le forze israeliane hanno condotto 92 di tali operazioni nell’arco della settimana, contro una media settimanale di 75 nel corso del 2014.
Gli altri cinque feriti comprendono quattro ragazzi (tra 16 e 17 anni di età), colpiti con arma da fuoco in quattro diverse situazioni, aventi in comune il lancio di pietre contro le forze israeliane: vicino al checkpoint di Beituniya (Ramallah), al Campo profughi di Ayda (Betlemme), a Beit Ummar (Hebron) e a Silwan (Gerusalemme Est).
Ancora in questa settimana, le forze israeliane hanno chiuso e sigillato due negozi sulla Ash Shuhada Street, nella parte della città di Hebron controllata da Israele (H2), in risposta al presunto lancio di una bottiglia incendiaria dall’interno del negozio; i palestinesi respingono questa accusa. L’accesso dei palestinesi a questa strada è stato vietato o limitato dalle autorità israeliane dal 2002 e la maggior parte dei negozi è stato chiuso per ordine militare, citando la necessità di proteggere gli insediamenti israeliani stabiliti in questa zona.
Oltre 33 pianticelle ed alberi vandalizzati da coloni israeliani; diminuiscono gli episodi di violenza palestinese contro i coloni
In questa settimana sono stati registrati cinque attacchi di coloni israeliani: in tutti i casi sono stati provocati danni a proprietà palestinesi, ma non ci sono stati feriti.
Due di questi episodi sono consistiti in atti vandalici contro 33 alberi e alberelli di ulivo, di cui 12 nel villaggio di Assirah al Qibliye (Nablus) il 18 gennaio, dove è stato spruzzato un “price tag graffiti” [scritte che accompagnano un’azione violenta contro chi si oppone alla colonizzazione] su un serbatoio per acqua finanziato da donatori, e gli altri 21 nel villaggio di Al Mughayyir (Ramallah). Quest’ultimo attacco sarebbe stato perpetrato da coloni dell’insediamento avamposto [= insediamento colonico illegale per la stessa legge israeliana ma, di fatto, tollerato] di ‘Adei ‘Ad. Dal 2010, oltre 13.000 alberi e alberelli sono stati sradicato o danneggiato sui terreni dei villaggi di Turmus’ayya e Al Mughayyir da parte di coloni israeliani.
Nella stessa zona, il 13 gennaio, secondo fonti della Comunità del villaggio di Turmus’ayya (Ramallah), coloni israeliani dell’insediamento di Shilo sono penetrati in una azienda agricola non lontana dall’insediamento ed hanno compiuto vandalismi sulla proprietà, compresa la porta di ingresso e mobili.
Il 14 gennaio, un colono israeliano ha investito due pecore appartenenti ad un pastore palestinese del villaggio di Salim (Nablus), che stava pascolando le pecore su un terreno vicino alla colonia di Elon Moreh. Il pastore ha presentato una denuncia sostenendo che il colono ha investito intenzionalmente le pecore, mentre le forze israeliane erano presenti sul luogo del fatto.
Ancora in questa settimana, nella zona di At Tur in Gerusalemme Est, forze israeliane e coloni hanno fatto irruzione ed hanno sparato lacrimogeni in una scuola palestinese, alla ricerca di ragazzi presumibilmente coinvolti nel lancio di pietre; non sono stati segnalati feriti o danni alle cose.
Secondo i media israeliani, durante la settimana, in Cisgiordania e Gerusalemme Est, si sono verificati almeno tre episodi di lancio di pietre da parte palestinese contro veicoli israeliani; in uno degli episodi, il 16 gennaio, è rimasto ferito un colono israeliano che transitava vicino al bivio di ‘Atarot; negli altri due casi sono rimasti danneggiati un bus ed un veicolo che transitavano nei pressi dei villaggi di ‘Anata (Gerusalemme) e Sinjil (Ramallah), rispettivamente.
Quattro strutture demolite in Area C
Durante il periodo di riferimento, le autorità israeliane demolito quattro strutture palestinesi in Area C ed hanno consegnato 15 ordini di arresto lavori per mancanza dei permessi di costruzione israeliani. Nello stesso periodo non sono state registrate demolizioni in Gerusalemme Est.
Il 14 gennaio, nella Comunità beduina di Maghayyir Al Dir (Ramallah), le autorità israeliane hanno demolito tre strutture: una struttura residenziale disabitata e due ripari per animali. Durante la demolizione le autorità hanno sequestrato 35 pannelli di lamiera zincata. Complessivamente, 19 palestinesi (tre famiglie) sono stati colpiti dal provvedimento. Nello stesso giorno, nel villaggio di Deir Jarir (Ramallah), le autorità israeliane hanno demolito una struttura abitativa in costruzione, appartenente ad una famiglia di profughi palestinesi registrati, costituita da quattro persone.
Il 19 gennaio, in Khallet al Wardeh (Hebron), le autorità israeliane hanno smantellato e sequestrato una baracca utilizzata come ricovero per animali; il provvedimento ha interessato 51 palestinesi (6 famiglie). La baracca era già stata demolita nel 2012 e successivamente ricostruita. A differenza delle demolizioni, il sequestro di strutture costruite senza permessi viene effettuato senza preavviso, negando alle famiglie colpite la possibilità di appellarsi ai tribunali israeliani. La pratica dei sequestri è andata aumentando nel 2014.
Nella Comunità di Tublaas (Gerusalemme), in Area C, le autorità israeliane, a motivo della mancanza dei permessi edilizi, hanno consegnato 13 ordini di arresto lavori con preavviso di sette giorni, contro strutture residenziali prefabbricate; le strutture sono state finanziate da donatori ed ospitano 13 famiglie (60 palestinesi). Questa è una delle 46 Comunità beduine (circa 7.000 persone) della Cisgiordania centrale a rischio di trasferimento forzato a causa di un piano israeliano “rilocalizzazione”.
Un ulteriore ordine di arresto lavori è stato emesso nei confronti di una casa, un recinto ed una struttura agricola in Shufa (Tulkarem), in aggiunta agli ordini diretti a sei famiglie affinché evacuino 10 ettari di terra nei villaggi di Shufa e Kafa (Tulkarem), poiché tale area è stata designata da Israele come “terra di Stato”.
Per motivi analoghi, il 15 gennaio, nel Governatorato di Betlemme, le forze israeliane hanno distrutto 3 ettari di terra coltivata in Khirbet an Nahla e, il 17 gennaio, hanno spianato 3.000 mq di terra situata tra i villaggi di Al Khader ed Husan (Betlemme), sradicando 185 alberelli e demolendo un muro di contenimento lungo 250 metri.
Striscia di Gaza (Gaza Strip)
Un civile ferito dalle forze israeliane in Area ad Accesso Riservato (ARA)
Episodi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco entro Aree ad Accesso Riservato (ARA), su terra e in mare, si sono verificati quotidianamente, con almeno 19 casi segnalati nel corso della settimana. In un episodio del 16 gennaio, ad est di Jabalia, le forze israeliane posizionate lungo la recinzione perimetrale Gaza, hanno aperto il fuoco verso un gruppo di palestinesi che lanciavano pietre verso di loro, ferendo un civile palestinese. In un altro episodio, il 15 gennaio, le forze israeliane hanno arrestato tre palestinesi che, a quanto riferito, stavano tentando di infiltrarsi in Israele. In almeno tre casi, le forze navali israeliane hanno aperto il fuoco contro barche da pesca palestinesi che, secondo quanto riferito, navigavano internamente al limite di pesca di sei miglia nautiche imposto da Israele, costringendole a tornare a terra.
Le restrizioni imposte da Israele in materia di accesso ai terreni lungo la recinzione perimetrale di Gaza e alle zone di pesca lungo la costa di Gaza minano la sicurezza e la sussistenza dei palestinesi. Queste restrizioni impediscono l’accesso ad ampie aree agricole e di pesca e la loro applicazione espone a grave rischio l’integrità fisica dei civili.
La Centrale elettrica di Gaza mette in funzione una terza turbina
Il 16 gennaio, la Centrale elettrica di Gaza, avendo ricevuto supporto finanziario dal Qatar per l’acquisto di carburante, ha messo in funzione la terza turbina (su quattro), portando la potenza erogata a 90 MW. Questa è la prima volta, in oltre 18 mesi, che la Centrale è in grado di raggiungere questo livello di produzione; ciò consente di ridurre, in tutta la Striscia di Gaza, le interruzioni di corrente programmate, passando da 18 a 12 ore giornaliere di blackout.
Per far funzionare le tre turbine la Centrale richiede oltre 450.000 litri di carburante al giorno. Operare fornendo questo livello di potenza è reso difficile dalla attuale insufficiente capacità di stoccaggio del carburante, limitata a meno di 1,5 milioni di litri. Due serbatoi di grandi dimensioni, con capacità di 10 milioni di litri ciascuno, furono distrutti da Israele durante il conflitto di luglio-agosto 2014. Secondo l’Autorità per l’Energia di Gaza, non è ancora stato chiarito se il Ministero Palestinese delle Finanze continuerà a esentare dalle imposte il combustibile destinato alla Centrale; l’eventuale annullamento di tale esenzione aumenterà significativamente il costo del carburante, limitando ulteriormente la quantità di carburante che potrà essere acquistato.
Le interruzioni di corrente continuano a sconvolgere l’erogazione dei servizi di base, che sono costretti a dipendere da generatori di emergenza, anch’essi alimentati da carburante. Il 14 gennaio, il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha fornito carburante per sette giorni a quattro principali ospedali: Shifa, Al Aqsa, Nasser e l’Ospedale Europeo di Gaza, al fine di consentire l’erogazione dei servizi di base in queste strutture durante le ore delle interruzioni di corrente.
Le autorità israeliane bloccano l’invio di fragole in Cisgiordania
Il 6 gennaio, le autorità israeliane hanno vietato l’uscita da Gaza di fragole dirette alla Cisgiordania, affermando che parte di alcune spedizioni precedenti erano state dirottate in Israele senza autorizzazione. I commercianti di Gaza hanno negato questa affermazione. Successivamente, le autorità israeliane hanno proposto di consentire l’uscita, verso la Cisgiordania, di un camion di fragole al giorno (6-7 tonnellate); la proposta è stata respinta dalle autorità palestinesi. La restrizione del commercio influenzerà negativamente la redditività della produzione di fragole di Gaza, anche tenendo conto del fatto che sta per concludersi la stagione in cui è possibile esportare verso i mercati europei.
Tra il 6 novembre 2014 ed il 16 gennaio 2015, un totale di 120 camion sono stati autorizzati ad uscire da Gaza per entrare in Cisgiordania nell’ambito delle misure di allentamento attuate dalle autorità israeliane dopo il cessate il fuoco. Dall’imposizione del blocco di Gaza, nel giugno 2007, Israele aveva vietato quasi completamente l’uscita di merci verso la Cisgiordania ed Israele, i principali mercati dei prodotti di Gaza. Secondo i media israeliani, a metà ottobre 2014 Israele annunciò l’intenzione di permettere l’uscita di specificati prodotti dalla Striscia di Gaza alla Cisgiordania, per sostenere la situazione economica di Gaza. Tuttavia, il Comitato palestinese di coordinamento dei transiti ha riferito che [Israele] non ha ancora comunicato un quadro operativo dettagliato per il trasferimento delle merci.
Il valico di Rafah è rimasto chiuso in entrambe le direzioni
Il valico di Rafah è rimasto chiuso durante l’intero periodo di riferimento [13-19 gennaio 2015]. Il valico venne chiuso il 24 ottobre 2014, a seguito di un attacco nel Sinai durante il quale 30 soldati egiziani vennero uccisi. Tuttavia, il passaggio è stato eccezionalmente e parzialmente aperto, solo per il rientro in Gaza tra il 26 novembre ed il 1° dicembre, ed in entrambe le direzioni tra il 21 ed il 23 dicembre. Secondo il Direttore di Confine e Valico di Gaza, durante tali aperture 1.516 persone, principalmente pazienti e studenti, hanno lasciato Gaza e 4.078 vi sono rientrati. Circa 17.000 persone registrate, inclusi i pazienti medici, sono in attesa di uscire da Gaza, oltre ad una stima di altre 37.000 persone [non registrate] che desiderano uscire da Gaza; tra essi coloro che vorrebbero recarsi in Arabia Saudita per il pellegrinaggio.
Durante il 2014, il valico di Rafah è stato chiuso per 207 giorni (il 57% dell’anno). Ciò ha esacerbato l’impatto della ormai lunga restrizione israeliana sul movimento delle persone attraverso il valico di Erez con Israele. La stragrande maggioranza dei palestinesi rimane così fuori dalla possibilità di valicare i confini di Gaza.
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