Vietato l’ingresso a Gaza al dottor Mads Gilbert

Mads GilbertIl medico norvegese che per 30 anni ha effettuato missioni volontarie all’ospedale Shifa è stato bloccato al valico di Erez. Israele avrebbe anche negato alla ministra degli esteri colombiana Holguin l’autorizzazione a recarsi a Ramallah per incontrare il presidente palestinese Abu Mazen.

Aria da eterno ragazzo nono­stante i suoi 67 anni, sem­pre in movi­mento tra il pronto soc­corso e la tera­pia inten­siva, sor­riso pronto anche nei momenti più cri­tici per rin­cuo­rare i parenti dei feriti più gravi. Tanti all’ospedale Shifa di Gaza city ricor­dano così il medico nor­ve­gese Mads Gil­bert, un ane­ste­si­sta, impe­gnato la scorsa estate assieme ai col­le­ghi pale­sti­nesi e ad altri medici volon­tari giunti dall’estero a por­tare soc­corso ai feriti dei bom­bar­da­menti israe­liani, durante i 50 giorni dell’offensiva “Mar­gine pro­tet­tivo”. Un per­so­nag­gio che è legato alla sto­ria insan­gui­nata di Gaza, uno degli occi­den­tali più noti e sti­mati dagli abi­tanti della Stri­scia. Dopo 30 anni di mis­sioni volon­ta­rie nei Ter­ri­tori pale­sti­nesi (e in altre parti del mondo), Gil­bert non potrà più entrare a Gaza o almeno non potrà più farlo per il valico di Erez. Ieri il gior­nale nor­ve­gese Ver­dens Gang ha rife­rito che le auto­rità israe­liane, per non meglio pre­ci­sati «motivi di sicu­rezza», non per­met­te­ranno più il tran­sito a Gil­bert. Il medico potrà rive­dere i suoi col­le­ghi dello Shifa solo se le auto­rità egi­ziane lo auto­riz­ze­ranno a pas­sare per il valico di Rafah. Il mini­stero degli esteri israe­liano non ha com­men­tato la noti­zia. L’ufficio del Cogat, il Coor­di­na­tore delle atti­vità del governo israe­liano nei Ter­ri­tori occu­pati, si è limi­tato a comu­ni­care che pren­derà in esame l’accaduto.

Gil­bert ha defi­nito la deci­sione «pro­vo­ca­to­ria, irra­gio­ne­vole e total­mente inac­cet­ta­bile». E’ con­vinto che il divieto non sia altro che una «puni­zione» per la sua con­danna pub­blica dell’offensiva “Mar­gine Pro­tet­tivo”. Ripete che non ha fatto altro che con­tri­buire a sal­vare vite umane. «Non ho mai fatto niente di male in Israele. Non ho mai infranto nes­suna legge o le norme di sicurezza…E’ la popo­la­zione pale­sti­nese (biso­gnosa di assi­stenza medica, ndr) che ora viene punita per le mie idee poli­ti­che», ha spie­gato. Gil­bert è stato uno dei fir­ma­tari di una let­tera pub­bli­cata, durante i com­bat­ti­menti dello scorsa estate, sulla pre­sti­giosa rivi­sta medica The Lan­cet, che accu­sava Israele dell’uccisione di civili inno­centi a Gaza.

Israele intanto smen­ti­sce di aver negato l’ingresso in Cisgior­da­nia alla mini­stra degli esteri colom­biana Maria Angela Hol­guin, impe­gnata in un tour regio­nale. La vicenda non è ancora del tutto chiara. Secondo le noti­zie ripor­tare da diversi mezzi d’informazione, il governo Neta­nyahu due giorni avrebbe rifiu­tato a Hol­guin il per­messo di andare a Ramal­lah dove era attesa dal pre­si­dente dell’Anp Abu Mazen e dal suo col­lega Riad al Malki. Una ritor­sione, secondo i media, per l’esclusione dal tour della mini­stra di una visita anche in Israele. Il “no” è scat­tato al ponte di Allenby, al con­fine tra la Cisgior­da­nia pale­sti­nese e la Gior­da­nia dove Hol­guin era giunta da Amman. Il mini­stero degli esteri israe­liano però nega che le cose siano andate in que­sto modo e riaf­ferma gli stretti rap­porti di ami­ci­zia con la Colom­bia. La mini­stra Hol­guin, secondo un comu­ni­cato israe­liano, avrebbe rinun­ciato alla visita a causa di un calen­da­rio fitto di impegni.

Ad Amman, cro­ce­via diplo­ma­tico (e di accordi sot­ter­ra­nei), il Segre­ta­rio di stato Usa John Kerry crede di aver rag­giunto due giorni fa un «fermo accordo» per pla­care la ten­sione tra israe­liani e pale­sti­nesi intorno alla Spia­nata delle moschee, durante il ver­tice che ha avuto con il pre­mier Benya­min Neta­nyahu e re Abdal­lah, pre­ce­duto qual­che ora prima da col­lo­qui con Abu Mazen. Il primo mini­stro israe­liano si è impe­gnato a non cam­biare lo sta­tus della Spia­nata ma allo stesso tempo non ha fatto alcuna pro­messa per lo stop della colo­niz­za­zione israe­liana a Geru­sa­lemme Est, uno dei motivi prin­ci­pali delle pro­te­ste palestinesi.

Sul ter­reno la ten­sione resta alta, nono­stante la deci­sione presa ieri da Israele di non limi­tare l’ingresso ai fedeli musul­mani sulla Spia­nata delle moschee in occa­sione delle pre­ghiere del venerdì. Ieri, giorno della “mar­cia su Geru­sa­lemme”, decine di pale­sti­nesi, all’altezza del posto di blocco di Qalan­diya, hanno sca­val­cato con lun­ghe scale il Muro di sepa­ra­zione e sono rima­sti per qual­che minuto sul lato con­trol­lato da Israele, sven­to­lando ban­diere e scan­dendo slo­gan, prima di essere respinti. Mani­fe­sta­zioni pale­sti­nesi di pro­te­sta sono avve­nute in diversi punti della Cisgior­da­nia e anche a Umm el Fahem, in Gali­lea. Intanto restano molto gravi le con­di­zioni di un bam­bino pale­sti­nese di 11 anni, Salah Man­sour, col­pito tra gli occhi da un pro­iet­tile rive­stito di gomma spa­rato dalla poli­zia israe­liana per disper­dere le pro­te­ste pale­sti­nesi nel quar­tiere di Issawiyeh.

Michele Giorgio – il Manifesto

Roma, 15 novembre 2014 

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