Testimonianze da Gaza

Restando in contatto con amici e amiche gazawi che in questo momento sono sotto le bombe, ho raccolto qualche testimonianza che ci tengo a condividere quantomeno per dare loro voce.

L’impressione che tutte le persone di Gaza con cui ho parlato in questi giorni hanno, è che l’attacco israeliano sia molto più pesante  di quello del novembre 2012. Perchè l’esercito israeliano ha iniziato ad attaccare fin dal primo giorno le case della gente e continua a farlo, stavolta senza neanche più mandare nessun avvertimento. Israele autolegittima il proprio operato dicendo che i civili sono usati dai combattenti di hamas come scudi umani.

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La verità è che stanno colpendo direttamente i civili. Il bilancio dei morti al momento in cui scrivo è di oltre 100 palestinesi uccisi di cui oltre la metà sono costituiti da donne e bambini.

Il terrore che in queste ore sta vivendo la popolazione di gaza è disumano oltre ogni limite ed è accresciuto ulteriormente dal timore di un’invasione via terra fomentato dagli avvertimenti israeliani di lasciare le proprie case che è stato rivolto a 100.000 abitanti del nord della striscia. A Gaza non ci sono rifugi, nessun luogo è sicuro. E’ il terrore dell’attesa della prossima bomba che cadrà e di sapere se avrà colpito qualcuno a te caro, è il terrore dei boati e delle case che si scuotono come se stessero per crollare, è sentire in ogni lunghissimo istante la propria vita e quelle dei propri cari appesa ad un filo.

Lascio la parola a Ebaa, una donna coraggiosa di gaza, nel link qui sotto trovate il suo contributo in un dibattito in cui espone benissimo qual è il sentire palestinese e dei gazawi in questo difficile momento.

(Foto: Manu Abu Carlos – Unadikum Intarnational Brigades)

http://www.france24.com/en/20141007-the-debate-gaza-spiral-part-one/

http://www.france24.com/en/20141007-the-debate-gaza-spiral-part-two/

 

Testimonianze da Gaza – 4° giorno di attacco militare israeliano

  11/07/14 – Munir, Beit Lahya.

“Ieri con tutta la mia famiglia abbiamo lasciato la nostra casa a Beit Lahya. Il nostro vicino di casa è venuto a dirci che ha ricevuto una telefonata di avvertimento che diceva “TUTTI DEVONO LASCIARE LE PROPRIE CASE ED EVACUARE LA ZONA”!. Abbiamo deciso di spostarci in un palazzo più sicuro a Gaza City. Nel caso ci sia un’incursione via terra sarebbe troppo pericoloso restare a Beit Lahya. Non so se tutte le altre famiglie che vivono nella zona riusciranno a trovare un altro posto dove stare.”

11/07/14 – Shareef racconta da Beit Hanoun:

“Il marito, Mahdi (46), e la figlia, Dina (22), di mia sorella sono stati uccisi da un bombardamento nel cortile di casa martedi sera. Insieme a loro sono hanno perso la vita la nonna Rasmiya (62) e  i fratelli di Mahdi: Ibrahim (35) e  Abd al-Hafez (38), Ibrahim e sua moglie Suha che erano insieme al momento del bombardamento.

Mahdi lascia sua moglie e altri sei figli senza padre.

I cinque figli di Abd al-Hafez e Suha hanno perso entrambi i genitori. Il piu grande di loro ha nove anni e il piu piccolo quattro mesi.

Ti puoi immaginare quant’è difficile la situazione. E’ difficilissima. Non ci sono parole per spiegare.

Era sera e non c’era elettricità in casa. Con questo caldo e senza elettricità non si può stare in casa. Dopo l’iftar (il primo pasto dopo il digiuno quotidiano durante Ramadan) le famiglie si sono sedute nel cortile fuori casa, come si fa di solito dopo l’iftar, per parlare, seguire le notizie, bere il thé.

Qualche minuto prima dell’attacco erano in 20 le persone nel cortile. Grazie ad Allah, siccome i bambini volevano andare a dormire, mia sorella Abeer li ha portati in casa per metterli a letto e anche il nonno Mohammed Hamad (75) è andato a dormire. Subito dopo hanno bombardato. Loro si sono salvati solo per pochi minuti.

Ogni giorno sono davanti casa loro per i tre giorni di lutto, anche se è pericoloso uscire. Di solito ci sarebbero mille persone, ora ce ne sono cento.”

(Mohammed Hamad, il nonno sopravvissuto ha raccontato la storia vissuta in prima persona a B’tselem: http://electronicintifada.net/blogs/maureen-clare-murphy/why-did-they-kill-my-entire-family-asks-gaza-bombing-survivor)

10/07/14 – Wejdan, Gaza City

“La situazione qui è davvero terribile. Siamo in casa, non c’è nessun posto dove possiamo andare per proteggerci. Non c’è nessun posto sicuro nella striscia di gaza. Il pericolo di essere colpiti è ovunque anche a casa propria”.

11/07/14 – Khalil, Campo di Jabalia

La notte è piu dura, abbiamo più paura. E’ piu pericoloso, bombardano di più durante la notte. Stanotte hanno bombardato proprio dietro la mia camera da letto. Il fumo nero ha riempito la casa.

Mia figlia Nur ormai capisce tutto, ha sei anni. Mi chiede “..ma perchè bombardano, come possiamo far finire quest bombardamenti?” E’ sempre triste. E’ brava quando c’è un bombardamento viene dalla mamma o dal papa per abbracciarci. Io le dico “E’ solo un rumore molto forte” Mi dice che ha paura e le rispondo che anche io ho paura.

L’egitto di Al-Sisi è contro Hamas e Gaza, i tunnel al confine egiziano sono ormai chiusi da tempo. Anche se l’egitto ha dichiarato che avrebbe aperto il valico di Rafah per i feriti, non è vero.

Stamattina c’erano già le ambulanze pronte in fila a Rafah con i feriti che aspettavano l’orario di apertura delle 9 per passare il confine. Alle 9 dal lato egiziano hanno comunicato che oggi non avrebbero lavorato. Le ambulanze e i feriti sono tornati indietro con il rischio di essere anche colpiti dai bombardamenti.

Ieri sempre al confine, la gente che abita di Rafah spaventati dai bombardamenti che lì sono stati più pesanti, ha cercato di andare al confine per uscire da Gaza. I soldati egiziani hanno sparato per farli tornare indietro.

Se attaccheranno via terra dovremo andarcene di casa, ma non sappiamo ancora dove. Per ora non ci muoviamo perchè tanto bombardano ovunque ed è piu pericoloso spostarsi per le strade che restare in casa.

Abbiamo paura che entrino. L’esercito è gia schierato sui confini. Il capo dell’esercito ha detto che loro sono pronti, che aspettano solo la decisione politica, il via libera del governo.”

Le testimonianze sono state raccolte da una cooperante che ha lavorato tanti anni nella striscia di Gaza Adriana Zega

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