I bambini che hanno assistito alla demolizione della propria casa da parte degli israeliani presentano depressione e ansia, difficoltà nelle relazioni interpersonali.
La demolizione della propria casa da parte delle autorità di occupazione israeliane, unita all’espansione delle colonie, causa seri danni psicologici nei bambini palestinesi. I minori vittime di questo processo illegale per il diritto internazionale mostrano allarmanti sintomi di ansia e depressione, che sfociano nel disturbo da stress post-traumatico. La distruzione dell’abitazione è una delle cose che sconvolge maggiormente i più piccoli, perché non ne capiscono il senso e perché mina una base fondamentale della loro sicurezza. Considerando solo Gerusalemme Est, circa 200 mila coloni israeliani hanno preso forzatamente il posto dei residenti palestinesi.
Secondo il Committee Against House Demolitions(ICAHD) per i palestinesi ottenere permessi per costruire su terreni di loro proprietà è quasi impossibile. Il 94% delle richieste di permesso presentate da palestinesi sono rifiutate dalle autorità israeliane, tanto a Gerusalemme Est quanto in tutta l’Area C. Da gennaio ad aprile 2013, l’UNRWA ha riferito che oltre 90 persone, tra cui 49 bambini, sono state sfollate dalle loro case a Gerusalemme Est. I minori vittime di questo processo illegale, stanno mostrando allarmanti sintomi di ansia e depressione, che sfociano nel disturbo da stress post-traumatico.
“I bambini che hanno assistito alla demolizione della propria casa – spiega Anan Srour, psicologo clinico ed educativo al Palestinian Counseling Center – presentano un netto peggioramento su una serie considerevole di indicatori della salute mentale, tra cui il ritiro, disturbi somatici, depressione e ansia, difficoltà nelle relazioni interpersonali, delusione cronica, atteggiamenti ossessivo-compulsivi, difficoltà di concentrazione, devianza e comportamenti violenti. Quando arriva un ordine di demolizione e di evacuazione della casa, “un bambino, mentre va a scuola non sa se al suo ritorno troverà ancora intatta la sua casa, non sapendo il giorno in cui arriveranno i soldati accompagnati da bulldozer. E’ un costante stato di stress”. Una situazione simile ha implicazioni su tutte le funzioni quotidiane del minore e i genitori non hanno l’energia e la forza psicologica per rispondere alle esigenze del figlio. L’aiuto delle Nazioni Unite alle famiglie le cui case vengono illegalmente demolite, garantisce una continuità almeno alla vita scolastica dei bambini.
Dal rapporto “Broken Homes” di Save The Children: “Le Nazioni Unite aiutano i poveri – dice il piccolo Imran -, le persone le cui vite sono state distrutte. Io non voglio essere identificato come tale”. Il momento della demolizione per molti bambini è altamente traumatico: “Ricordo i soldati che ridevano e mi prendevano in giro perché piangevo. Provavo ad andare verso casa, ma mi bloccavano. Mi sveglio in piena notte in preda al panico, con questa scena in testa” conclude Imran.
Le famiglie le cui case vengono demolite, sono costrette a riversarsi in campi profughi. A causa di questi spostamenti forzati e improvvisi, alcuni bambini diventano molto vulnerabili e insicuri e sviluppano gravi reazioni d’ansia, comprendenti ansie di separazione, disturbi psicosomatici e, come Imran, disturbi del sonno. Alcuni diventano tristi e nostalgici e rimpiangono la loro vecchia casa. Altri rifiutano il nuovo ambiente e diventano aggressivi. Nella prima metà del 2013, secondo Peace Now e il Central Bureau of Statistics di Israele, si sono costruite illegalmente 1.708 unità abitative di insediamento, un incremento del 70% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Eleonora Pochi – Nena News