di Mustafa Sheta,
The Freedom Theater, 24 agosto 2025.
La Fattoria degli Animali è stato il nostro primo atto di sfida, in cui dichiaravamo che, anche sotto l’occupazione, la verità e la creatività non possono essere messi a tacere. Al Freedom Theatre, ogni storia che mettiamo in scena è un passo verso la libertà.
Il 17 agosto 2025, il mondo commemora l’80° anniversario della Fattoria degli Animali di George Orwell, un’allegoria politica che smaschera la corruzione del potere, la fragilità della libertà e il tradimento degli ideali rivoluzionari. I suoi avvertimenti restano profondamente rilevanti, in particolare in Palestina, dove le comunità affrontano l’oppressione sistemica, lo sfollamento e la cancellazione continua della propria cultura e identità. Per il Freedom Theatre del campo rifugiati di Jenin, Animal Farm non è stata solo una pietra di riferimento letteraria, ma un atto determinante di resistenza culturale, è stata la produzione inaugurale del Teatro nel marzo 2009, a simboleggiare il potere trasformativo dell’arte sotto occupazione.
Fondato nel 2006 da Juliano Mer-Khamis, Zakaria Zubeidi e Jonatan Stanczak, The Freedom Theatre è emerso come un santuario dove i giovani palestinesi potevano reclamare creatività, immaginazione e capacità di agire sulla realtà. All’interno dei confini del campo di Jenin, uno spazio segnato da povertà, occupazione e traumi storici, il teatro divenne un rifugio di espressione e pensiero critico. Nel 2008, la Freedom Theatre School ha lanciato la sua prima coorte di studenti, che sarebbero diventati il nucleo centrale della produzione inaugurale. Questi giovani attori, le cui vite erano state plasmate da conflitti e sfollamenti, hanno portato urgenza e autenticità alla storia di Orwell, traducendo i suoi temi universali nel contesto palestinese.
Scegliere Animal Farm come prima produzione è stato un atto sia artistico che intensamente politico. La narrazione di Orwell sugli animali che rovesciano un tiranno, solo per confrontarsi con nuove forme di oppressione, rispecchiava le frustrazioni all’interno della società palestinese, comprese le lotte di potere interne e le complesse dinamiche dell’occupazione. Nabil Al-Raee, direttore della produzione, ha spiegato: “Volevamo far parlare gli animali della fattoria direttamente della nostra situazione. Il viaggio degli animali dalla speranza all’oppressione riflette le nostre esperienze e il bisogno di una riflessione critica all’interno della nostra comunità.” Juliano Mer-Khamis ha aggiunto: “Essere liberi significa essere liberi prima di tutto dei vincoli interni. Solo allora potremo iniziare a immaginare la vera libertà per noi stessi.” Sotto la loro guida con l’artista creativa “Micaela Miranda” portoghese, l’ensemble includeva il primo gruppo di studenti della scuola; Rabea Turkman, Faisal Abu Al-Hayjaa, Ahmad Al-Rokh, Eyad Hourani, Mo’min Swaitat, Batoul Taleb, Zaina Zaarour, Dana Jarrar, Rami Hweel, Haroun Al-Rasheed, Qais Al-Sadi, Ahmed Matahan, Sami Al-Sadi, Mohammed Al-Sadi, Motaz Al-Norsi, e Sharaf Al-Sadi, hanno adattato l’allegoria di Orwell per riflettere le realtà palestinesi, incorporando riferimenti all’intifada, alla corruzione interna e al “nemico interiore”, alludendo sottilmente alle pressioni esterne dell’occupazione.
La prima di Animal Farm ha affrontato minacce immediate. Pochi giorni prima dell’apertura, un tentativo di incendio doloso ha preso di mira il teatro, sottolineando i rischi inerenti al confronto con strutture di potere radicate e vincoli sociali. Tuttavia, nonostante questi pericoli, la produzione è andata avanti, attirando il pubblico da tutta la Palestina occupata. Il suo successo ha dimostrato che il teatro poteva servire da spazio di dialogo, riflessione critica e potenziamento culturale, affermando l’etica della resistenza al cuore della missione del Freedom Theater.
Le dimensioni culturali e politiche di questa produzione inaugurale erano profonde. Presentando Animal Farm, The Freedom Theatre ha collegato le esperienze locali palestinesi al più ampio spazio culturale e creativo internazionale, facendo una dichiarazione sull’universalità delle lotte contro l’oppressione. Il teatro è diventato una piattaforma dove le voci palestinesi potevano affermare la loro capacità di agire, sfidare l’ingiustizia e coltivare solidarietà oltre confine, sottolineando che l’arte è una forma di riflessione e resistenza.
All’inizio del 2025, il campo profughi di Jenin ha subito una drammatica escalation nelle operazioni militari israeliane. Il campo è stato dichiarato zona militare chiusa, decine di migliaia di residenti sono stati espulsi, case e infrastrutture sono state distrutte, e la sede principale del teatro è stata sequestrata e trasformata in caserma militare. Strade, istituzioni civili e spazi culturali sono stati rasi al suolo, rendendo il campo in gran parte inabitabile. Nonostante queste circostanze devastanti, The Freedom Theatre continua il suo lavoro da una sede temporanea presso la Freedom Theatre Academy of Performing Arts nella città di Jenin, sostenendo spettacoli, workshop e programmi di formazione che rafforzano l’identità culturale palestinese e preservano la memoria collettiva.
A ottant’anni dalla sua pubblicazione, Animal Farm rimane una potente allegoria, riecheggiando le lotte dei palestinesi che vivono sotto occupazione. La produzione inaugurale del Freedom Theatre esemplifica il ruolo dell’arte nell’affrontare l’oppressione, nutrire il pensiero critico e sostenere la speranza. Dimostra che la cultura non è solo un riflesso della società, ma una forma attiva di resistenza, capace di sfidare l’ingiustizia e amplificare le voci che rifiutano di essere zittite. Attraverso la narrazione e la messa in scena, il Freedom Theatre afferma la rilevanza duratura del lavoro di Orwell e afferma che, anche nelle condizioni più dure, l’arte può illuminare la verità, preservare la dignità e ispirare la libertà.
Mustafa Sheta è il Direttore Generale del Freedom Theatre
https://www.facebook.com/thefreedomtheatre
Traduzione a cura di AssopacePalestina
Non sempre AssopacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.