Netanyahu lascia Washington senza un cessate il fuoco a Gaza, proprio come voleva

di Amir Tibon

Haaretz, 10 luglio 2025.    

Netanyahu sta sabotando i colloqui, sperando che Trump incolpi Hamas se i negoziati falliscono. Promette di riprendere la guerra dopo un cessate il fuoco e insiste per mantenere il corridoio Morag a Gaza. A meno che Trump non gli forzi la mano, non ci sarà alcun accordo, e questo conviene a Netanyahu.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in visita ieri a Capitol Hill, Washington D.C. Evelyn Hockstein/Reuters

Sei giorni fa, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha detto ai giornalisti a bordo dell’Air Force One che “potrebbe esserci un accordo su un cessate il fuoco a Gaza entro la prossima settimana”. Era venerdì 4 luglio quando ha parlato, tre giorni prima dell’atteso arrivo a Washington del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Ora è giovedì 10 luglio e Netanyahu tornerà in Israele senza un accordo da annunciare. Tra i suoi due incontri con Trump, il primo ministro ha anche parlato con le famiglie di alcuni degli ostaggi detenuti da Hamas, e ha detto loro che un accordo potrebbe ancora essere raggiunto, ma non in un giorno o due.

L’importanza della visita di Netanyahu è stata gonfiata dai media. I giornalisti israeliani facevano a gara tra loro, promettendo drammi e creando suspense. Hanno parlato di un imminente accordo su Gaza, di una svolta verso  la normalizzazione con i principali paesi arabi, forse anche dell’annuncio di un nuovo accordo con la Siria.

Ma alla fine, almeno a partire da oggi pomeriggio, siamo rimasti con la stessa promessa che abbiamo sentito da Trump venerdì scorso: un accordo di cessate il fuoco con Hamas potrebbe essere raggiunto entro la prossima settimana.

È del tutto possibile che dietro le quinte siano state prese alcune decisioni drammatiche e che nei prossimi giorni e settimane ne potremo parlare. Ma a giudicare dalle dichiarazioni pubbliche che Netanyahu e Trump hanno fatto durante e dopo i loro incontri, insieme al flusso infinito di fughe di notizie che emergono dai negoziati tra Israele e Hamas, è chiaro che rimangono grandi ostacoli, e la tanto attesa tregua a Gaza è tutt’altro che garantita.

In una cena alla Casa Bianca, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu consegna al presidente Donald Trump una lettera al Comitato Nobel per la sua nomina al Premio per la Pace. Alex Brandon/AP

Poco dopo, i media hanno rivolto lo sguardo a un’altra “visita drammatica”, questa volta dell’inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, che è stata ritardata sulla base del fatto che i colloqui non avevano ancora un fondamento abbastanza forte. Quando e se accadrà, il suo viaggio probabilmente solleverà un senso positivo di déjà vu per molti israeliani, ai quali verrà ricordato il suo arrivo nella regione a metà gennaio 2025, che è stato decisivo per garantire il precedente cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Senza il suo coinvolgimento personale di allora, un accordo non sarebbe stato raggiunto.

Ma quell’accordo, e il modo  in cui Netanyahu lo ha rotto e ha rinnovato la guerra a Gaza invece di entrare nella seconda fase dell’accordo, avrà anche un impatto sul processo decisionale di Hamas nei prossimi giorni. Hamas aveva firmato l’accordo di gennaio sulla base del presupposto che Trump e Witkoff avrebbero fatto pressione su Netanyahu per negoziare seriamente un accordo di fine guerra durante la prima fase dell’accordo, consentendo una transizione graduale alla fase due, che avrebbe dovuto includere il rilascio di tutti gli ostaggi in cambio di un completo ritiro israeliano da Gaza.

Invece di usare la sua influenza su Netanyahu per garantire un tale risultato, Trump ha scelto di fare l’esatto contrario. Ha permesso a Netanyahu di rompere l’accordo di cessate il fuoco e di ricominciare la guerra.

L’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff si rivolge ai giornalisti dopo una cerimonia di firma tra il presidente Donald Trump e l’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, a Doha, a metà maggio. Alex Brandon/AP

Questo è successo quasi quattro mesi fa, e nel frattempo sono morti quasi 40 soldati israeliani, ma solo un ostaggio, l’israelo-americano Edan Alexander, è stato rilasciato. A parte Trump, non un solo leader occidentale ha espresso sostegno alla decisione di Netanyahu di riprendere la guerra, e anche gli alleati arabi di Israele si sono espressi fortemente contro.

Quell’episodio ha accresciuto i sospetti di Hamas su qualsiasi promessa fatta dall’amministrazione Trump di porre un freno a Netanyahu. Una delle maggiori sfide che i mediatori arabi – Qatar ed Egitto – hanno affrontato nell’attuale ciclo di negoziati è convincere Hamas che questa volta, se verrà firmato un cessate il fuoco temporaneo di 60 giorni, gli Stati Uniti riterranno Netanyahu responsabile se cercherà di infrangere i termini e rilanciare la guerra.

Senza un tale impegno da parte degli Stati Uniti, è altamente improbabile che Hamas accetti di entrare in un altro cessate il fuoco temporaneo. Il gruppo terroristico palestinese è da tempo favorevole a un accordo globale per rilasciare tutti gli ostaggi in una sola volta, in cambio della fine della guerra.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e sua moglie Sara accanto al segretario alla Difesa degli Stati Uniti Pete Hegseth e sua moglie Jennifer durante una cerimonia all’arrivo di Netanyahu al Pentagono, mercoledì 9 giugno. Mark Schiefelbein/AP

È Netanyahu che ha invece optato per un rilascio parziale degli ostaggi in cambio di una tregua limitata nel tempo. La promessa che Trump frenerà la mano a Netanyahu è l’unica cosa che il Qatar e l’Egitto possono dare ad Hamas per superare l’impatto ancora persistente del crollo del precedente accordo.

Netanyahu, da parte sua, preferirebbe evitare anche il cessate il fuoco temporaneo che Trump e Witkoff hanno costruito per soddisfare le esigenze politiche del premier israeliano. Dal suo punto di vista, un tale accordo pone rischi inutili per la sopravvivenza della sua coalizione di estrema destra, e l’alternativa preferibile è continuare la guerra senza alcuna pausa, al diavolo gli ostaggi.

Ma, a quanto pare, non riesce a convincere Trump ad adottare un approccio del genere. Il presidente si è pubblicamente impegnato a salvare gli ostaggi rimasti, e importanti membri della sua amministrazione hanno promesso alle famiglie degli ostaggi di fare tutto ciò che è in loro potere per raggiungere un accordo.

Veicoli dell’esercito israeliano attraversano il corridoio Morag nel sud di Gaza, il mese scorso. Ohad Zwigenberg/AP

Ciò che Netanyahu può ancora fare, e sta attivamente cercando di ottenere, è sabotare i negoziati nella speranza di convincere Trump che qualsiasi futura rottura sarà colpa di Hamas. Ecco perché sta informando i media che riprenderà la guerra dopo il cessate il fuoco di 60 giorni; ecco perché giovedì ha detto alle famiglie degli ostaggi che ha il pieno sostegno di Trump per tale azione.

Ecco perché insiste nel mantenere il “Corridoio Morag” – un percorso che attraversa il sud di Gaza e di cui nessun israeliano aveva mai sentito parlare prima dell’aprile di quest’anno, quando Netanyahu ne ha annunciato l’esistenza.

Mantenere questa strada permetterà al governo Netanyahu di utilizzare il periodo di cessate il fuoco per promuovere il suo piano di concentrare l’intera popolazione di Gaza in una piccola fetta dell’enclave costiera, e quindi “incoraggiare” i palestinesi a immigrare in altri paesi. Questa non è una teoria del complotto diffusa dagli odiatori di Israele, ma piuttosto la spiegazione ufficiale presentata da Netanyahu e dai membri del suo governo sul perché insistono nel mantenere questo corridoio sotto il controllo israeliano.

A meno che Trump non trovi la determinazione di forzare la mano a Netanyahu su queste due questioni cruciali – la questione del rinnovo della guerra e il controllo su Morag – un accordo non sarà raggiunto la prossima settimana, proprio come non è stato firmato questa settimana. Ci saranno visite più drammatiche e incontri storici, più negoziati in Qatar e colloqui di prossimità al Cairo; ma non ci sarà un accordo e un rilascio di ostaggi. Dal punto di vista di Netanyahu, questo è il miglior scenario possibile. Ora aspettiamo di vedere cosa vuole Trump.

https://www.haaretz.com/israel-news/haaretz-today/2025-07-10/ty-article/.highlight/netanyahu-leaves-washington-without-a-gaza-cease-fire-just-like-he-wanted/00000197-f468-d274-a39f-f7688c720000

Traduzione a cura di AssopacePalestina

Non sempre AssopacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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