di Ibrahim Faltas,
Avvenire, 24 maggio 2025.
Mentre era di turno al Nasser Hospital di Khan Yunis, ha ricevuto i cadaveri dei suoi bambini e, tra i feriti, l’unico sopravvissuto e il marito, anche lui medico. Il più grande dei figli aveva 12 anni.
Alaa al-Najjar è una donna, madre, moglie, medico pediatra di Gaza. Aveva dieci figli voluti e desiderati, condivideva con il marito, collega medico, la costruzione consapevole della loro famiglia e la comune passione per la missione di aiutare i bambini. Ora è sola: la sua famiglia numerosa e piena d’amore è stata annientata da un bombardamento che ha distrutto la loro casa e il loro futuro. Mentre era di turno al Nasser Medical Complex, grande ospedale di Khan Yunis nel sud, ha accolto i corpi quasi irriconoscibili di nove figli (come riporta la Bbc, il maggiore aveva 12 anni), morti a causa di un bombardamento, e suo marito gravemente ferito. L’unico figlio sopravvissuto, estratto dalle macerie, è ricoverato nello stesso ospedale in gravi condizioni.
La vita di Alaa alternava sacrifici e soddisfazioni, disponibilità e gratificazioni, sofferenze condivise, sollievo e felicità nel salvare le vite di bambini, vittime innocenti e senza colpa della violenza di adulti senza scrupoli. Quante volte Alaa, madre e moglie, ha consolato madri e mogli che hanno vissuto la situazione che ora sta vivendo lei stessa? Quante volte avrà gioito con altre donne per una vita salvata, per una guarigione insperata, per un pericolo scongiurato?
Mentre curava i figli di altre madri, mentre vegliava sulla sofferenza di altre donne, mentre rassicurava altre persone, non poteva sapere che quel giorno i corpi dei suoi figli, suo marito e l’unico figlio sopravvissuto stavano arrivando nell’ospedale in cui lavorava. Ha accolto i corpi senza vita delle sue creature nell’affollato obitorio, non ha potuto curarli e offrire loro la sua professionalità nel reparto dove curava e aiutava altri figli insieme a loro padre. La situazione dolorosa di Alaa sconvolge per la sofferenza così devastante di una madre che ha perso tutto e in un momento.
Altre storie di morte e di sofferenza a Gaza sconvolgono. Un padre mutilato negli arti superiori non ha potuto abbracciare e accarezzare sua figlia di cinque anni uccisa da un bombardamento e mutilata in uno precedente. Una giovane madre abbattuta per non poter allattare suo figlio perché lei stessa denutrita è disperata per la morte di suo marito ucciso mentre era in cerca di latte e di cibo per la sua famiglia. Sono storie di morte e di sofferenza per chi sopravvive, non consideriamole “solo” storie e numeri di un bilancio disumano ed eccessivo, voluto e programmato dalla violenza e dall’odio.
Come fermare la guerra? Chi può ancora farlo? Domande e sofferenze che non trovano risposte accettabili e plausibili. Chi potrebbe impedire che il massacro continui implacabile da venti mesi, avendo negli occhi le immagini di corpi avvolti in bianchi sudari, ultimo vestito per la dignità umana, può ancora guardare negli occhi i propri figli?
Le macchie di sangue di quei sudari sono macchie incancellabili dalle coscienze già cieche e sorde di pochi esseri umani che non vedono e non sentono il dolore di Gaza e del resto del mondo. Preghiamo! Non abbiamo altra scelta e altra possibilità!
Ibrahim Faltas è il vicario della Custodia di Terra Santa
https://www.avvenire.it/mondo/pagine/gaza-raid-uccisi-9-dei-10-figli-di-una-dottoressa-khan-yunis