di Rawan Suleiman,
Haaretz, 18 settembre 2025.
Mentre tutti i palestinesi di Gaza City affrontano gravi difficoltà, le donne portano un peso aggiuntivo, che si intensifica con il diffondersi della distruzione e l’avanzata dell’IDF. “La parola ‘sfollati’ non descrive ciò che stiamo vivendo”, dice una residente. “Non augurerei questo agli ebrei”.
“La parola sfollamento non descrive ciò che stiamo vivendo”, ha detto Maisa Odeh, una residente di Gaza sulla cinquantina, al canale televisivo saudita Asharq TV.
“Non augurerei questo agli ebrei che ci uccidono”, ha detto. “In nome di Dio, non augurerei loro una cosa del genere, anche se sono nostri nemici. Lo sfollamento è una cosa molto difficile, difficile e amara”.
Da quando, all’inizio di questo mese, è cominciata l’operazione di Gaza City centinaia di migliaia di abitanti di Gaza sono stati ripresi fotograficamente nel loro viaggio di sopravvivenza verso sud, sia verso il centro della Striscia che verso l’area designata come zona umanitaria a Muwasi. Molte delle persone sfollate che si vedono in queste foto sono donne.
Le foto dalla Striscia di Gaza documentano il viaggio a piedi delle donne palestinesi verso sud. Sono costrette a camminare per almeno 13 km fino alla prima area di sosta vicino a Nuseirat, e poi per altri 20 km per raggiungere Muwasi, un’area di 35 km quadrati, pari al 13% dell’intera Striscia, in cui Israele vuole stipare circa due milioni di uomini, donne e bambini.
In molte foto si vedono donne che trasportano tutto il contenuto dei loro armadi, taniche d’acqua vuote e zaini, sia sulle spalle che, a volte, sulla testa. Si vedono donne aggrappate per ore alle strutture dei mezzi che trasportano i loro familiari e il contenuto delle loro case, perché non hanno più un posto dove sedersi.
Una donna di 80 anni costretta a compiere il viaggio a piedi, donne che baciano le porte delle case in cui hanno vissuto per molti anni, donne che dormono con i loro familiari sui marciapiedi delle strade perché non riescono a trovare un riparo, senza accesso a servizi igienici, acqua o un luogo sicuro.
Attualmente nella Striscia di Gaza ci sono 1,06 milioni di donne, 14.000 delle quali sono diventate le uniche fonti di reddito delle loro famiglie a causa della guerra. Il Ministero della Salute di Gaza ha riferito che il 19% degli oltre 60.000 morti sono donne.

Mentre tutti i palestinesi di Gaza City affrontano difficoltà, le donne portano un peso aggiuntivo: difficoltà con l’igiene e la gestione del ciclo mestruale, mancanza di nutrimento durante la gravidanza e l’allattamento, mancanza di privacy ed esposizione a violenze fisiche. Le donne devono affrontare queste sfide ogni volta che vengono sfollate.
Una vedova, madre di cinque figli, la cui famiglia è stata sfollata dalla propria casa, ora vive in una tenda a Gaza City. Ha raccontato ad Al Jazeera che sono fuggiti a piedi dal quartiere di Tel al-Hawa dopo 30 giorni di bombardamenti sempre più intensi nella zona.
“Non siamo riusciti a trovare un’auto o un carro e non avevamo nemmeno i soldi per pagare il trasporto”, racconta. Ha intrapreso il viaggio con sua cugina, una vedova con sette figli, e altre due donne malate. “Non abbiamo nemmeno una tenda. Solo i vestiti che indossiamo”.
Racconta che sono fuggite mentre i droni dell’IDF sparavano nella loro zona e i bambini non smettevano di piangere per la paura. Hanno lasciato la zona alle 6 del mattino, arrivando a Nuseirat quando era notte.
Nel tentativo di contenere la violenza contro le donne, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari, noto anche come OCHA, ha annunciato domenica che fornirà dieci tende alle donne e ai bambini sfollati ad alto rischio. Ha anche annunciato che sono stati distribuiti 921 kit igienici in collaborazione con il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione.
Tuttavia, le organizzazioni hanno aggiunto che c’era una grave carenza di kit igienici per le donne e che avrebbero istituito un help desk su al-Rashid Road. Mentre le donne sfollate si dirigono verso sud da Gaza City, il punto di accoglienza fornisce sostegno psicologico e identifica e cura i feriti.
Nel suo personale viaggio di sfollamento da Gaza City verso il centro della Striscia, Wissam Yassin, una corrispondente della rete televisiva qatariota Al Araby, ha raccontato di aver trovato rifugio presso la sua famiglia e di non avere altro posto dove andare.
Ha cercato un alloggio disponibile, ma l’affitto è molto alto, così come i costi di trasporto. Shuruq al-Bahri, sfollata a Gaza City dalla sua casa a Beit Lahia, ha detto ad Asharq Al-Awsat di essere fuggita, anche se era particolarmente difficile per una persona con sei figli.

“Devi prenderti cura di te stessa, ma anche delle esigenze dei bambini”, dice. “Stiamo abbandonando tutto per i bambini”. Ora devono fuggire di nuovo verso sud, ma non hanno soldi per pagare il trasferimento.
Ahmed Abu Amsha, un musicista che è fuggito da Gaza City con la sua famiglia alcuni giorni fa, ha pubblicato su Instagram che i bambini si stanno perdendo nel caos dello sfollamento.
“Le madri cercano istericamente i loro figli smarriti, e i bambini piangono e chiedono l’abbraccio della loro famiglia. Mi si spezza il cuore”, dice. “Ho trascorso la giornata con un bambino che si era perso. Ora sta dormendo accanto a me. Posso solo immaginare il dolore e la stanchezza dei suoi genitori, che lo hanno cercato a lungo”.
Amsha ha pubblicato i dettagli del ragazzo in diversi gruppi WhatsApp e 14 ore dopo ha annunciato con gioia di averlo ricongiunto alla sua famiglia.
Dice che la famiglia si trovava a 5 chilometri dal campo dove era sfollato e che avevano cercato il ragazzo per tutta la notte.
L’OCHA ha annunciato domenica che, a seguito dello sfollamento, sono stati istituiti dei punti di assistenza per “fornire sostegno immediato ai bambini più vulnerabili” nella Striscia di Gaza meridionale. Ha riferito che 15 bambini con “urgenti necessità di protezione” – ovvero feriti, orfani o separati dalle loro famiglie – sono stati assistiti dai centri di assistenza.
Traduzione a cura di AssopacePalestina
Non sempre AssopacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.
E’ tempo che cerco modi per non soffocare le lacrime e il dolore che il cuore, l’anima e il raziocinio vivono in silenzio da ormai troppo tempo pensando alla Palestina e all’orrore che il suo Popolo sta subendo di fronte all’immobilismo internazionale e alla voluta inesistenza dell’azione politica mondiale.
Forse permettermi di scrivervi mi aiuta e mi rende partecipe dal lato giusto del pensiero.
Forse scrivere a chi come voi dà voce a chi subisce questa atrocità, mi aiuta a pensarmi utile. Ma non è così purtroppo.
Il senso di inutilità davanti a questa tragedia provocata e tollerata è ancora ciò che pervade il mio animo e logora le mie giornate di uomo, di cittadino del mondo, di padre, di progressista.
Ma oggi definitivamente è crollata ogni mia certezza, ogni mia speranza che la politica che governa il mondo sia dalla parte dei giusti, che abbia volontà di fermare con ogni mezzo e con ogni azione quanto sta avvenendo in Palestina, nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.
Allora costantemente mi chiedo: cosa possiamo fare noi di più?
Cosa dobbiamo fare ora e già ormai con gli occhi carichi di lacrime e il cuore rotto dal dolore?
E’ già tremendamente tardi e il senso di colpevolezza e di complicità si mescola all’inutilità.
Parlare di Gaza , raccontare di Gaza , raccontare di Rita Baroud , del Dott. Hussam Safiya e di tante altre voci , ascoltarle e divulgare a chiunque per partecipare al moto di resistenza questo sempre … ma io credo ormai non basti più .
Noi cittadini , noi normali , noi comuni , ci sentiamo inutili di fronte a queste immagini.
La Partecipazione è fondamento e valore imprescindibile nelle battaglie di pensiero e resistenza , ma oggi non basta più .
Le manifestazioni di piazza , la divulgazione dell’orrore , la presa di coscienza non basta più : il massacro va avanti ed è prossimo alla soluzione finale al raggiungimento dell’obbiettivo , l’eliminazione del Popolo Palestinese.
Come possiamo reggere tutto questo ?
Come abbiamo potuto consentire questo ?
Come possiamo affrontare il domani per un mondo migliore , se stiamo consentendo questo ?
Come possiamo credere nella politica , nelle relazioni dopo aver consentito questo ?
Il sentimento è di frustrazione , perdita di speranza , la visione di un mondo antidemocratico . E tanta ignoranza.
Ho deciso di scrivervi , per ringraziarvi per il lavoro che fate per il sostegno e la divulgazione , per lottare e resistere e per provare a darmi un’ulteriore voce verso chi ha strumenti più efficaci per renderci sempre e comunque tutti partecipi nel gridare “BASTA BASTA BASTA ” a questa ennesima orrenda pagina che la
dis-umanità sta scrivendo .
Grazie per questo spazio.
Palestina Libera.
Edoardo Givogre