Lettera aperta al ministro degli Esteri israeliano Sa’ar

di Jeffrey D. Sachs

Other News, 12 agosto 2025.  

La grande minaccia alla sopravvivenza di Israele non sono le nazioni arabe, i palestinesi o l’Iran, ma le politiche del governo estremista israeliano.

Il ministro degli Esteri di Israele parla al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. UN Photo/Evan Schneider

S.E. Gideon Sa’ar

Ministro degli Esteri

Governo di Israele

Egregio Signor Ministro,

le scrivo in seguito al suo discorso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 5 agosto. Ho partecipato alla sessione, ma non ho avuto la possibilità di parlare con lei al termine della stessa. Desidero condividere con lei alcune riflessioni sul suo discorso.

Nel suo discorso non ha riconosciuto il motivo per cui quasi tutto il mondo, compresi molti ebrei come me, è inorridito dal comportamento del suo governo. Secondo l’opinione della maggior parte del mondo, che io condivido, Israele è impegnato in un genocidio e in una politica di fame; dal suo discorso non si direbbe. Lei non ha riconosciuto che Israele ha causato la morte di circa 18.500 bambini palestinesi, i cui nomi sono stati recentemente pubblicati dal Washington Post. Lei ha attribuito ad Hamas la responsabilità di tutti gli omicidi di massa di civili da parte delle forze israeliane, anche se il mondo intero vede ogni giorno filmati che mostrano le forze israeliane uccidere a sangue freddo civili affamati mentre si avvicinano ai punti di distribuzione del cibo. Lei ha lamentato la morte per fame di 20 ostaggi, ma non ha menzionato la fame inflitta da Israele a 2 milioni di palestinesi. Lei non ha menzionato che il suo stesso primo ministro ha lavorato attivamente per anni per finanziare Hamas, come documentato dal The Times of Israel.

Che le sue omissioni siano frutto di ottusità o di prevaricazione, sarebbero una tragedia solo per Israele se non fosse che lei ha cercato di coinvolgere me e milioni di altri ebrei nei crimini contro l’umanità commessi dal suo governo. Ha dichiarato alla sessione delle Nazioni Unite che Israele è “lo stato sovrano del popolo ebraico”. Questo è falso. Israele è lo stato sovrano dei suoi cittadini.

Io sono ebreo e cittadino degli Stati Uniti. Israele non è il mio stato e non lo sarà mai. Il linguaggio che ha usato nei confronti degli ebrei nel suo discorso ha tradito il divario che ci separa. Lei ha definito l’ebraismo una nazionalità. Si tratta effettivamente di un costrutto sionista, ma è in contrasto con 2000 anni di fede e di vita ebraica.

È un’idea che io e milioni di altri ebrei rifiutiamo. Per me e per innumerevoli altre persone al di fuori di Israele, l’ebraismo è una vita di etica, cultura, tradizione, legge e fede che non ha nulla a che vedere con la nazionalità. Per 2000 anni, gli ebrei hanno vissuto in tutte le parti del mondo, in innumerevoli nazioni.

I grandi saggi rabbinici del Talmud babilonese hanno infatti esplicitamente proibito il ritorno in massa del popolo ebraico a Gerusalemme, dicendo al popolo ebraico di vivere nelle proprie terre d’origine (Ketubot 111a). Purtroppo, i sionisti hanno intrapreso campagne massicce, comprese sovvenzioni finanziarie e tattiche intimidatorie, per indurre le comunità ebraiche ad abbandonare le proprie terre d’origine, le proprie lingue, le culture locali e i rapporti con i propri concittadini per attirarle in Israele. Ho viaggiato in tutto il mondo visitando sinagoghe quasi vuote e comunità ebraiche abbandonate, dove sono rimasti solo pochi ebrei anziani, i quali hanno insistito sul fatto che le loro comunità un tempo vivevano in pace e armonia con le maggioranze non ebree. Il sionismo ha indebolito o posto fine a innumerevoli comunità vivaci dei nostri correligionari in tutto il mondo.

I profeti ebrei hanno insegnato più volte che gli stati ingiusti non sopravvivono a lungo.

È ironico che quando i sionisti convinsero il governo britannico nel 1917 a emanare la Dichiarazione Balfour, l’unico ebreo del gabinetto, Sir Edwin Montagu, si oppose strenuamente, affermando di essere un cittadino britannico che per caso era ebreo, non un membro di una nazione ebraica: «Affermo che non esiste una nazione ebraica. I membri della mia famiglia, ad esempio, che vivono in questo paese da generazioni, non hanno alcun tipo di comunanza di opinioni o di desideri con alcuna famiglia ebraica in qualsiasi altro paese, al di là del fatto che professano in misura maggiore o minore la stessa religione».

In questo contesto, vale anche la pena ricordare che la Dichiarazione Balfour afferma chiaramente e inequivocabilmente che «non sarà fatto nulla che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina». Il sionismo ha fallito questo test.

Il suo governo è impegnato nell’occupazione permanente di tutta la Palestina e si oppone con violenza e senza tregua a uno stato sovrano di Palestina. Il programma fondatore del Likud del 1977 non nasconde nulla al riguardo, dichiarando apertamente che «tra il mare e il Giordano ci sarà solo la sovranità israeliana». Per raggiungere questo obiettivo, Israele demonizza il popolo palestinese e lo schiaccia fisicamente, attraverso la fame, gli omicidi, la pulizia etnica, la detenzione amministrativa, la tortura, la confisca delle terre e altre forme di brutale repressione. Lei stesso ha dichiarato vergognosamente che “tutte le fazioni palestinesi” sostengono il terrorismo.

Il suo omologo alla sessione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’ambasciatore palestinese Riyad Mansour, ha dichiarato esattamente il contrario. Egli ha affermato chiaramente: «La soluzione è porre fine a questa occupazione illegale e a questo conflitto disastroso; è la realizzazione dell’indipendenza e della sovranità dello stato palestinese, non la sua distruzione; è il rispetto dei nostri diritti, non la loro continua negazione; è il rispetto del diritto internazionale, non il suo calpestamento; è l’attuazione della soluzione dei due stati, non la realtà di uno stato unico con i palestinesi condannati al genocidio, alla pulizia etnica o all’apartheid».

Israele si oppone a quasi tutto il mondo nel suo tentativo di bloccare la soluzione dei due stati. Già 147 paesi riconoscono lo stato di Palestina e molti altri lo faranno presto. Centosettanta stati membri delle Nazioni Unite hanno recentemente votato a favore del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione politica, con solo sei contrari (Argentina, Israele, Micronesia, Nauru, Paraguay, Stati Uniti).

La sua presentazione ha completamente ignorato la potente “Dichiarazione di New York sulla risoluzione pacifica della questione palestinese e l’attuazione della soluzione dei due stati”, emanata dalla comunità internazionale in occasione della Conferenza Internazionale di alto livello sull’Attuazione della Soluzione dei Due Stati, tenutasi il 29 luglio 2025, appena una settimana prima del suo discorso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’Arabia Saudita e la Francia hanno co-presieduto quella conferenza di alto livello. Le nazioni arabe e islamiche di tutto il mondo hanno chiesto la pace e la normalizzazione delle relazioni con Israele, a condizione che quest’ultimo rispetti il diritto internazionale e la decenza, in linea con la soluzione dei due stati. Il suo governo rifiuta la pace, perché mira invece al dominio su tutta la Palestina.

Israele si aggrappa alla sua posizione estremista con un filo sottilissimo, sostenuto (fino ad ora) dagli Stati Uniti ma da nessun’altra grande potenza. Dobbiamo anche riconoscere una delle ragioni principali del sostegno degli Stati Uniti fino ad ora: i protestanti evangelici cristiani che credono che il raduno degli ebrei in Israele sia il preludio all’annientamento degli ebrei e alla fine del mondo. Questi sono gli alleati del suo governo. Per quanto riguarda l’opinione pubblica americana nel suo complesso, il 60% disapprova le azioni di Israele, mentre solo il 32% le approva.

Signor Ministro, il disgusto globale da lei citato è contro le azioni del suo governo, non contro gli ebrei. Israele è minacciato dall’interno dal fanatismo e dall’estremismo che a loro volta provocano la disapprovazione mondiale di Israele da parte di ebrei e non ebrei. La grande minaccia alla sopravvivenza di Israele non sono le nazioni arabe, i palestinesi o l’Iran, ma le politiche del governo estremista israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu, Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir.

La soluzione dei due stati è la via, l’unica via, per la sopravvivenza di Israele. Potete credere che le armi nucleari e il governo degli Stati Uniti siano la vostra salvezza, ma il potere bruto sarà effimero se continuerà la grave ingiustizia di Israele nei confronti del popolo palestinese. I profeti ebrei hanno insegnato più volte che gli stati ingiusti non sopravvivono a lungo.

Cordiali saluti,

Jeffrey D. Sachs

New York

Jeffrey D. Sachs è professore universitario e direttore del Centro per lo Sviluppo Sostenibile della Columbia University, dove ha diretto l’Earth Institute dal 2002 al 2016. È anche presidente della Rete delle Soluzioni di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite e commissario della Commissione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo della Banda Larga. È stato consigliere di tre segretari generali delle Nazioni Unite e attualmente ricopre il ruolo di sostenitore degli SDG sotto il segretario generale Antonio Guterres. Sachs è autore, tra gli altri, di “A New Foreign Policy: Beyond American Exceptionalism” (2020). Tra gli altri libri ricordiamo: “Building the New American Economy: Smart, Fair, and Sustainable” (2017) e “The Age of Sustainable Development” (2015), scritto insieme a Ban Ki-moon.

https://www.other-news.info/open-letter-to-israel-foreign-minister-saar

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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