di Tess Miller,
Ir Amim, 30 luglio 2025.
Contesto storico di Nu’man
Nel 1967 Israele annesse Gerusalemme Est e ridisegnò i confini municipali per includere i territori delle città palestinesi vicine, tra cui Nu’man. Tuttavia, mentre il territorio veniva annesso, i suoi abitanti non lo erano: venivano loro rilasciati documenti d’identità della Cisgiordania che impedivano loro di risiedere legalmente nelle proprie case (ora considerate territorio di Gerusalemme).
Quando gli abitanti di Nu’man si resero conto della situazione in cui si trovavano, aprirono una causa legale per ottenere lo status di residenti permanenti, una correzione amministrativa che avrebbe permesso agli abitanti di vivere legalmente sulla propria terra e di accedere ai servizi di base.
Negli ultimi 30 anni, le loro richieste sono state ripetutamente respinte. Inoltre, la città ha rifiutato di approvare qualsiasi forma di piano urbanistico per il villaggio, rendendo illegale qualsiasi costruzione.
La vita dietro il muro
All’inizio degli anni 2000, sulla scia della Seconda Intifada, Israele ha iniziato a costruire la barriera di separazione tra la Cisgiordania e Gerusalemme. Il muro ha di fatto isolato Nu’man sia dalla Cisgiordania che dal resto di Gerusalemme.
Di conseguenza, l’unico punto di accesso al villaggio è diventato un checkpoint. Poiché Nu’man era considerato parte di Gerusalemme, i suoi abitanti, classificati come palestinesi della Cisgiordania, hanno improvvisamente avuto bisogno di un permesso per entrare nel proprio villaggio.
Il posto di blocco ha portato restrizioni che hanno gravemente ostacolato la vita quotidiana e la routine di tutti. Un abitante, la cui famiglia allevava capre da generazioni, ha ricordato la difficoltà di portare il mangime per gli animali. I soldati strappavano regolarmente i sacchi al posto di blocco, costringendolo a raccogliere il contenuto a mano. Le cure veterinarie erano diventate quasi impossibili, poiché i veterinari di Gerusalemme non erano disposti a passare il posto di blocco e quelli della Cisgiordania erano vietati nel villaggio. Alla fine, il pastore ha rinunciato e ha venduto le capre, ponendo fine a una tradizione di famiglia.
I trasporti erano un altro ostacolo. La maggior parte dei residenti, con documenti d’identità della Cisgiordania, non aveva diritto alle auto con targa israeliana, mentre i veicoli con targa palestinese erano vietati. È emersa una fragile soluzione: a pochi veicoli selezionati è stato concesso un permesso speciale per entrare a Nu’man.
Il comportamento dell’esercito e la minaccia di violenze intorno ai posti di blocco facevano sì che gli abitanti del villaggio avessero paura ad uscire a piedi. Chiunque volesse uscire, compresi i bambini che andavano a scuola, doveva essere accompagnato con una delle poche auto autorizzate.
Quella che nel 1967 era iniziata come una semplice questione burocratica relativa alla registrazione dei documenti d’identità è diventata uno strumento di sfollamento de facto.
Crescere una famiglia a Nu’man è diventato sempre più difficile. Oltre alle bizzarre e diffuse difficoltà logistiche, il rifiuto del comune di Gerusalemme di riconoscere Nu’man ha comportato il diniego di un piano urbanistico e di qualsiasi possibilità di ottenere permessi di costruzione. I residenti più giovani che desiderano mettere su famiglia devono trasferirsi altrove o costruire una casa senza il permesso necessario (ma impossibile da ottenere).
Invece di correggere il proprio errore e garantire ai residenti di Nu’man i diritti legali sulle loro case, le autorità israeliane hanno scelto di mantenere il controllo sul territorio, lasciando i residenti di Nu’man in una situazione di incertezza artificiale e di costante insicurezza abitativa. Ciò riflette una politica israeliana di lunga data volta a controllare più territorio con meno palestinesi.
Minacce di demolizione
Quest’estate, il 10 giugno, è arrivato il momento temuto: sugli ingressi di tutte le case di Nu’man sono stati affissi avvisi che dichiaravano illegali le abitazioni. Questi avvisi aprono la strada a ordini di demolizione di massa, un risultato che temiamo probabile.
Dal punto di vista legale, i residenti hanno poche possibilità di ricorso. Le autorità israeliane si rifiutano di elaborare un piano urbanistico per il villaggio, costringendo le case a rimanere illegali secondo lo status che Israele ha imposto loro, in violazione del diritto internazionale.
Nella realtà creata da Israele, la legge è stata contro Nu’man fin dal giorno della sua annessione.
Rifiuto della cancellazione
Durante la mia ultima visita a Nu’man, un membro della comunità ha descritto gli ultimi decenni come un processo di “trasferimento silenzioso”. È una descrizione azzeccata.
Vivere a Nu’man significa affrontare una forma lenta e silenziosa di cancellazione, mascherata dalla legge, dalla burocrazia e dall’abbandono strategico. La lotta dei residenti per rimanere fa parte di una lotta più ampia, a Gerusalemme, in Cisgiordania e a Gaza, contro un sistema progettato per rendere impossibile la vita dei palestinesi nella loro terra.
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https://mailchi.mp/ir-amim/speaking-out-about-silent-transfer?e=77dc5be23f
Traduzione a cura di AssopacePalestina
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