L’archivio della mia famiglia mostra perché ai palestinesi è dovuto un risarcimento

di Adel Bseiso

Los Angeles Times, 13 maggio 2025.    

Un atto di proprietà di un terreno che era del nonno dell’autore, sovrapposto a un’immagine del grattacielo che sorge oggi su quel sito a Beersheba. (Illustrazione fotografica del Los Angeles Times; immagini di Adel Bseiso)

Mio padre, Jawdat Bseiso, aveva 23 anni quando tutto è cambiato.

Come figlio prediletto di Mahrous Mustafa Bseiso, uno dei maggiori proprietari terrieri della Palestina meridionale, era stato cresciuto per ereditare il patrimonio della nostra famiglia. Mio nonno era un importante uomo d’affari di Beersheba, una fiorente città palestinese dove un tempo musulmani, cristiani ed ebrei vivevano insieme in pace.

Poi arrivò il 15 maggio 1948. I palestinesi lo conoscono come la Nakba, la catastrofe. Quel giorno, centinaia di migliaia di palestinesi, tra cui tutta la mia famiglia, furono sfollati con la forza durante la fondazione dello stato di Israele. Le nostre terre, le nostre case e le nostre attività furono confiscate e fummo etichettati come “assenti”, anche se eravamo stati espulsi con la violenza e le nostre proprietà erano state espropriate.

Da un giorno all’altro, la mia famiglia divenne profuga. La nostra casa, insieme a centinaia di migliaia di acri della nostra terra a Beersheba e altrove, fu presa e consegnata allo stato israeliano. La proprietà fu stata inserita nell’elenco del Custode delle Proprietà degli Assenti del governo, ma noi non siamo mai stati assenti: siamo stati cacciati e non ci è stato permesso di tornare e di riconquistare le nostre proprietà familiari.

Sono nato nel 1962 ad Al Bireh, vicino a Ramallah, in Cisgiordania. Alla fine la mia famiglia è emigrata negli Stati Uniti e ha ottenuto la cittadinanza. Come molti altri rifugiati, i miei genitori hanno cercato di proteggerci dal passato. Mio padre parlava raramente di ciò che era accaduto. Portava il suo dolore in silenzio, con gli occhi sempre apparentemente fissi altrove, intrappolati tra memoria e perdita.

In America ho affrontato le solite lotte degli immigrati: razzismo, bullismo e pressione per l’assimilazione. Per proteggermi, mi sono dedicato al wrestling e alle arti marziali. Da adulto ho fatto carriera nell’industria musicale, ma anche allora sentivo di dovermi nascondere. Invece di lavorare con il mio nome di battesimo, Adel, mi sono fatto chiamare Eddie, poi Edvardo e infine Vardo Bissiccio, lasciando il mio nome arabo fuori dalla mia carriera. Il successo è arrivato, ma la fame di verità è rimasta.

Ho trascorso anni alla ricerca di risposte: cosa avevamo perso, chi eravamo veramente e cosa ci era stato rubato. Anche dopo la morte di mio nonno e di mio padre, ho continuato a cercare e ho trovato le risposte: una serie di prove come atti di proprietà, registri fiscali, contratti di vendita e lettere di corrispondenza, faticosamente raccolte e verificate. Raccontano una storia di prosperità prima dello sfollamento e poi di diritti legali negati. Inoltre, conservano l’eredità di mio nonno, un uomo che all’inizio del XX secolo trasformò il deserto in giardini, fattorie e industrie intorno a Beersheba.

Sebbene questa mia ricerca sia partita da un desiderio personale, mi sono reso conto che la collezione risultante poteva essere preziosa per molti altri. Infatti, quando ho invitato gli studiosi a verificare e valutare i documenti, abbiamo concluso che l’archivio della famiglia Bseiso è la più grande raccolta conosciuta di documenti originali di una singola famiglia palestinese, che descrivono la proprietà legale della terra prima della Nakba del 1948.

Nel 2019 ho iniziato a digitalizzare i documenti e la Columbia University ha accettato di ospitare la collezione all’interno del suo programma di studi arabi moderni. Nel 2025 abbiamo lanciato BFArchive.org , rendendo la storia palestinese più accessibile a studiosi, giornalisti e pubblico.

Il 15 maggio ricorre il 77° anniversario della Nakba. I nostri documenti ora servono come prova legale e storica non solo della nostra storia, ma anche di un più ampio modello di espropriazione.

Tutto questo non ha lo scopo di mettere in discussione l’esistenza dello stato di Israele o di cancellare la storia di qualsiasi altro gruppo. Il nostro obiettivo è la giustizia. Vogliamo fare chiarezza e ottenere un risarcimento per i miliardi di dollari di proprietà che sono stati illegalmente sottratti alla nostra famiglia e a tante altre.

La conversazione globale sta cambiando. Milioni di persone marciano a sostegno della Palestina. Le nazioni di tutto il mondo riconoscono lo stato palestinese e il diritto al ritorno. Ciò che un tempo era nascosto viene portato alla luce. Si sta avvicinando il momento dell’evento imprevisto, del “cigno nero”, un punto di svolta per la giustizia.

La portata di ciò che ci è stato tolto è sconcertante: terra, eredità, opportunità. Ma dietro queste perdite materiali si nasconde qualcosa di più profondo, una storia, un posto legittimo nella narrazione della terra che un tempo chiamavamo casa.

Per decenni ho conservato non solo documenti ma anche storie. Le storie orali tramandate da mio nonno, da mio padre e dai nostri anziani parlano di un tempo precedente alla Nakba – di comunità, coesistenza e pace. Ma testimoniano anche ciò che è venuto dopo: esilio, cancellazione e ingiustizia continua.

L’archivio della mia famiglia esiste per preservare queste verità e renderle impossibili da ignorare.

Adel Bseiso, produttore musicale palestinese americano, vive a Los Angeles.

https://www.latimes.com/opinion/story/2025-05-13/palestinian-nakba-compensation

Traduzione a cura di AssopacePalestina

Non sempre AssopacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

Lascia un commento