di Luis Lema,
Le Temps, 7 maggio 2025.
Lo Stato ebraico intende gestire tutti gli aiuti umanitari all’enclave palestinese. Ha in programma: controlli biometrici, mercenari americani e… un’opaca fondazione creata nella città di Calvino.

Si chiama Gaza Humanitarian Foundation e finora nessuno ne aveva sentito parlare. La fondazione, creata pochi mesi fa, ha sede nel centro di Ginevra, in Place de Longemalle, e uno dei suoi membri è un avvocato ginevrino. Ora è al centro del piano appena adottato dal governo israeliano per assumere il controllo totale degli aiuti alimentari e umanitari a Gaza, insieme a compagnie private di mercenari.
Questo fine settimana, il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato all’unanimità un nuovo piano per “estendere” le operazioni militari a Gaza. Questo piano, che mira, secondo le parole del Primo Ministro Benyamin Netanyahu, all’”occupazione” del territorio e a una “presenza israeliana prolungata” a Gaza, potrebbe significare la divisione e la successiva drastica riduzione dell’enclave palestinese, oltre a nuovi e massicci spostamenti di popolazione.
Sessanta camion al giorno
In questo contesto, è stato approvato anche un piano israeliano per la consegna degli aiuti umanitari da cui dipendono quasi 2 milioni di palestinesi. Israele permetterebbe l’ingresso di 60 camion al giorno contenenti cibo e aiuti di base: circa dieci volte meno di quelli entrati a Gaza durante le settimane del cessate il fuoco. Questi aiuti sarebbero scortati da compagnie mercenarie americane e raggruppati in “hub” [centri], dove i membri di migliaia di famiglie dovrebbero andare per rifornirsi.
I mercenari armati avrebbero il controllo sull’elenco dei beneficiari autorizzati a entrare in queste zone ‘bunkerizzate’. La tecnologia di riconoscimento facciale permetterebbe loro di escludere, o addirittura “eliminare”, qualsiasi individuo sospetto. Il pacco di cibo peserebbe 20 kg. Verrebbe distribuito ogni due settimane.
La Gaza Humanitarian Foundation fa parte di un meccanismo istituito dalle autorità israeliane. Creata lo scorso gennaio, lo statuto della fondazione afferma che essa persegue “obiettivi esclusivamente caritatevoli e filantropici”. Si legge inoltre che intende fornire cibo “sicuro”, acqua, medicinali, alloggi e ricostruzione alle “persone colpite dal conflitto nella Striscia di Gaza”. Secondo le indicazioni israeliane, la fondazione si farà carico, almeno in parte, di questa “messa in sicurezza” degli aiuti, pagando, a quanto pare, gli stipendi dei mercenari.
“Una nuova soluzione”
A Ginevra, l’avvocato David Kohler, che è uno dei membri della fondazione (domiciliata allo stesso indirizzo del suo studio legale), si rifiuta di spiegarne le origini o gli obiettivi precisi. Gli altri due membri sono un avvocato americano, con sede in Virginia, e un finanziere armeno, David Papazian, ex direttore del Fondo per gli Interessi dello Stato armeno. Nessuno dei due ha credenziali umanitarie comprovate.
In risposta alle domande di Le Temps, è stata chiamata in aiuto una consulente americana. In un messaggio scritto, ha descritto le attività della fondazione come segue: “Per diverse settimane e mesi, leader umanitari esperti, esperti regionali, diplomatici e specialisti operativi hanno sviluppato una nuova soluzione per fornire aiuti alla popolazione di Gaza, evitando ogni rischio di deviazione degli aiuti verso attori non statali”. Un riferimento al gruppo palestinese Hamas, accusato da Israele di aver dirottato “milioni di dollari” di aiuti destinati alla popolazione. Ma non sono stati forniti ulteriori dettagli sull’identità di questi “esperti” umanitari che dovrebbero lavorare con la fondazione.
La stessa consulente, che non vuole che il suo nome venga rivelato, aggiunge: “Questa nuova fondazione indipendente sarà guidata e ispirata dai principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza”.
I funzionari delle Nazioni Unite sono tutt’altro che convinti di queste rassicurazioni. “Per quanto riguarda il rispetto di questi principi, che sono i pilastri del diritto umanitario internazionale, siamo molto lontani dal traguardo”, ha esclamato Jens Laerke, portavoce a Ginevra dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA). La settimana scorsa, il piano israeliano è stato presentato – oralmente, mai per iscritto – alle agenzie dell’ONU e alle principali organizzazioni umanitarie. In una dichiarazione dai toni forti, le agenzie dell’ONU hanno ribadito che non parteciperanno a questo meccanismo, in quanto contravviene proprio a tutti i principi enumerati dalla consulente americana.
“L’obiettivo non è più quello di soddisfare i bisogni della popolazione”.
Distribuire gli aiuti sotto la sorveglianza di mercenari armati? “Questo equivale a militarizzare gli aiuti umanitari e a trasformarli in un obiettivo militare. È una ricetta per il disastro”, afferma Jens Laerke. Creare centri di distribuzione là dove li vogliono le forze di occupazione israeliane? “L’obiettivo non è più quello di soddisfare i bisogni della popolazione, ma di integrare questi centri di distribuzione in una strategia militare per spostare le persone a proprio piacimento”, conclude.
Numerosi testi di diritto internazionale, a partire dalle Convenzioni di Ginevra, stabiliscono la necessità per la potenza occupante (in questo caso Israele) di garantire il libero passaggio degli aiuti umanitari. L’invio di cibo, forniture mediche e vestiario deve essere effettuato dagli Stati o da “un organismo umanitario imparziale”, come il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR). Il meccanismo previsto da Israele, e in particolare l’opaca Gaza Humanitarian Foundation, può pretendere di essere così imparziale? Molti esperti legali ne dubitano, come lo specialista Itay Epshtain, che condivide le sue “serie preoccupazioni che non si tratti di una facilitazione a bona fide [in buona fede] degli aiuti”.
“A Gaza esiste un sistema di distribuzione degli aiuti umanitari che è stato sperimentato e collaudato per molto tempo, molto prima dell’attuale guerra”, conclude Jens Laerke [alludendo all’UNRWA]. “È urgente farlo funzionare di nuovo”.
Traduzione a cura di AssopacePalestina
Non sempre AssopacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.
Un piano vergognoso ! Non solo hanno hanno sterminato più di 50/60.000 persone, di cui principalmente bambini e donne, sanitari e giornalisti, ma anche distrutto ospedali, ambulanze, case, in barba a qualsiasi principio umanitario, in spregio al diritto Internazionale ma ora vogliono controllare militarmente le razioni di cibo (e poi quale cibo?) da distribuire alle loro vittime. Non riesco a capire e pensare come le nostre società cosiddette “democratiche” possano accettare una cosa di questo genere, ONU in prima posizione. La complicità nel genocidio dei palestinesi è sempre più palese e condivisa da tanti paesi europei. “La situazione a Gaza è drammatica e ignobile”. Non l’ho detto io, lo ha detto Papa Francesco il giorno prima di morire …personalmente provo solo una grande vergogna.