dallo Staff di Al Mezan,
Al Mezan, 7 maggio 2025.
Gaza, 7 maggio 2025 – Un anno fa, l’esercito israeliano ha lanciato un’invasione terrestre di Rafah e ha preso il controllo del valico di frontiera, un atto che molti leader mondiali avevano allora considerato una “linea rossa”. [1] Tuttavia, quelle parole si sono rivelate vuote: da allora Israele ha superato ogni “linea rossa” tracciata dalla comunità internazionale, tra cui la violazione unilaterale dell’accordo di cessate il fuoco del 18 marzo 2025 e il blocco deliberato degli aiuti umanitari a Gaza per più di due mesi. Tuttavia, non ne ha avuto alcuna conseguenza e non sono state applicate penalità significative a Israele, comprese sanzioni o la sospensione della fornitura di armi.
All’inizio di questa settimana, in totale assenza di appoggio e di copertura politica da parte degli alleati complici, il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato all’unanimità un piano per intensificare ulteriormente le operazioni militari a Gaza. L’obiettivo dichiarato del piano è l’occupazione permanente del territorio, il trasferimento forzato della popolazione palestinese nel sud di Gaza e la sua potenziale deportazione fuori dalla Palestina, misure che gettano le basi per l’annessione de facto di Gaza da parte di Israele. Se attuate, queste azioni costituirebbero gravi violazioni del diritto internazionale, tra cui il crimine contro l’umanità di deportazione o trasferimento forzato e la violazione del divieto di acquisizione di territorio con la forza.
Il voto unanime di tutti i membri del gabinetto di sicurezza israeliano ha rivelato in modo palese l’obiettivo sotteso al genocidio in corso a Gaza, la cui fase finale consiste nello sfollamento o il trasferimento forzato dei palestinesi e l’annessione del territorio: un progetto coloniale a lungo termine volto alla cancellazione del popolo palestinese e alla sua rimozione forzata dalla propria terra.
Il gabinetto di sicurezza israeliano ha inoltre approvato un piano per la distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza che viola palesemente i principi umanitari. Dal 2 marzo 2025, Israele ha bloccato deliberatamente l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza, negando ai palestinesi i beni essenziali per la loro sopravvivenza fisica. Anziché facilitare i soccorsi umanitari, il piano approvato utilizza gli aiuti come strumento di genocidio, sottomissione e ingegneria demografica, al servizio degli obiettivi dell’agenda genocida coloniale di Israele. Al Mezan accoglie con favore la posizione ferma assunta dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, dal Team Umanitario nel Territorio Palestinese Occupato e dalla Rete delle ONG palestinesi (PNGO), che hanno tutti inequivocabilmente respinto il piano di Israele.
Al Mezan avverte che Israele è ora pronto a entrare nella fase finale del genocidio a Gaza, alimentato da un persistente clima di impunità. Per anni, Al Mezan ha sottolineato che l’impunità genera illegalità. Decenni di violazioni incontrollate da parte di Israele contro il popolo palestinese hanno gettato le basi per l’attuale genocidio. Ogni mancato rispetto del diritto internazionale ha rafforzato la convinzione di Israele di poter agire senza conseguenze.
Nell’ultimo anno e mezzo, in particolare, Israele ha ripetutamente dimostrato il suo disprezzo per l’ordine giuridico internazionale ignorando deliberatamente le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dell’Assemblea Generale e del Consiglio per i Diritti Umani, nonché le misure provvisorie giuridicamente vincolanti emanate dalla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) nella causa Sudafrica contro Israele. Il parlamento israeliano ha approvato due leggi volte a smantellare l’UNRWA, entrambe successivamente confermate dalla Corte Suprema israeliana. Questo continuo disprezzo delle istituzioni internazionali, comprese le Nazioni Unite (ONU), e del diritto internazionale sottolinea la convinzione di Israele di essere al di sopra di ogni responsabilità, indipendentemente dalla portata delle sue violazioni.
La convinzione di Israele di poter agire impunemente è direttamente attribuibile e continuamente alimentata dalla persistente incapacità della comunità internazionale di adottare misure significative di responsabilizzazione. Questa incapacità è più evidente tra gli stati occidentali, in primo luogo gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Germania e l’Unione Europea e i suoi stati membri, che hanno continuato a fornire copertura politica, militare e diplomatica a Israele nonostante le prove schiaccianti di gravi violazioni del diritto internazionale.
Questo fallimento dimostra una riluttanza sistematica, quando si tratta di Israele, a garantire il rispetto del diritto internazionale attraverso misure concrete e legittime, quali sanzioni ed embarghi sulle armi. Nonostante i chiari obblighi giuridici, compresi quelli ribaditi dalla Corte Internazionale di Giustizia nel parere consultivo del 19 luglio 2024, gli stati non hanno adempiuto ai propri doveri. Al Mezan osserva inoltre che l’intenzione dichiarata da Israele di “rioccupare” permanentemente Gaza costituisce un chiaro rifiuto del parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia del 2024, che ha ritenuto che la presenza continuativa di Israele nel territorio palestinese occupato sia “illegale” e debba cessare “il più rapidamente possibile”.
Issam Younis, direttore generale di Al Mezan, ha dichiarato: “Israele deve essere costretto a revocare l’assedio, la chiusura e il blocco illegale di Gaza e consentire alle organizzazioni umanitarie di accedere senza restrizioni per svolgere il loro mandato, in linea con i principi umanitari. Il costo dell’inazione si misura in vite palestinesi: famiglie cancellate, comunità distrutte, bambini affamati e un intero popolo che rischia di essere cancellato. Il mondo deve agire, non per obbligo giuridico, ma perché è l’unica scelta morale rimasta”.
Ciò che serve urgentemente ora non sono ulteriori espressioni di preoccupazione, ma azioni concrete: sanzioni mirate contro i funzionari e le istituzioni israeliane responsabili di gravi violazioni del diritto internazionale; la revisione e la sospensione delle relazioni diplomatiche ed economiche con Israele, compreso l’Accordo di Associazione UE-Israele; e un embargo bilaterale completo sugli armamenti per impedire la fornitura a Israele delle armi utilizzate per uccidere e mutilare i palestinesi. L’esecuzione dei mandati di arresto della Corte Penale Internazionale (ICC) deve avvenire senza indugio, senza scuse o eccezioni.
È una vergognosa dimostrazione di complicità che i leader europei e mondiali continuino a visitare Israele, stringendo la mano a un primo ministro ricercato dalla CPI per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, mentre, a pochi chilometri di distanza, famiglie palestinesi vengono affamate, bombardate e sfollate con la forza in quello che è il primo genocidio trasmesso in diretta streaming nella storia moderna. La comunità internazionale ha gli strumenti per fermare tutto questo, ma sta semplicemente scegliendo di non usarli.
___________
[1] Si vedano, ad esempio, le dichiarazioni dell’ex Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha definito un’invasione terrestre di Rafah una “linea rossa”, e della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che ha avvertito che un attacco israeliano a Rafah sarebbe “del tutto inaccettabile”.
Traduzione a cura di AssopacePalestina
Non sempre AssopacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.