We are not numbers, 8 aprile 2025.
Vivendo sotto teloni inconsistenti, i membri della famiglia setacciano la farina alla ricerca di insetti, camminano attraverso i liquami per prendere l’acqua e lavano i vestiti con le mani congelate.
Quando l’alba sorge su Gaza, arriva accompagnata da aria fredda, odore di umidità e pioggia incessante.
In una piccola tenda, una famiglia di cinque persone – padre, madre e tre figli – affronta un altro giorno di sopravvivenza [La famiglia ha chiesto di non essere nominata per motivi di sicurezza personale].
La vita qui non si misura con le ore di luce del sole, ma con i momenti che passano senza che si verifichi un disastro. Il vento ulula, il telo logoro si agita e le gocce d’acqua che penetrano dal tetto segnalano l’inizio di un’altra lunga giornata.
L’alba
La madre si sveglia per prima, sentendo il tocco freddo della pioggia che le cola sul viso. Con mani tremanti, afferra un vecchio panno e cerca di asciugare le pozzanghere che si formano sul pavimento. Tremando di freddo, si concentra sugli angoli dove dormono i suoi figli. Anche il padre si alza e cerca di difendersi dalla tempesta rattoppando i buchi nel telo. Per quanto si sforzi, la pioggia riesce sempre a entrare.
Fuori, il figlio maggiore attraversa con cautela le strade invase da acque di fogna. Traboccando fin dalle prime piogge abbondanti, l’acqua nera si è diffusa ovunque e forma pozze che assomigliano a paludi. Il fetore è opprimente e l’aria è densa, difficile da respirare. Si tira su i pantaloni, ma l’acqua sporca si infiltra ancora nelle scarpe.
Andare a prendere l’acqua era un compito semplice, ma sotto assedio, senza fognature o infrastrutture funzionanti, è ora un viaggio faticoso e pericoloso. Aspettare in lunghe file, mentre si è immersi fino alle caviglie nel liquame, fa ormai parte della vita: una difficoltà che solo chi la vive può davvero capire.
Insetti nella farina
In un angolo della tenda, la figlia maggiore siede accanto all’unico sacco di farina che la famiglia è riuscita a procurarsi dopo giorni di lotta. Slegandolo con cura, si blocca vedendo che piccoli vermi e insetti le strisciano sulle mani. I suoi occhi si spalancano per lo shock, ma non dice nulla. Prende invece un setaccio e inizia a setacciare. La farina è piena di parassiti, piccole creature che si muovono tra i grani. Setaccia una, due, cinque volte, ma i vermi si rifiutano di scomparire.
“È come se stessimo mangiando le malattie con le nostre stesse mani”, mormora amaramente.
La madre la raggiunge e insieme setacciano per la decima volta, sperando che sia sufficiente. Alla fine la madre sospira. “Penso che abbiamo pulito bene”, dice con dolcezza, ben sapendo che rimangono tracce di insetti. Ma che scelta hanno? Devono fare il pane. La figlia inizia a tossire a causa della polvere bianca che è uscita dalla farina. La polvere riempie l’aria, ma lei non si ferma.
Fuoco e fumo
Nella piccola tenda, tutto sembra stipato. Anche dopo aver organizzato per ore i loro pochi effetti personali, troppe cose sono ammassate in un unico spazio.

Fuori, il padre raccoglie gli ultimi rimasugli della legna raccolta giorni prima. Con del cartone umido e dei ritagli di carta, cerca di accendere un fuoco. Il vento si oppone, spegnendo le fiamme ancora e ancora. Ci prova ancora una volta e alla fine il fumo si alza, riempiendo la tenda di nuvole dense e soffocanti. La figlia più piccola inizia a tossire violentemente, il suo piccolo corpo trema per il fumo.
Il padre aiuta la moglie a impastare. Della plastica a volte brucia insieme alla legna, aggiungendo un sapore amaro e acre al pane. Ma anche quel pane, che sa di fumo, è un tesoro in mezzo a questa implacabile carestia.
Sciacquare in acqua ghiacciata
A mezzogiorno, la figlia maggiore esce a lavare i panni della famiglia. La sorella minore la segue, portando il sapone e porgendo la biancheria sporca. Qui non c’è acqua calda, ma solo barili di liquido gelido e agghiacciante. La ragazza immerge le mani nell’acqua gelida e inizia a strofinare. In pochi minuti le sue dita diventano rosse e sulla sua pelle compaiono delle crepe.

Non può fermarsi. Se i vestiti vengono lasciati umidi troppo a lungo, inizieranno ad ammuffire. Ignorando il dolore, continua a lavare, premendo più forte a ogni colpo. Le mani le fanno male, ma le immerge di nuovo nell’acqua fredda.
“Il dolore fa solo parte della vita”, sussurra, concentrandosi sul suo compito come se pensare le intorpidisse le mani.
Quando si fa sera, la famiglia si riunisce intorno al piccolo fuoco all’interno della tenda. Non c’è molto da mangiare, solo una minestra leggera che riscalda a malapena le loro viscere, ma la condividono con sorrisi tranquilli. La pioggia continua a gocciolare attraverso il soffitto, atterrando direttamente sulla testa della figlia più piccola.
“C’è una goccia qui… e un’altra là!”, dice ridendo, indicando verso l’alto.
La sua risata si diffonde e presto tutta la famiglia ridacchia sommessamente. In momenti come questo, sembra che la risata sia il loro unico scudo. Il figlio maggiore mette un secchio sotto il punto che perde, cercando di catturare le gocce prima che inondino il pavimento.
Il calar della notte
Alla fine della giornata, la madre si sdraia accanto ai suoi figli, tirando su di loro le coperte che riesce a trovare. Le coperte sono umide, ma almeno danno un po’ di calore. Fuori, la pioggia cade costantemente, i liquami aumentano e il vento freddo continua a soffiare.
Ogni notte si addormentano, incerti se si sveglieranno di nuovo. Tuttavia, chiudono gli occhi con la speranza che forse il domani porterà la fine delle loro sofferenze. Tuttavia, quando spunta l’alba, si svegliano con la stessa realtà opprimente, la stessa fame, lo stesso freddo e la stessa lotta per sopravvivere.
All’interno di questa piccola e fragile tenda, lo spirito della famiglia sembra indistruttibile.
https://wearenotnumbers.org/rain-and-ruin-life-inside-a-gaza-tent
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.