Re e Imperatore.

Dic 13, 2017 | Riflessioni

di Uri Avnery.

Gush Shalom, 2 dicembre 2017.

Il SIONISMO è un credo antisemita. Lo è stato fin dall’inizio.

Già il padre fondatore, Theodor Herzl, uno scrittore viennese, scrisse alcuni pezzi con una chiara inclinazione antisemita. Per lui il Sionismo non consisteva semplicemente in un trapianto geografico, ma era anche un mezzo per trasformare lo spregevole commerciante ebreo della diaspora, in un essere umano onesto e laborioso.

Herzl si recò in Russia per ottenere l’appoggio al suo progetto da parte dei leader russi antisemiti e fomentatori di pogrom, promettendo che gli avrebbe tolto di torno gli Ebrei.

In realtà, il fatto che solo nel futuro stato ebraico gli Ebrei sarebbero stati in grado di vivere una vita normale, è sempre stato uno degli elementi fondamentali della propaganda sionista. Il motto era “rovesciamo la piramide sociale”; appoggiamola su una solida base di operai e contadini, anziché di speculatori e banchieri.

Quand’ero uno studente in ciò che era (allora) la Palestina, tutto ciò che imparavamo era imbevuto di un profondo disprezzo per gli ”Ebrei dell’esilio”, quegli Ebrei che vivevano ovunque e preferivano rimanere nella Diaspora. Erano decisamente inferiori a noi. E di molto.

L’apice fu raggiunto all’inizio degli anni 1940, da un piccolo gruppo soprannominato “Canaaniti”. Proclamarono che eravamo una nazione del tutto nuova, la nazione ebraica, e che non avevamo nulla a che spartire con gli Ebrei che si trovavano da qualunque altra parte. Quando si venne a conoscere l’ampiezza e l’enormità dell’Olocausto, queste voci divennero più sommesse, ma non scomparvero mai del tutto.

GLI ANTISEMITI, da parte loro, preferirono sempre i Sionisti agli altri Ebrei. Adolf Eichmann dichiarò, con una celebre frase, che preferiva avere a che fare con i Sionisti, perché erano “biologicamente più pregevoli”.

Anche oggi, coloro che odiano gli Ebrei applaudono apertamente allo Stato di Israele, per dimostrare che non sono antisemiti. I diplomatici israeliani non rifuggono dall’utilizzare il loro sostegno. Amano la destra alternativa.

Quest’atteggiamento non ha mai trattenuto lo Stato d’Israele dall’utilizzare a proprio vantaggio il sostegno degli Ebrei sparsi per il mondo. Molto tempo fa girava una battuta: Dio Onnipotente ha diviso equamente la sua munificenza tra gli Arabi e gli Israeliani. Ha dato agli Arabi il petrolio, che conferisce loro peso politico ed economico, e ha dato agli Israeliani gli Ebrei dispersi per il mondo… per lo stesso motivo.

Agli inizi della sua istituzione, lo Stato d’Israele aveva un bisogno disperato dei soldi degli Ebrei americani per comprare –letteralmente– il pane per il mese successivo. Il primo Ministro David Ben Gurion fu persuaso ad andare negli Stati Uniti per corteggiarli. Ma c’era un problema: Ben Gurion, un ultrasionista, voleva dir loro di lasciare tutto e di trasferirsi in Israele. I suoi consiglieri fecero parecchia fatica per convincerlo a non menzionare, per favore, la aliyah (l’immigrazione, letteralmente “la salita [a Gerusalemme])”.

QUESTO SQUILIBRIO nella relazione è durato fino ai giorni nostri. Gli Israeliani segretamente disprezzano gli Ebrei statunitensi perché preferiscono gli “agi dell’Egitto”, anziché vivere virtuosamente nello stato ebraico, ma allo stesso tempo pretendono il loro sostegno politico incondizionato. La maggior parte delle organizzazioni ebraiche americane questo sostegno lo danno. Hanno un enorme potere a Washington, dove l’AIPAC, la lobby sionista, è considerata la seconda più potente organizzazione politica, dopo la National Rifle Association [lobby per le armi da fuoco].

Sfortunatamente questo rapporto [tra Ebrei israeliani e americani] sta creando problemi sempre maggiori, che non possono più essere ignorati.

L’ULTIMA FIAMMATA è arrivata da una fonte inaspettata. Porta un nome inconsueto: Tzipi Hotovely. Il suo è un nome georgiano. I suoi genitori sono infatti emigrati (“hanno fatto aliyah”) da quella ex repubblica sovietica. Ma poiché nell’ebraico scritto le vocali non sono segnate, pochi Israeliani sanno come pronunciare il suo nome.

Tzipi (diminutivo di Tzipor, uccello) è una donna di 39 anni, bella e intelligente. È anche di estrema destra. La sua visione del mondo è un misto di nazionalismo radicale e di ortodossia religiosa. È, naturalmente, un membro del Likud. Ciò l’ha aiutata a raggiungere l’alta posizione di Viceministro degli Esteri.

Quindi –ci si chiede– chi è il Ministro degli Esteri? Nessuno. Netanyahu è troppo astuto per designare qualcuno a ricoprire questa alta carica, perché potrebbe diventare un concorrente. Questo non fa che aumentare l’importanza di Tzipi.

In genere, Hotovely tiene un profilo basso. Ma, poche settimane fa, ha lanciato una bomba virtuale.

In un’intervista con un’emittente americana, il Viceministro degli Esteri ha attaccato violentemente gli Ebrei americani, ripetendo antichi slogan antisemiti. Tra le altre cose. ha tuonato contro di loro perché non mandano i figli a fare il servizio militare nell’esercito USA. Come risultato, ha detto, sono incapaci di capire gli Israeliani, i cui figli combattono quotidianamente.

Questa è una vecchia accusa. Ricordo di aver visto un volantino nazista lanciato da aerei tedeschi sopra le linee americane in Francia durante la Seconda Guerra Mondiale. Mostrava un grasso Ebreo che fumava il sigaro mentre molestava sessualmente una donna americana ariana pura, con la scritta: ”Mentre versi il tuo sangue in Europa, l’Ebreo ti stupra la donna a casa!”

L’accusa in sé è, ovviamente, assurda. Negli Stati Uniti la leva obbligatoria è stata abolita. L’esercito americano è composto da volontari, provenienti da classi sociali povere. A cui generalmente gli Ebrei non appartengono.

Hotovely è stata sconfessata a gran voce, ma non rimossa. Continua ad essere a capo di tutti i diplomatici israeliani.

QUEST’INCIDENTE è stato solo l’ultimo di una lunga serie di problemi nelle relazioni tra le due comunità.

Fin dall’inizio, lo Stato di Israele ha ceduto molti privilegi religiosi all’establishment degli Ortodossi israeliani, i cui voti alla Knesset sono essenziali per mettere insieme una coalizione di governo.

In Israele non esiste il matrimonio civile. Tutti i matrimoni sono religiosi. Se un Ebreo israeliano vuole sposare una donna cristiana o musulmana –un evento molto raro– deve andare nella vicina Cipro. I matrimoni contratti all’estero sono riconosciuti.

Ma nel giudaismo contemporaneo vi sono parecchie comunità religiose. Negli Stati Uniti, la maggioranza delle comunità sono liberali, Ebrei riformati o conservatori. Questi sono a malapena riconosciuti in Israele. Tutti i matrimoni sono rigorosamente ortodossi. Così anche la supervisione degli stabilimenti kosher, un’attività altamente lucrativa.

Ciò significa che le maggiori correnti dell’ebraismo americano non godono praticamente di diritti in Israele, dove a malapena esistono.

Come se questo non bastasse c’è in atto un feroce conflitto relativo al Muro Occidentale, il più sacro dei siti ebraici. È considerato l’unico resto del tempio degli Ebrei, distrutto dai Romani circa 2100 anni fa (in realtà è soltanto ciò che rimane di un muro di sostegno esterno).

Mentre in teoria apparterrebbe a tutti gli Ebrei, il governo israeliano ha affidato questo luogo santo all’establishment ortodosso, che permette solo ai maschi di avvicinarvisi. La comunità riformata e le organizzazioni femminili hanno protestato e, alla fine, è stato raggiunto un compromesso, che riserva la parte principale del muro agli Ortodossi, ma ne lascia un parte separata alle donne e agli Ebrei riformati. Ora il governo ha annullato tale compromesso.

Il PROBLEMA di fondo è che tutta la relazione tra Israeliani ed Ebrei della diaspora è costruita su una bugia: la convinzione di essere uno stesso popolo. Non lo sono.

La realtà li ha separati molto tempo fa. La situazione reale è che gli “Ebrei” israeliani sono una nuova nazione, creata sulle realtà spirituali, geografiche e sociali del nuovo paese; così come gli Americani degli Stati Uniti sono diversi dai Britannici e questi ultimi dagli Australiani.

Hanno un forte sentimento di appartenenza gli uni agli altri, il senso di un’eredità comune e di legami familiari. Ma sono diversi.

Quanto prima le due parti lo riconoscono ufficialmente, tanto meglio sarà per tutte e due. Gli Ebrei americani possono sostenere Israele come, ad esempio, gli Americani di origine irlandese possono sostenere l’Irlanda, ma è una loro scelta. Non devono fedeltà ad Israele e non sono obbligati a renderci omaggio.

Israele, da parte sua, può aiutare gli Ebrei ovunque si trovino, quando sono in difficoltà, e permettere loro di unirsi a noi. Sono i benvenuti.

Ma non apparteniamo ad un’unica nazione. Noi in Israele siamo una nazione composta da cittadini israeliani. Gli Americani ed altri Ebrei fanno parte dei rispettivi stati di appartenenza e della comunità etnico-religiosa ebraica diffusa in tutto il mondo.

Netanyahu vorrebbe essere, come la regina Vittoria “Re e Imperatore”: Re d’Israele ed Imperatore degli Ebrei.

Bene: non lo è.

Uri Avnery

http://zope.gush-shalom.org/home/en/channels/avnery/1512137281/

Traduzione di Anna Maria Torriglia

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