Le impressioni di Roberta De Monticelli che ha partecipato al recente viaggio in Palestina con Luisa Morgantini

di Roberta De Monticelli

Il manifesto, 24 settembre 2025.  

Palestina, la sparizione sotto pulizia etnica

Terra rimossa. Se a Gaza c’è il genocidio, in Cisgiordania la vita stessa delle persone e la possibilità di uno «Stato» vengono cancellate, mentre anche alcuni Paesi d’Europa si apprestano a riconoscerlo.

L’IDF accompagna i bulldozer nel villaggio di Khallet al-Dabaa, Cisgiordania – Ansa

È già sulle pagine dell’Economist. Mentre anche alcuni stati d’Europa si apprestano a riconoscere lo stato di Palestina, la Palestina sta sparendo, sotto i nostri occhi. La lunga, lunghissima sosta che ai veicoli provenienti da Gerico viene imposta dalla polizia israeliana di frontiera al valico di Allenby ci lascia il tempo di sfogliare la stampa internazionale. Certo, è in crude parole il senso più comunicabile di questo viaggio nel basso inferno, che ancora una volta AssopacePalestina e la sua anima illuminata, Luisa Morgantini, ha permesso di fare a chi ha fame e sete di conoscenza, ancora prima che di giustizia.

La Palestina sta sparendo – è la sola certezza sopravvissuta a questa decina di giorni di traversata del dolore, dell’umiliazione, dell’angustia estrema che provoca il cappio inesorabile di muri e cancelli e violenza bruta, stretto intorno al collo magrissimo della Cisgiordania. Che ti pare di respirare a fatica, di sentirlo intorno al tuo collo, quel cappio.

Il cappio della pulizia etnica, che è rubare terra, demolire case, gettare cemento nei pozzi, affamare i dipendenti delle amministrazioni sempre più stracciate delle aree A, fino a che non amministrino più che miseria, sporco e disperazione. Perché l’annessione è questo: prendersi la terra, l’acqua e ogni risorsa, appropriarsi perfino delle ricette tradizionali palestinesi, dopo aver ridotto a quasi nulla le risorse dell’UNRWA la United Nations Relief and Works Agency for Palestine, cioè dell’ultimo resto di quella che fu l’umanità comune e la nostra solidarietà, con un sistema di scuole che aveva reso la Palestina il più alfabetizzato dei Paesi arabi e certo anche di molti paesi occidentali.

È rapinare le terre dove c’è memoria dei millenni umani, a costo di farne falsi, ridicoli trofei al mito di Sion, come le mura di Gerico crollate al suono dello shofar, quasi voleste metter sotto teche nazional-tribali le piume degli angeli, o mettere nelle bottigliette dei turisti la Ruah, il soffio di Gerusalemme.

È sradicare ulivi e ammazzare bestiame, è distruggere scuole e teatri, è uccidere: per annettere la Palestina, non i palestinesi. Quelli vanno ormai esplicitamente, senza vergogna, chiusi nei ghetti sempre più stretti, sorvegliati, chiusi, delle loro città.

Ci scorrono nella mente le immagini delle città palestinesi che abbiamo attraversato – Gerico l’antichissima, Betlemme inginocchiata sulla sua mangiatoia vuota, deserta di turisti, Gerusalemme Est nel cappio dei sequestri di case e proprietà palestinesi a Jeikh Sharrah, Ramallah che pulsa intorno al grande cuore di Fadwa Bargouti, moglie e avvocata di Marwan Bargouti – quello che chiamano il Nelson Mandela palestinese, che da oltre vent’anni è nelle carceri israeliane. Quello che un torvo gaglioffo chiamato Ben Gvir, che oggi rappresenta lo stato di Israele si è permesso poche settimane fa di andare vigliaccamente, con un suo manipolo di manigoldi, a minacciare a favore di telecamere fin dentro la sua prigione di tortura e fame. E poi Jenin, Jenin e la meravigliosa avventura del Freedom Theatre, oh guardatevi almeno le sue origini, che sono le origini stesse della tragedia israelo-palestinese, nel film Arna’s Children, girato dal suo fondatore Juliano Mer Khamis, un omaggio a sua madre o forse alla sua terra. E Nablus e il campo di Balata, e Tulkarem – la triade dei campi profughi svuotati, oltre quarantamila negli ultimi due anni. E Hebron, naturalmente, questa metafora del male che si insedia in alto, come gli avamposti dei coloni cresciuti a dismisura in questi due anni, e avvelena e isterilisce e insozza tutto ciò che tocca, ma a Hebron l’alto vuol dire i piani alti delle case, rubati alla città araba, il cui nome invece, Al Khalil, vuol dire l’Amico, così come Haram el Khalil è la tomba dell’Amico, la cui supposta sepoltura verrà presto totalmente appropriata da una nazione che pare sempre più abissalmente precipitare verso lo stato tribale. L’Amico è Abramo, il padre delle genti. Di tutte le genti del libro.

Se a Gaza c’è il genocidio, nel resto della Palestina c’è la pulizia etnica, che è questo: uno stringersi inesorabile del cappio al collo di un impiccato. Mille morti ammazzati dall’esercito o dai coloni, 10.000 prigionieri di cui 3500 in detenzione amministrativa, senza formalizzazione di accusa e possibilità di difesa contro tortura e fame; 40.000 rifugiati sfollati, 30 comunità contadine espulse dalle loro valli, il progetto E 1 della grande area da ripulire a nord est di Gerusalemme, che lascerà il cuore della Palestina per sempre separato da ciò che ne resta – le sei città-prigione dove il futuro è abolito. È questo, che è successo qui dopo il 7 ottobre.

https://ilmanifesto.it/palestina-la-sparizione-sotto-pulizia-etnica

2 commenti su “Le impressioni di Roberta De Monticelli che ha partecipato al recente viaggio in Palestina con Luisa Morgantini”

  1. Non uccidete i bambini.

    Non uccidete i bambini Non insegnate ai soldati a fare lo stesso
    Per paura che i loro gesti vi perseguitino per il resto della vostra vita
    Perché questi giovani non vengano macchiati con la bruttezza della guerra
    Fino a esserne deformati nell’essenza e nelle viscere
    Per colpa vostra, al punto da cambiare l’umano
    Che c’è in loro prima che se ne scappino, spaventati.

    Non uccidete i bambini.
    Chiunque voi siate, chiunque siano loro, non fatelo.
    Fermate la vostra mano prima che diventi un mostro
    Girate la gamba: non dovrebbe portare il colpo.
    Impedite al vostro corpo di rivolgere l’atto irreparabile
    Di agire oltre il rispetto, di profanare, di degradare.

    NO. Non uccidete i bambini
    Qualunque sia il loro colore, il loro sesso e quali che siano i loro occhi.
    Qualunque sia la loro età. Non avete paura di esserne snaturati totalmente, per sempre?
    E cosa ne sarebbe della vostra prole?
    Una realizzazione colpita, macchiata e contaminata prima ancora di avere aperto l’occhio?
    Non uccidete la vostra carne prima di averla progettata portata in grembo.

    Scegliete la pace. Quella che fa bene al cuore
    Quella di cui stavamo parlando al momento in cui eravate voi stessi un bambino.
    A scuola non ci siete andati? In casa non ne avevate?
    Dentro di voi allora … scavate, lo scoprirete.
    L’essere umano non è fatto d’amore? L’essere umano ha dimenticato
    Di palpitare, scintillare, brillare, risplendere, lucidare, illuminare …

    E finire per amare? Amate. Scegliete la pace. Davvero tutto inizia,
    Tutto finisce con l’amore. Cercare di combinare la sua vita, di rifarla e di vedere il bambino
    Per quello che è: un tesoro, un divenire, un riavvio. Non uccidete,
    Non uccidete i bambini. Per favore, non siate un’arpia
    Quando siete stati creati per portare questo altruismo-ossigeno in superficie
    Che tanto ci manca. Guardate i più piccoli, ritrovatevi in loro.

    Improvvisamente correte, correte più veloci della morte, più veloci dell’infortunio che vi ha colpito.
    Correte il più a lungo possibile, alla fine del vostro respiro, della vostra anima
    Correte oltre il terrore, correte senza quelli che amavate
    Che rabbrividirono ancora d’una vita che vi hanno lasciato, tremando alla fine.
    Correte indossando il maglione bucato delle vostre speranze assurde
    Che domani i Grandi schiacceranno senza pietà sotto i tacchi alti delle loro leggi.

    Non uccidere i bambini.
    Questi polloni di rosa sul punto di schiudersi, sporchi, contusi, ma inestimabili
    A corto di acqua, cibo e medicine. Forti e insieme deboli.
    Assomigliate a loro, siate consapevoli e siate maledetti se arrecate loro danno.
    Non uccideteli dal momento che facendolo ucciderete voi stessi
    Siate maledetti se arrecate loro danno, se li uccidete continuamente.

    Non uccidete i bambini. Non uccidete i bambini.
    Chiunque voi siate, chiunque siano loro, non fatelo.
    Sappiate condividere al dì là di ogni animosità, di qualsiasi egemonia
    Perché alla fine siamo solo ceneri
    Cosa guarderete quando sarete sabbia
    E l’odio vi guiderà ancora?

    Vi perdonano anche se non dimenticano
    Non uccidete i bambini.
    Frazionate questo pane che difendete per loro
    La terra ne ha abbastanza per ogni vita. Non è necessario privarli.
    Cosa guarderete quando sarete sabbia e l’odio vi guiderà comunque?

    Non uccidete i bambini.
    Non insegnate ai soldati a fare lo stesso
    Per paura che i loro gesti vi perseguitino per il resto della vostra vita
    Per paura che questi giovani vengano macchiati dalla bruttezza della guerra
    Al punto da esserne deformati nell’essenza e nelle viscere per colpa vostra
    Al punto da cambiare l’umano che c’è in loro prima che se ne scappino, spaventati.

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