Trump dovrebbe sapere che le minacce all’altrui esistenza non si prestano ad accordi

di Marwan Muasher

Emissary, 12 febbraio 2025.  

Per la Giordania, questo è particolarmente vero per quanto riguarda Gaza.

Re Abdullah e Trump si incontrano nello Studio Ovale. 11 febbraio 2025. (Foto di Andrew Harnik/Getty Images)

L’incontro di martedì 11 febbraio tra il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il Re di Giordania Abdullah II è stato visibilmente doloroso. Trump ha ribadito la sua idea di trasferire in modo permanente 2 milioni di palestinesi da Gaza in Giordania e in Egitto – in altre parole, una pulizia etnica e un piano che tutte le parti rifiutano. “Avremo Gaza“, ha detto Trump ai giornalisti mentre era seduto accanto ad Abdullah.

Re Abdullah ha fatto del suo meglio per camminare su una linea sottile tra l’evitare un confronto pubblico con il presidente durante il loro primo incontro durante la seconda presidenza Trump e la riluttanza ad acconsentire a una proposta che avrebbe risultati disastrosi per la Giordania.

Perché? La Giordania ha ricevuto ondate di rifugiati palestinesi nel 1948, 1967 e 1990 e attualmente ospita più di mezzo milione di rifugiati siriani e iracheni. L’aggiunta di un altro milione di rifugiati palestinesi agli 11 milioni di abitanti della Giordania sarebbe approssimativamente proporzionale al trasferimento dell’intera popolazione dell’Ucraina negli Stati Uniti. Un tale spostamento di massa comporterebbe problemi economici e di sicurezza che la Giordania non può tollerare. Contribuirebbe inoltre a svuotare le terre palestinesi dei loro abitanti e a favorire l’obiettivo della destra israeliana di creare una patria per i palestinesi in Giordania, causando problemi di identità ai giordani. La Giordania non ha confini geografici con Gaza, né ha demolito Gaza, ma Trump sembra volere che sia la Giordania a pagare per la distruzione causata da Israele.

Oltre a Gaza, la Giordania è molto preoccupata per le possibili mosse di Israele di annettere la Cisgiordania, che porterebbero ancora più palestinesi in Giordania. Quando gli è stato chiesto di questa possibilità durante la conferenza stampa, Trump non l’ha esclusa e ha dato una risposta molto reticente. Questo non può aver rassicurato il re.

Il re è stato sostenuto da un’opinione pubblica giordana che ha giurato di opporsi alla proposta degli Stati Uniti. Manifestazioni sono scoppiate in tutto il regno. Anche la forte posizione araba potrebbe rafforzare la determinazione del re. L’Egitto ha ripetutamente condannato con forza la proposta e il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi ha annunciato che rinvierà la sua prossima visita a Washington fintanto che lo spostamento di Gaza sarà all’ordine del giorno.

Forse l’opposizione araba più forte è arrivata dall’Arabia Saudita. Nelle ultime settimane, Trump e il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu si sono detti fiduciosi sull’imminenza di un accordo di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele, con quest’ultimo che ha persino accennato all’invio di gazawi in Arabia Saudita. Ma le dichiarazioni pubbliche saudite sul piano di sfollamento di Gaza sono state forti e categoriche: senza un impegno da parte di Israele per una soluzione a due stati, l’Arabia Saudita non normalizzerà le sue relazioni con lo stato ebraico. Ha aggiunto che questa è una posizione ferma e non soggetta a cambiamenti.

In effetti, nel tentativo di deviare la pressione che gli deriva dalla posizione pubblica di Trump, il re ha annunciato alla stampa che gli Stati arabi stanno preparando una risposta unificata. Tale risposta sarà probabilmente elaborata in un vertice al Cairo alla fine del mese, insieme a una controproposta in cui la ricostruzione di Gaza avverrebbe senza sradicare i palestinesi dalla loro terra. Inoltre, il vertice probabilmente affronterà misure provvisorie per assistere la Giordania e l’Egitto, nel caso in cui Washington tagliasse l’assistenza a questi paesi. All’inizio della settimana Trump ha suggerito che avrebbe tagliato i fondi a entrambi se non avessero accettato i palestinesi da Gaza, ma si è rifiutato di rispondere alle domande della stampa sull’argomento durante l’incontro. La Giordania riceve circa 1,5 miliardi di dollari all’anno, compresi gli aiuti militari.

Trump potrebbe essere abituato a fare accordi o a impiegare tattiche massimaliste per ottenere in seguito qualche concessione. Ma potrebbe aver fatto cilecca. La sua proposta surreale – mandare milioni di palestinesi fuori dalla loro terra e dire loro in faccia che non potranno più tornare, sostenendo comunque che i palestinesi e il mondo intero amano l’idea – è fuori dalla realtà, per non parlare di una chiara violazione del diritto internazionale. Gaza non una proprietà di cui gli Stati Uniti possono disporre a piacimento e i palestinesi non sono pedine da spostare a piacere. Quasi tutto il mondo, con la notevole eccezione di Israele, si è opposto alla proposta di Trump. Sedici mesi di bombardamenti e distruzioni non hanno convinto i palestinesi a lasciare le loro case, anzi, molti sono tornati volentieri alle loro abitazioni (o a ciò che ne rimane) non appena il cessate il fuoco lo ha permesso. Non è chiaro quali strumenti il Presidente intenda utilizzare per costringerli ora ad andarsene.

Gli Stati Uniti sono stati al fianco di Israele fin dalla sua creazione nel 1948, ma mai prima d’ora si erano schierati così palesemente contro il diritto internazionale o avevano condonato la pulizia etnica. E mai prima d’ora avevano minacciato in questo modo alleati come la Giordania e l’Egitto. Per ora, l’idea di Trump su Gaza rimane un piano assai debole. Inoltre, ciò che il presidente sembra non capire è che le sanzioni o gli incentivi economici impallidiscono di fronte alle minacce fatte all’esistenza stessa di un paese. Per questo motivo, nessuna pressione da parte degli Stati Uniti farà sì che il re accetti le proposte selvagge di Trump. La minaccia esistenziale per la Giordania avrà la meglio – si fa per dire – su tutte le altre considerazioni, per quanto difficile possa essere la situazione in cui si trova il paese.

https://carnegieendowment.org/emissary/2025/02/trump-jordan-king-abdullah-gaza-threats-deal?lang=en

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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