Uno scrittore di origine israeliana rinuncia alla cittadinanza, definendola “uno strumento di genocidio”

di Fleur Hargreaves, 

Middle East Eye, 31 dicembre 2024.    

Uno scrittore ebreo statunitense incoraggia altri israeliani a unirsi a lui nella protesta contro le azioni di Israele

Membri del gruppo hassidico antisionista Neturei Karta bruciano bandiere israeliane durante una manifestazione a Gerusalemme il 14 maggio 2024. (AFP)

Avi Steinberg, scrittore di origine israeliana, ha annunciato giovedì di aver formalmente rinunciato alla cittadinanza israeliana.

Giustificando la sua decisione in un articolo per la testata di sinistra Truthout, Steinberg ha affermato che la cittadinanza israeliana è “da sempre uno strumento di genocidio” che legittima il colonialismo d’insediamento.

“La cittadinanza israeliana si basa sui peggiori tipi di crimini violenti che conosciamo e su una crescente litania di menzogne volte a sbiancare quei crimini”, ha affermato nell’opuscolo.

L’autore è nato a Gerusalemme da genitori americani ed è cresciuto in un ambiente ortodosso. Nel 1993 la sua famiglia si è trasferita negli Stati Uniti, prima a Cleveland e poi a Boston, dove il padre ha trovato lavoro come direttore all’Università di Harvard.

Steinberg ha citato una serie di leggi approvate dopo la fondazione di Israele che hanno legittimato il colonialismo e la discriminazione, tra cui la Dichiarazione di Indipendenza del 1948, la Legge del Ritorno del 1950 e la Legge sulla Cittadinanza del 1952.

Egli ha sostenuto che questo percorso legislativo è stato plasmato dalla Nakba del 1948, quando le forze israeliane espulsero circa l’80% della popolazione palestinese dalla propria patria, e dai successivi sforzi dei coloni per ottenere il riconoscimento internazionale.

Spiegando la migrazione dei suoi genitori, Steinberg ha descritto la dissonanza cognitiva che ha permesso ai suoi genitori “di diventare entrambi liberali americani che si opponevano all’invasione statunitense del Vietnam, pur agendo come coloni armati nella terra di un altro popolo”.

Steinberg avrebbe poi scoperto che la casa in cui è cresciuto era proprietà di una famiglia palestinese che era stata violentemente espulsa in Giordania e a cui era stato impedito di tornare.

“Questa sostituzione 1 a 1 non era un segreto”, ha spiegato Steinberg. Piuttosto, era un punto di vendita per i coloni israeliani, attratti dal pittoresco “fascino arabo nativo” di questi villaggi privi di “veri arabi nativi”.

Azioni guidate dagli ebrei

I commenti di Steinberg arrivano mentre un numero crescente di ebrei americani ha criticato le azioni di Israele e molti si sono uniti o hanno fondato organizzazioni filo-palestinesi guidate da ebrei.

Sebbene tutti gli ebrei abbiano il diritto di rivendicare la cittadinanza israeliana, le azioni di Israele hanno tracciato un solco tra Israele e la diaspora, con due terzi degli adolescenti ebrei americani che hanno dichiarato in un sondaggio commissionato da Israele a novembre di simpatizzare con i palestinesi e un terzo di simpatizzare con Hamas.

In un articolo per N+1 scritto l’anno scorso, Steinberg ha raccontato di essere stato arrestato durante una protesta pro-Palestina a Chicago con Jewish Voice for Peace (JVP) e IfNotNow (INN), due gruppi guidati da ebrei che sostengono i palestinesi.

Dimostranti di Jewish Voice For Peace (JVP) vengono presi in custodia durante una protesta pro-palestinese a Washington il 23 luglio 2024. (AFP)

“L’idea di queste azioni guidate dagli ebrei è che gli ebrei hanno un ruolo specifico da svolgere nell’ambito della liberazione della Palestina”, ha scritto, sia per contrastare la “propaganda sionista” sia per “mettere i loro corpi in prima fila, per attirare il fuoco”.

A differenza di quella che, a suo dire, era l’ipocrisia liberale dei suoi genitori, per Steinberg “la lotta per una Palestina liberata è legata alla lotta ovunque dei movimenti indigeni per il ritorno alla loro terra” – così come alla liberazione ebraica, che lo collega a una lunga storia di socialismo ebraico nell’Europa prebellica.

“La Torah viene abitualmente sventolata dai nazionalisti avidi di terra, ma, se letta davvero, è un documento di rimprovero profetico contro l’abuso di potere dello stato”, ha scritto per Truthout.

“Il sionismo non ha nulla a che fare con l’ebraismo o con la storia ebraica”.

https://www.middleeasteye.net/news/israeli-born-author-renounces-israeli-citizenship-calling-it-tool-genocide

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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