The New Arab, 23 ottobre, 2024.
I civili che tentano di tornare alle loro case a Gaza per rifornirsi di beni di prima necessità vengono brutalmente presi di mira dalle forze israeliane.
Civili disarmati e indifesi vengono perseguitati e uccisi da droni israeliani mentre tentano di raggiungere le loro case nella città di Rafah, a Gaza, per recuperare beni di prima necessità come coperte e vestiti. Questi articoli essenziali sono molto necessari nella vita disagiata di chi è stato costretto da Israele ad abbandonare la propria casa e che vive nelle tende o per strada nel tentativo di evitare gli incessanti bombardamenti israeliani.
Quelli che tentano di intraprendere il viaggio spesso scompaiono senza lasciare traccia, e molte famiglie attendono notizie dei loro cari che sono partiti e non sono più tornati. Altri vengono uccisi e i loro corpi massacrati vengono lasciati a decomporsi nelle strade in rovina dei loro quartieri.
Suleiman Al-Arja e due dei suoi fratelli hanno rischiato la vita per riportare indietro i corpi della moglie, della sorella e delle due figlie di Suleiman, che erano state uccise nel quartiere di Al-Tannour, nella parte orientale della città di Rafah, il 2 settembre. Le donne stavano cercando di raggiungere la loro casa per raccogliere vestiti, scarpe e coperte per i membri della famiglia sfollati nell’area di al-Mawasi a Khan Younis.
La famiglia aveva un disperato bisogno di queste cose e, dopo più di quattro mesi di vita nelle tende, la moglie di Suleiman aveva deciso che era necessario tornare alla casa di famiglia per prenderle, pensando che le forze israeliane non avrebbero sparato su donne e bambini.
La moglie di Suleiman, sua sorella e le due figlie sono tornate nel loro quartiere, tenendo una bandiera bianca e camminando in mezzo alle strade per essere ben visibili. Suleiman è stato al telefono con loro per tutto il tempo, finché all’improvviso ha sentito un forte fischio e la linea è caduta. In seguito ha saputo che erano state prese di mira da un missile lanciato da un drone israeliano, che le ha uccise nel bel mezzo del quartiere.
La famiglia ha cercato aiuto per recuperare i corpi, ma nessuna delle agenzie di soccorso si è recata sul posto a causa del pericolo, così i cadaveri sono stati lasciati in strada per oltre 20 ore. Alla fine, Suleiman e i suoi fratelli sono riusciti a recarsi sul posto e a raccogliere da soli i resti dei corpi. Durante il tragitto, hanno visto corpi in decomposizione nelle strade del quartiere, che sembravano essere stati presi di mira nello stesso modo.
Caccia ai rimpatriati
La Difesa Civile palestinese ha ricevuto più di 500 avvisi di cittadini che erano entrati a Rafah per cercare le loro case e non sono stati più visti.
La Difesa Civile è stata in grado di recuperare i corpi di 270 persone uccise dal 1° luglio, secondo il dottor Mohammed al-Mugheir, capo del dipartimento dei rifornimenti presso la Difesa Civile di Gaza. Ha spiegato ad Al-Araby Al-Jadeed, l’edizione gemella in lingua araba di The New Arab, che sebbene Israele abbia classificato la parte orientale di Rafah come una “zona di combattimento pericolosa”, il suo esercito sta uccidendo civili in tutto il governatorato utilizzando droni dotati di missili e mitragliatrici.
Ismail Al-Thawabta, direttore dell’ufficio stampa del Governo di Gaza, ha affermato che le uccisioni sono state documentate in aree dove non c’erano carri armati, aree non classificate come zone di combattimento pericolose, confermando che l’uccisione di civili è stata deliberata, ingiustificata e condotta in spregio a qualsiasi legge internazionale o umanitaria. L’esercito israeliano ha persino pubblicato dei video che mostrano i suoi aerei che prendono di mira civili disarmati, ha aggiunto Al-Thawabta, e dopo che questi casi sono stati analizzati e i dati di follow-up raccolti, è stato chiaro che le persone uccise stavano tornando o uscendo dalle loro case.
Mahmoud Yassin, 20 anni, è stato quasi ucciso dopo aver cercato di tornare a casa sua nel campo profughi di Shaboura, nella città di Rafah. Si era incamminato con due vicini prendendo la strada di Mouraj. Ad un certo punto si è accorto di un aereo da ricognizione che si librava sopra di loro e si è allontanato, rimanendo indietro rispetto ai suoi compagni. Pochi secondi dopo, sono stati bersagliati da un attacco aereo, che ha ucciso all’istante entrambi i suoi compagni.
Mahmoud è fuggito, cercando rifugio tra le rovine di un edificio bombardato, dove si è nascosto fino a quando il rumore dell’aereo è scomparso. A quel punto è uscito e si è diretto verso i suoi amici per cercare di recuperare i loro corpi, ma è stato attaccato da un altro drone; l’esplosione lo ha mancato di poco, ma le schegge gli hanno lacerato la mano. È corso verso alcune case demolite e si è nascosto per oltre due ore, prima di spostarsi da un posto all’altro fino a quando è riuscito a uscire dall’area.
‘Sono usciti e non sono più tornati’
Tra i dispersi a Rafah c’è Ahmad Subaihi. Era un padre di famiglia, sulla quarantina, che si era diretto a casa sua per prendere le cose di cui avevano bisogno i suoi figli. Poi è scomparso senza lasciare traccia. Il suo amico Hazem Khalil dice che l’ultima volta che qualcuno ha visto Ahmad è stato mentre entrava nel quartiere di Al-Tannour. I suoi fratelli sono andati a cercarlo il giorno dopo, entrando nella zona nonostante il pericolo. Hanno guardato dappertutto, ma non l’hanno trovato. La famiglia si è rivolta a diverse organizzazioni, tra cui la Croce Rossa e la Protezione Civile, per raccontare della scomparsa di Ahmad, ma nessuno è stato in grado di dir loro nulla fino ad ora.
La loro storia è tutt’altro che unica – i social media gazawi sono inondati di post di persone che hanno perso figli, fratelli o altri parenti a Rafah, che si appellano a chiunque possa aiutarli a ritrovarli.
Tra questi c’è la famiglia di Abdul-Rahman Issa, del quartiere di Tel Sultan, nella parte occidentale di Rafah, che pubblica quotidianamente foto di lui, lanciando ripetuti appelli per ottenere qualsiasi informazione sulla sua sorte o sul luogo in cui si trova.
Una fonte di sicurezza ben informata (che ha voluto rimanere anonima per evitare di essere presa di mira) ritiene che ci siano diverse possibilità: gli individui scomparsi potrebbero essere stati presi di mira dai droni e i loro corpi lasciati per strada o recuperati in seguito; potrebbero essere stati arrestati, trasferiti in centri di interrogatorio e detenuti in Israele. La fonte ha inoltre spiegato come membri dell’esercito israeliano si stiano travestendo da personale della Difesa Civile, guidando ambulanze e persino nascondendosi nelle case dei civili, uscendo poi per arrestare i passanti nelle strade.
La terza ipotesi è che siano stati uccisi e che i loro corpi siano stati rubati e portati all’interno di Israele, per essere restituiti dopo che si fossero decomposti in resti irriconoscibili. La fonte spiega che questo è accaduto circa una dozzina di volte, in cui sono stati restituiti oltre 500 cadaveri, tutti in avanzato stato di decomposizione che li rendeva non identificabili.
Una quarta possibilità é che siano stati uccisi e sepolti in fosse comuni in luoghi sconosciuti – numerosi casi del genere sono stati scoperti presso gli ospedali Al-Shifa e Al Nasser e in altre aree di Khan Younis.
Il quinto scenario prevedeva che i gazawi venissero rapiti e utilizzati come scudi umani durante le incursioni nelle case e nei tunnel. La fonte afferma che alcuni civili sono stati utilizzati in questo modo e inviati a smantellare ordigni esplosivi e oggetti che si riteneva fossero stati piazzati dai combattenti della resistenza.
Mugheir lo conferma, aggiungendo che la Difesa Civile ha le prove che Israele ha utilizzato come scudi umani 200 civili arrestati all’interno di Rafah. Alcuni di loro sono stati successivamente sottoposti a esecuzioni sul campo, mentre altri sono stati arrestati e il loro destino è ancora sconosciuto.
Il dottor Fadel al-Muzaini, direttore dell’Unità per i Diritti Economici e Sociali del Centro Palestinese per i Diritti Umani, ha affermato che il totale disprezzo di Israele per tutti gli appelli internazionali a fermare i suoi crimini genocidi a Gaza è il risultato dell’immunità fornita dai paesi occidentali – oltre che della loro diretta complicità – che ha stabilito una politica di impunità.
Questa è una traduzione modificata e abbreviata dell’edizione araba. Traduzione di Rose Chacko
https://www.newarab.com/features/israel-targeting-gazans-trying-go-back-their-homes
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.