Mustafa Barghouti riflette sul futuro della lotta palestinese in un periodo di genocidio e pulizia etnica

dalla Redazione di Mondoweiss,

Mondoweiss, 7 ottobre 2024.   

In un’intervista con Mondoweiss, il Segretario Generale dell’Iniziativa Nazionale Palestinese, Mustafa Barghouti, riflette sull’importanza dell’unità nazionale palestinese, sulle sfide che la lotta palestinese deve affrontare e sul diritto alla resistenza.

Il Segretario Generale dell’Iniziativa Nazionale Palestinese, Mustafa Barghouti, in un inconto con i membri delle forze nazionali e islamiche a Gaza City il 20 marzo 2022. (Foto: Youssef Abu Watfa/APA Images)

Il dottor Mustafa Barghouti è un medico e politico palestinese, che ricopre il ruolo di Segretario Generale dell’Iniziativa Nazionale Palestinese, da lui fondata nel 2002. Barghouti è noto anche per aver fondato nel 1979 la Palestinian Medical Relief Society, che fornisce servizi medici ai palestinesi in Cisgiordania e a Gaza. Nell’ultimo anno, dopo il 7 ottobre, ha avuto un ruolo di primo piano nei media in lingua inglese e araba, emergendo come un importante sostenitore dell’unità nazionale palestinese e dell’indizione di elezioni democratiche immediate come requisito urgente per affrontare la minaccia di genocidio e pulizia etnica per i palestinesi. Nell’ultimo anno ha sostenuto con forza il diritto dei palestinesi a resistere all’occupazione e all’apartheid, a Gaza e oltre. Mondoweiss ha parlato con il Dr. Barghouti il 2 ottobre 2024, per riflettere sul genocidio in corso, iniziato un anno fa, e su cosa ha significato per la lotta palestinese.

Mondoweiss: È passato un intero anno dall’inizio del genocidio israeliano a Gaza, che ora si è esteso in una guerra regionale che coinvolge Hezbollah e, potenzialmente, l’Iran. Quando Hamas ha lanciato il suo attacco a sorpresa un anno fa, cosa le è passato per la testa? Si aspettava che la risposta israeliana sarebbe stata un genocidio come quello di cui è stato testimone?

Mustafa Barghouti: Nessuno si aspettava che la seconda brigata israeliana più grande e più forte, [la Brigata Gaza dell’esercito israeliano] sarebbe crollata come è successo il 7 ottobre. Questo ha portato a molte cose che, a mio avviso, non erano state pianificate da Hamas, come la presa di prigionieri civili israeliani. C’era un certo livello di caos. Non sapevo, ovviamente, che ci sarebbe stato un tale attacco, ma mi aspettavo una sorta di esplosione [da Gaza], a causa del fatto che Israele ignorava qualsiasi richiesta di porre fine al suo stato di assedio. Abbiamo assistito a una situazione in cui l’occupazione israeliana è continuata per 57 anni. La pulizia etnica è continuata per 76 anni. L’assedio a Gaza stava diventando insopportabile. Si parla di 17 anni di assedio a Gaza che hanno portato a una situazione in cui gli abiatanti non avevano quasi elettricità, solo poche ore al giorno, in cui il 24 percento dell’acqua era inquinata o salata, in cui l’80 percento dei giovani laureati era disoccupato e in cui c’era non solo un completo disastro economico, ma anche una totale perdita di speranza. Credo che quando il 7 ottobre abbiamo raggiunto quel momento di esplosione, sia diventato chiaro a tutti i palestinesi che Israele non aveva alcun piano per una risoluzione pacifica di questa situazione insopportabile.

L’attuale governo israeliano è un governo fascista, con persone come [il Ministro delle Finanze Bezalel] Smotrich e [il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar] Ben-Gvir, che sono essi stessi coloni e sono stati precedentemente accusati dal sistema giudiziario israeliano di essere membri di gruppi terroristici. Hanno dichiarato apertamente che il piano israeliano è quello di riempire la Cisgiordania di coloni e insediamenti, in modo che i Palestinesi perdano la speranza di un proprio stato e debbano scegliere tra andarsene, che è una pulizia etnica, vivere una vita di sottomissione, che è un apartheid, o morire, che è un genocidio. In realtà, questa è una politica israeliana ufficialmente dichiarata. Quindi, ovviamente, la gente si aspettava una sorta di reazione per uscir fuori da una situazione terribile in cui Israele stava letteralmente sopprimendo la causa palestinese. Netanyahu è stato molto chiaro sui suoi piani. Ha dichiarato che l’obiettivo della normalizzazione con i paesi arabi era quello di liquidare la causa palestinese. 

E se volete un altro motivo, solo due settimane prima del 7 ottobre, Netanyahu è apparso davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e ha mostrato una mappa di Israele che includeva tutta la Cisgiordania, tutta la Striscia di Gaza, tutte le alture del Golan e una mappa del nuovo Medio Oriente che sta cercando di costruire, come ha detto, per i 50 anni a venire.

Arriviamo velocemente ad oggi. Israele ha annunciato di aver iniziato un’invasione di terra “limitata” nel Libano meridionale. Allo stesso tempo, i combattimenti a Gaza si sono per ora placati, ma gli attacchi aerei e i massacri contro la popolazione civile continuano regolarmente, e la probabilità di un cessate il fuoco sembra ora più lontana che mai. Dove pensa che stiano andando le cose, sia a Gaza che in termini di escalation regionale?

Prima di tutto, bisogna capire che Israele non ha realmente ridotto le sue operazioni a Gaza. Continuano, forse in misura minore rispetto a prima, ma hanno già distrutto quasi l’80 percento di tutte le case di Gaza, parzialmente o completamente. Hanno distrutto tutte le università. Hanno distrutto la maggior parte delle scuole. Hanno distrutto 34 ospedali su 36. Hanno schiacciato più di 1,7 milioni di persone in un’area che non supera le 12 miglia quadrate. In media, ogni giorno vengono uccise dalle 50 alle 100 persone. 

E allo stesso tempo, stanno invadendo il Libano. Non credo a quello che dicono, cioè che Israele farà un’operazione limitata in Libano. A mio parere, cercheranno di condurre un’operazione militare di terra che entrerà da due direzioni; una in direzione del fiume Litani, cercando di spingere tutti da sud a nord del fiume, e forse oltre; e allo stesso tempo, un altro fianco dell’operazione militare israeliana andrà nella Valle della Beqaa, cercando di tagliare ogni contatto tra Siria e Libano.

A mio parere, Israele sta pianificando di occupare completamente il sud del Libano, e forse anche di più, per un periodo molto lungo e in modo permanente. L’unica cosa che li fermerà è la quantità di perdite che subiranno a causa dei combattimenti di Hezbollah. Nient’altro li fermerà.

Questo solleva una domanda: quando Biden, il Presidente della Francia e altri leader occidentali dicono che Israele ha il diritto di difendersi, significa che il diritto di autodifesa include l’invasione di altri paesi, il bombardamento di altre capitali e l’occupazione della terra di altri popoli? E se Israele ha il diritto di difendersi, hanno il diritto di difendersi anche i Palestinesi, soprattutto perché sono sotto occupazione? Quello che vediamo qui è un orribile doppio standard. È scioccante vedere la Francia dichiarare di aver partecipato alla difesa di Israele dai razzi iraniani, insieme agli Stati Uniti e ad altri paesi regionali. Qualcuno di loro ha preso in considerazione la possibilità di partecipare alla protezione di civili palestinesi innocenti, dove 51.000 palestinesi sono già stati uccisi, compresi i 10.000 che sono ancora dispersi sotto le macerie? Il numero di palestinesi uccisi dopo questa guerra a Gaza supererà probabilmente i 100.000, se includiamo quelli che moriranno a causa di malattie e i feriti che moriranno per mancanza di cure mediche.

L’Iran ha già lanciato un attacco missilistico senza precedenti contro Israele, ma ha attaccato solo installazioni militari. L’aspetto interessante è che sia Hezbollah che Hamas stanno attaccando solo installazioni militari, mentre Israele sta bombardando una popolazione civile.

Pensa quindi che questa situazione possa degenerare in una guerra regionale se Israele non è disposto a ritirarsi dal Libano meridionale, se ha intenzione di occuparlo? 

Assolutamente sì. Penso che sia esattamente ciò che Netanyahu vuole. Vuole trascinare la regione in una guerra. Vuole trascinare gli Stati Uniti, o forse ha già un piano congiunto con gli Stati Uniti, perché non credo che Biden abbia bisogno di essere trascinato. È già coinvolto. È complice di questo genocidio. Penso che stia cercando di coinvolgere gli Stati Uniti nella guerra, affinché attacchino o partecipino all’attacco dell’Iran. Credo che questo sia uno dei suoi obiettivi principali: distruggere le capacità nucleari dell’Iran. 

E qual è il posto di Gaza in tutto questo?

A mio avviso, il piano originale di Netanyahu era di fare pulizia etnica a Gaza. E non l’ha nascosto. L’ha detto nel secondo giorno di guerra, l’8 ottobre. Il suo portavoce militare, Richard Hecht, ha dichiarato che tutti i gazawi devono essere sfrattati nel Sinai. Hanno fallito. Hanno fallito grazie alla fermezza e all’eroismo del popolo palestinese a Gaza, ma anche perché l’Egitto non ha collaborato. L’Egitto si è reso conto che se i palestinesi fossero stati spinti nel Sinai, sarebbe stato un grande disastro per la sicurezza dell’Egitto e avrebbe minacciato la sua sicurezza nazionale. Poiché Netanyahu non poteva condurre una pulizia etnica completa, sta conducendo un genocidio a Gaza.

Ma il suo obiettivo finale, credo, una volta che avrà finito con il Libano, sarà quello di cercare di sfrattare tutti dal nord di Gaza per annetterlo a Israele. Questo sarebbe il piano B all’annessione completa della Striscia o alla pulizia etnica totale della popolazione di Gaza. Ma questo non significa che avrà necessariamente successo. 

E il resto di Gaza continuerebbe trovarsi di fronte a una guerra a ‘bassa intensità’ in questo caso?

Continuerà. Netanyahu ha già dichiarato che continuerà l’occupazione israeliana di Gaza. Vuole creare una sorta di struttura civile di collaboratori che lavorino sotto l’occupazione israeliana, come hanno cercato di fare con le Leghe di Villaggio in Cisgiordania durante gli anni ’80.

Facciamo un passo indietro. I palestinesi soffrono di una profonda frammentazione politica, forse oggi più che mai. Di recente, a Pechino, ci sono stati dei colloqui per raggiungere l’unità nazionale. Qual è il significato di questi colloqui e pensa che ne uscirà qualcosa? 

Qualcosa ne uscirà se l’Autorità Palestinese accetterà di attuarli. Finora non l’ha fatto. 

Naturalmente, questi colloqui sono stati significativi, sia a Mosca che a Pechino. Ho redatto personalmente, in collaborazione con altri, entrambi gli accordi e l’accordo di Pechino era il più chiaro, più dettagliato. Includeva tre passi molto specifici [verso l’unità nazionale]. Il primo è la formazione di un governo di consenso nazionale unificato, che sarebbe responsabile sia della Cisgiordania che di Gaza, garantendo la loro unità e impedendo il piano di Netanyahu di separare l’una dall’altra le due entità. Il secondo passo richiederebbe una riunione della cosiddetta leadership palestinese ad interim, o leadership unificata, secondo il nostro precedente accordo al Cairo nel 2011. E il terzo passo comporterebbe la riunione di tutti i leader delle fazioni palestinesi per redigere un piano di attuazione di tutte queste decisioni.

L’accordo stabilisce che il Presidente [dell’AP] dovrebbe avviare consultazioni immediate per formare un governo di consenso nazionale, ma purtroppo non lo ha fatto. Finora, l’Autorità Palestinese non si è mossa in questa direzione. Finché non lo farà, questo accordo rimarrà sulla carta.

Lei ha sostenuto molto pubblicamente la resistenza a Gaza e in tutta la Palestina, e il ruolo che ha svolto nei media nell’ultimo anno è stato quello di sviluppare un discorso che sostiene la resistenza. Tuttavia, visto il genocidio a Gaza, è stato sottolineato dall’Autorità Palestinese e dai suoi sostenitori che la resistenza, in particolare la resistenza armata, porterà solo alla nostra distruzione e servirà da scusa a Israele per il genocidio e la pulizia etnica. Come risponde a questo? 

Coloro che si oppongono alla resistenza armata si oppongono a qualsiasi forma di resistenza, non solo alla resistenza armata. Si oppongono anche alla resistenza pacifica e non violenta. Lei mi conosce, sono stato un sostenitore e un attivista della resistenza non violenta per tutta la vita. Ma dico quello che dice il diritto internazionale. Difendo il diritto delle persone sotto occupazione a resistere in tutte le forme. Il diritto internazionale dice che le persone sotto occupazione militare, ovunque si trovino, hanno il diritto di resistere all’occupazione in tutte le forme, comprese quelle militari, purché rispettino il diritto umanitario internazionale. 

Israele non sta arrestando solo le persone impegnate nella resistenza armata. Sta arrestando anche persone che si impegnano nella resistenza verbale e in altri tipi di resistenza pacifica. 

Tra l’altro, Hamas si è attenuto alla resistenza non violenta per almeno cinque anni, tra il 2014 e il 2019. La risposta israeliana è stata una grave violenza contro le marce pacifiche organizzate a Gaza e in Cisgiordania.

È molto importante, soprattutto per i più giovani, capire che l’oppressore, il colonizzatore, l’aggressore, cerca sempre di impedire alle persone oppresse il diritto di resistere all’ingiustizia. Frantz Fanon ha parlato del diritto delle persone oppresse di praticare la violenza contro la violenza dell’oppressore, ma quello che vediamo qui è una situazione ancora peggiore, in cui l’oppressore cerca di impedire ai Palestinesi di resistere in qualsiasi forma. Se ti impegni nella resistenza militare, ti accuseranno di terrorismo. Se fai resistenza pacifica, ti accuseranno comunque di violenza. Se fai resistenza verbale, ti accuseranno di provocazione o incitamento. Se sei uno straniero che sostiene la causa palestinese, sarai accusato di antisemitismo, e se sei un ebreo che sostiene i diritti dei palestinesi, sarai definito un ebreo che odia se stesso. 

Si tratta di un’intera batteria di slogan ideologici e tattici che vengono utilizzati dall’establishment israeliano per negare al popolo il diritto di resistere. È solo un altro modo per disumanizzare i Palestinesi. Il 7 ottobre, la prima linea israeliana è stata quella di disumanizzare Hamas e immediatamente disumanizzare i palestinesi in generale. Ecco perché Gallant ci ha definito animali umani. L’obiettivo è giustificare l’uccisione di civili e di bambini. Perché, per loro, non siamo esseri umani.

Quindi la sua risposta ad alcune critiche da parte dei palestinesi è che Israele non ha bisogno di una scusa per portare avanti ciò che sta facendo.

Certo che no. Il peggior crimine al mondo è incolpare la vittima. È assolutamente inaccettabile incolpare la vittima per ciò che l’aggressore le sta facendo.

E riguardo alla questione dell’unità nazionale: supponiamo che domani l’Autorità Palestinese accetti una sorta di governo di unità. Cosa significa questo governo di unità quando c’è un disaccordo fondamentale non solo su come resistere all’occupazione israeliana, ma anche sull’opportunità di resistere?

Ovviamente, questo è un problema importante. Ma a mio avviso, le due cause principali della divisione interna palestinese sono le seguenti. 

Primo, il disaccordo sul programma. L’Autorità Palestinese e, in larga misura, i partiti del Comitato Esecutivo dell’OLP, credevano in Oslo, non solo come accordo, ma come approccio generale, il che significa che credevano che il problema potesse essere risolto attraverso i negoziati con la parte israeliana, anche quando abbiamo uno squilibrio di potere gravemente sbilanciato a favore di Israele. Questa linea credeva in due illusioni: la prima illusione era che il movimento sionista e l’establishment di Israele fossero pronti per un compromesso con i palestinesi: la realtà ha dimostrato che non sono pronti per questo, come si è visto quando la Knesset israeliana ha deciso di non permettere uno stato palestinese. In secondo luogo, credo che l’intera idea di un compromesso sia stata demolita quando la Knesset israeliana ha approvato la Legge sullo Stato-Nazione, in cui si afferma che l’autodeterminazione nella terra della Palestina storica è esclusiva del popolo ebraico.

Quindi la linea di Oslo è fallita e Israele l’ha uccisa. E l’approccio che credeva in un compromesso è fallito. L’altra illusione in cui questo approccio credeva era che gli Stati Uniti potessero mediare tra i palestinesi e Israele. Anche questo è fallito perché gli Stati Uniti sono del tutto faziosi riguardo a Israele.

Poiché questa linea è fallita, la causa ‘programma’ della divisione interna è finita. Non c’è più. 

La seconda causa di divisione interna è stata la competizione sull’autorità tra Fatah e Hamas. Siamo onesti e ammettiamolo. Hamas gestiva Gaza. Fatah gestiva la Cisgiordania. Oggi non esiste più un’Autorità. Gaza è occupata e la Cisgiordania è completamente occupata. Quindi non c’è motivo di competere per un’Autorità che non esiste – è un’Autorità senza autorità.

Ma c’è ancora un disaccordo fondamentale sulla strategia. Non tanto sulla resistenza, quanto sull’idea di resistenza. 

Assolutamente sì, perché alcune persone sono ancora ferme a credere in Oslo, e sognano ancora di riportare indietro ciò che è stato perso. Ma sono una minoranza molto piccola. Ecco perché diciamo che la strada verso l’unità inizia con due fasi. La fase intermedia consiste nel trovare un modo per raggiungere un compromesso e creare una sorta di leadership unificata provvisoria, perché la crisi in cui ci troviamo non può aspettare e i rischi che corriamo sono troppo grandi. E la seconda fase è quella di portare a libere elezioni democratiche che includano i palestinesi in Palestina e fuori dalla Palestina. Solo allora il popolo deciderà democraticamente quale strategia adottare.

Naturalmente, devo dire che se ci fossero state le elezioni nel 2021, forse non avremmo avuto questa guerra. 

Si riferisce a quando il presidente in carica dell’Autorità Palestinese ha annullato le elezioni usando Gerusalemme come scusa? La scusa era che i palestinesi di Gerusalemme non sarebbero stati autorizzati a partecipare dagli israeliani perché in possesso di documenti di residenza permanente israeliani, giusto? 

Esattamente. Era una scusa, perché quando ci siamo incontrati con tutte le fazioni palestinesi in Egitto, avevamo un piano per aggirare questo problema, e tutti erano d’accordo con questo piano. Avremmo condotto le elezioni a Gerusalemme senza il permesso di Israele, senza dare a Israele il potere di veto sulle nostre elezioni, e il nostro piano prevedeva di distribuire 150 urne elettorali in tutta Gerusalemme, e di avere 20 telecamere per monitorare ogni urna. E lasciare che Israele cercasse di fermarci. Sono sicuro che se avessimo avuto questo sistema, il numero di giovani palestinesi che avrebbero votato sarebbe stato molto più grande del numero di palestinesi che avrebbero votato in conformità con gli accordi di Oslo a Gerusalemme – perché sarebbe stato un atto di sfida e di resistenza contro le autorità israeliane. Ma purtroppo le elezioni sono state annullate. Se ci fossero state le elezioni, nessun partito avrebbe avuto la maggioranza assoluta. E tra l’altro, questo vale anche per la situazione odierna, secondo tutti i sondaggi.

Perché ora abbiamo un sistema completamente proporzionale. Se avessimo avuto un governo pluralista, un sistema pluralista, credo che si sarebbe creata una situazione in cui il blocco o l’assedio di Gaza sarebbe stato probabilmente interrotto. E forse non ci sarebbe stata questa guerra.

Molti hanno detto che la Cisgiordania non ha svolto un ruolo importante nel sostenere Gaza e nel resistere all’occupazione. La gente a Gaza sperava che ci sarebbe stata un’intifada popolare che sarebbe servita come un altro fronte nella guerra. Qual è la sua valutazione del ruolo della Cisgiordania e cosa pensa che stia ostacolando un suo ruolo più attivo nella resistenza? 

Non sono mai stato d’accordo, e non mi piace affatto, qualsiasi approccio che separi la Cisgiordania da Gaza e Gerusalemme dalla Cisgiordania. Guardi, c’è stato un periodo in cui la maggior parte delle attività di resistenza si svolgevano qui in Cisgiordania. E la gente gridava: “Dov’è Gaza? Perché Gaza non fa nulla?”. C’è stato un periodo nel 2021 in cui la maggior parte del centro della lotta palestinese era a Gerusalemme, fino a che Gaza ha preso l’iniziativa. Quindi non sono d’accordo con questo tipo di separazione. Penso che la Cisgiordania stia vivendo un nuovo tipo di Intifada dal 2015.

La gente è obbligata a resistere a causa dell’espansione degli insediamenti israeliani, a causa di ciò che Israele sta cercando di fare. E sfido coloro che dicono che la Cisgiordania non sta partecipando, perché l’esercito israeliano non può entrare in nessuna città, in nessun villaggio, in nessun paese, in nessun campo senza dover affrontare una crescente resistenza popolare. Ma le condizioni sono diverse in Cisgiordania – in termini di presenza dell’esercito israeliano e in termini di numero di persone arrestate. Stiamo parlando di 11.000 persone finora. E ha anche a che fare con il comportamento passivo, negativo e non costruttivo dell’Autorità Palestinese.

Dobbiamo capire che gli obiettivi della lotta sono molteplici. In questo senso, il primo obiettivo della lotta palestinese oggi è quello di rimanere in Palestina, di essere saldi e di rimanere. Il fatto che il numero di palestinesi rimasti in Palestina, anche dopo lo spostamento forzato del 70% del popolo palestinese, sia oggi maggiore del numero di ebrei israeliani, è il più grande dilemma e la più grande falla del movimento sionista. Ecco perché ritengo che la questione della permanenza in Palestina sia molto importante. 

E non si tratta solo di rimanere. Le persone qui, la presenza demografica, non sarebbe stata così efficace se non avessimo resistito. Quindi la prima linea è che le persone devono rimanere. La seconda linea è che devono resistere all’ingiustizia, all’occupazione e all’apartheid. Ed è per questo che non biasimo le persone del 1948 se non sono così attive sotto il sistema fascista. Purché restino in Palestina in modo determinato. 

La Cisgiordania è il prossimo obiettivo israeliano dopo Gaza? 

La Cisgiordania è l’obiettivo principale prima di Gaza. Gaza sta accadendo a causa della Cisgiordania. Netanyahu vuole annettere la Cisgiordania. E non solo Netanyahu e il suo governo, ma l’establishment sionista nel suo complesso. Ma non possono annettere la Cisgiordania con tutte queste persone. Ecco perché stanno combinando l’espansione degli insediamenti e l’annessione graduale con lo sfollamento dei palestinesi, sia con la forza che creando condizioni sociali ed economiche difficili. Ed è per questo che dobbiamo capire che l’obiettivo principale di tutto questo attacco è la Cisgiordania, compresa, ovviamente, Gerusalemme.

Netanyahu dice apertamente che sta correggendo l’errore di Ben-Gurion – che non ha sfollato i palestinesi rimasti nel 1948 e non ha occupato la Cisgiordania e Gaza ed espulso la sua popolazione. 

Netanyahu pensa anche di correggere l’errore di Rabin, che aveva preso in considerazione la possibilità, o il potenziale, di un tipo limitato di autogoverno palestinese.

E terzo, pensa di correggere l’errore di Sharon, che ha dovuto ritirarsi da Gaza [nel 2005]. Questa è la mentalità di Netanyahu: crede in se stesso come il più grande leader sionista dopo Jabotinsky. Il suo obiettivo principale è l’annessione totale di tutta la Palestina – e oltre. L’ha detto anche Trump: ha appena scoperto che Israele è molto piccolo e deve espandersi.

Pensa che ci sia spazio per la speranza in mezzo a tutta questa disperazione?

Sì, c’è una grande quantità di speranza. C’è speranza nella resilienza delle persone. C’è speranza nella resistenza delle persone. Credo nelle giovani generazioni in Palestina. Penso che stiano mostrando fantastici modelli di resilienza e resistenza. Non parlo solo di resistenza militare o di resistenza civile. Parlo anche di questo fantastico movimento tra le giovani generazioni palestinesi in tutto il mondo, soprattutto in paesi come gli Stati Uniti e l’Europa, dove c’è un’intera nuova generazione di palestinesi rigenerati e rivitalizzati. 

Penso che il 7 ottobre abbia rigenerato ovunque un’intera generazione palestinese. E credo che questo apra la strada a un nuovo tipo di unità palestinese intorno a un progetto unificato che includa tutti i palestinesi, ovunque essi vivano, sia in Palestina che fuori dalla Palestina.

https://mondoweiss.net/2024/10/mustafa-barghouti-reflects-on-the-future-of-the-palestinian-struggle-in-a-time-of-genocide-and-ethnic-cleansing/

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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