di Fayha Shalash,
Middle East Eye, 5 ottobre 2024.
Con l’attenzione del mondo concentrata su Gaza, i coloni – spesso aiutati dall’esercito israeliano – stanno espropriando con la violenza i palestinesi delle loro terre ancestrali.

Hussein Khasib vive continuamente nella paura, sapendo che lui e la sua famiglia potrebbero essere i prossimi bersagli.
Nell’ultimo anno, mentre l’attenzione del mondo si è concentrata sulla guerra a Gaza, molti residenti di Umm Safa – un pittoresco villaggio a soli 12 chilometri a nord di Ramallah – sono stati cacciati dalle loro case da coloni armati, spesso aiutati dall’esercito israeliano .
La violenza dei coloni non è un fenomeno nuovo nella Cisgiordania occupata, dove ampie porzioni di territorio sono sotto il controllo civile e militare di Israele. Ma da quando è scoppiata la guerra a Gaza, le confische di terre e gli attacchi violenti volti a costringere i palestinesi ad abbandonare le loro case hanno avuto un’impennata. Gli attacchi hanno coinciso con ampie restrizioni di movimento che hanno negato ai palestinesi l’accesso a città, paesi e villaggi.
Negli ultimi mesi, i coloni – incoraggiati dall’elezione al parlamento di figure di estrema destra del movimento di insediamento – hanno iniziato a spianare le colline al-Shami e Ras vicino a Umm Safa, con l’obiettivo di trasformare l’area in un avamposto di insediamento.
I residenti hanno raccontato a Middle East Eye che quando si sono rivolti alle autorità israeliane per chiedere aiuto, sono stati respinti ed è stato detto loro di tornare con i documenti che provano la loro proprietà legale delle terre. Dopo una ricerca approfondita, hanno presentato documenti risalenti a centinaia di anni fa, all’epoca ottomana, dimostrando di essere, in effetti, i proprietari legali.
“Ci siamo rivolti all’amministrazione civile israeliana, sperando che impedisse ai coloni di confiscare le nostre terre. Alla fine, loro [i funzionari israeliani] ci hanno detto che le terre erano proprietà dello Stato e che non potevamo usarle”, ha detto Khasib a MEE.
Nel 1995, l’Accordo di Oslo ha diviso la Cisgiordania in tre zone conosciute come Aree A, B e C.
L’Area C, che comprende circa il 60% della Cisgiordania, doveva essere “gradualmente trasferita sotto la giurisdizione palestinese”. Ma dopo un processo di pace fallito, in cui Israele ha rifiutato di porre fine alla sua occupazione e di ritirarsi militarmente, l’area rimane sotto il pieno controllo militare e civile israeliano.
Khasib ha raccontato a MEE che i terreni attualmente in fase di livellamento si trovano a soli 15 metri da casa sua. Da quando i coloni hanno iniziato i lavori di costruzione, lui e i suoi fratelli hanno ricevuto avvisi di demolizione delle loro case.
“Ogni giorno viviamo in un inferno”, ha detto Khasib sconvolto. “Non dormiamo la notte perché non si accontentano di demolire [il terreno], ma attaccano anche le nostre case. Vogliono che ce ne andiamo per poter conquistare l’intera zona”.
Approfittare della guerra
Secondo il consiglio del villaggio di Umm Safa, i coloni israeliani hanno cercato di collegare tra loro gli insediamenti di Halamish (Neve Tzuf) e Ateret, che sono stati creati dopo che centinaia di Palestinesi erano stati sfrattati dalle loro terre ancestrali.
Circa 60 ettari di terra del villaggio sono stati confiscati negli anni ’90 per costruire la strada principale che conduce agli insediamenti.
Attualmente, a Umm Safa sono rimasti solo 720 palestinesi, molti dei quali non hanno una terra per costruire nuove case. Nel frattempo, Israele ha chiuso le entrate orientali e occidentali del villaggio, limitando fortemente i movimenti civili e commerciali.
Secondo i residenti, i gruppi per i diritti umani e gli esperti, la situazione a Umm Safa non è nuova e fa parte di una spinta più ampia da parte dei coloni e del governo israeliano a sfruttare la guerra a Gaza per aumentare la pressione sulle comunità palestinesi affinché fuggano.
All’inizio di quest’anno, le autorità israeliane hanno approvato il sequestro di 12,7 chilometri quadrati di terra nella Valle del Giordano. Si tratta della più grande appropriazione singola approvata, a partire dagli Accordi di Oslo del 1993.

Molti dei 700.000 israeliani che vivono illegalmente a Gerusalemme Est occupata e in Cisgiordania sono motivati da quella che considerano una missione religiosa per restituire al popolo ebraico la terra storica di Israele.
Secondo Peace Now, un gruppo israeliano che sostiene la soluzione dei due Stati e la fine dell’occupazione israeliana delle terre palestinesi, il governo israeliano “ha stanziato milioni di dollari per proteggere le piccole aziende agricole ebraiche senza licenza” in Cisgiordania e “per proteggere i piccoli avamposti di insediamento, con l’obiettivo di svilupparli fino a farli diventare insediamenti a tutti gli effetti”.
Documenti rivelati a luglio hanno mostrato che il governo israeliano pro-coloni ha segretamente versato denaro agli avamposti non autorizzati, che sono una cosa diversa dagli oltre 100 insediamenti ufficialmente riconosciuti. Alcuni di questi avamposti sono responsabili della violenza dei coloni contro i palestinesi e sono sanzionati dagli Stati Uniti.
L’anno scorso, il Ministero degli Insediamenti e delle Missioni Nazionali, guidato da Orit Strock, un politico di estrema destra affiliato al partito Jewish Home, ha annunciato che 75 milioni di shekel (19,7 milioni di dollari) erano stati stanziati nel bilancio per fornire “attrezzature di sicurezza per gli insediamenti emergenti”, un termine usato per riferirsi alle fattorie ebraiche non autorizzate e agli avamposti di insediamento in Cisgiordania.
Questa sovvenzione per l’espansione degli insediamenti ha coinciso con un forte aumento della violenza da parte dei coloni contro uomini, donne e bambini palestinesi. Secondo i dati della Commissione di Resistenza al Muro e agli Insediamenti, durante la prima metà di quest’anno, i coloni hanno compiuto almeno 1.334 attacchi contro i Palestinesi in tutta la Cisgiordania e hanno ucciso almeno sette Palestinesi.
Nello stesso periodo, i coloni hanno creato almeno 28 avamposti di insediamento, compresi quelli pastorali e agricoli, mentre il Governo israeliano ha condotto studi su 83 piani strutturali che comprendevano 13.730 unità di insediamento, di cui 8.511 in Cisgiordania e 6.723 a Gerusalemme.
La comunità internazionale deve intervenire
La Valle del Giordano, nella parte orientale della Cisgiordania, è emersa come una delle aree più soggette all’espansione degli insediamenti e alla violenza dei coloni, con le organizzazioni per i diritti umani che registrano attacchi quasi quotidiani contro i palestinesi.
Hassan Malihat, supervisore generale dell’Organizzazione al-Baidar per la Difesa dei Diritti dei Beduini, ha detto a MEE che Israele ha incoraggiato i coloni che cercano di controllare la Valle del Giordano, permettendo loro di stabilire insediamenti pastorali. Ha detto che i beduini sono stati regolarmente presi di mira dalle bande di coloni che rubano il bestiame, aggrediscono i bambini palestinesi e lanciano attacchi alle case e alle scuole, compresi gli incendi dolosi.
“Il terrorismo portato avanti dalle milizie dei coloni è il motivo per cui molte comunità beduine sono state sfollate con la forza”, ha detto a MEE. Secondo Malihat, almeno 3.000 attacchi sono stati condotti contro le comunità beduine dopo il 7 ottobre, che hanno portato almeno 40 comunità beduine a fuggire dalle loro case.
“La popolazione locale soffre per l’assenza di qualsiasi protezione legale, poiché l’esercito israeliano sostiene i coloni in questi attacchi che non sono individuali o casuali. La responsabilità è ora della comunità internazionale, che deve intervenire e proteggere i diritti delle persone, affinché possano rimanere nelle loro terre”, ha aggiunto.
Secondo altri, la nascita di insediamenti pastorali è emersa come una nuova tattica volta ad espellere i Palestinesi.
Jamal Juma, esperto di insediamenti e coordinatore della campagna Stop the Wall, ha detto a MEE che dopo che Israele si è reso conto dell’efficacia della creazione di nuovi insediamenti nella Valle del Giordano e vicino alle comunità beduine, sono state sviluppate nuove tattiche per sconvolgere la vita nei villaggi palestinesi.
Secondo Juma, dal 2018 sono stati creati almeno 115 avamposti pastorali. Molti sono sorti nell’area della Valle del Giordano e poi si sono estesi a villaggi più lontani.
“Questi avamposti isolano completamente i residenti dalle loro coltivazioni, quindi non osano andarci sotto la minaccia di attacchi da parte di coloni pesantemente armati e dell’esercito israeliano”, ha detto.
Le terre sono facilmente controllate in questo modo, senza ordini di confisca, ordini militari o decisioni del tribunale israeliano, e si estendono dalle montagne di Ramallah fino alla Valle del Giordano.
“Guardando una mappa dell’Area C, i Palestinesi ne sono sconvolti”, ha detto. “C’è un continuo impoverimento delle comunità palestinesi, che vengono assediate da avamposti di insediamento per costringerle ad andarsene”.
Fayha Shalash scrive da Umm Safa, Cisgiordania occupata.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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