Guerra a Gaza: l’assalto di Israele ricorda gli orrori del genocidio bosniaco

di Refik Hodzic,

Middle East Eye, 13 giugno 2024.   

Le vittime del genocidio bosniaco e di altre atrocità globali hanno il dovere di parlare contro questo continuo attacco all’umanità intera.

Kada Hotic tocca una lapide nel cimitero commemorativo di Srebrenica, in Bosnia-Erzegovina. 14 maggio 2024 (Reuters)

Era chiaro fin dall’inizio: l’annientamento di Gaza scatenato da Israele, nominalmente in risposta alle atrocità di Hamas del 7 ottobre, è stato genocida nelle intenzioni, nella condotta e negli esiti.

Per me, gli elementi chiave del genocidio erano evidenti già poche settimane dopo la campagna distruttiva di Israele. La maggior parte degli esperti di diritto internazionale che conosco erano, all’epoca, ancora riluttanti a qualificare le azioni di Israele come non rientranti nel diritto all’autodifesa.

Oggi, la maggior parte di loro non ha più dubbi. Il Sudafrica e diversi altri paesi hanno presentato alla Corte Internazionale di Giustizia un caso devastante, secondo cui i crimini di Israele costituiscono effettivamente un genocidio, mentre alti funzionari israeliani rischiano di essere perseguiti dalla Corte Penale Internazionale.

Le mie valutazioni della situazione si basano non solo su più di 25 anni di esperienza lavorativa in vari contesti in cui si sono verificati genocidi, ma soprattutto sul destino toccato alla mia gente.

Come bosniaci, anche noi abbiamo sofferto e siamo sopravvissuti a una campagna che ha cercato di cancellarci da terre rivendicate da altri.

Chiaramente, i contesti in cui sono stati commessi questi crimini sono diversi. I conflitti hanno cause storiche e profonde diverse, ma ci sono molti punti in comune, soprattutto per quanto riguarda certe caratteristiche dei crimini commessi sia in Bosnia che a Gaza.

Fin dall’inizio, gli stessi argomenti usati per giustificare la violenza sui bosniaci sono stati usati contro i palestinesi di Gaza. I palestinesi hanno cessato di essere esseri umani; i bambini hanno cessato di essere bambini; sono diventati tutti “Hamas”.

Fosse comuni

Come minimo, i palestinesi erano considerati una minaccia per la sicurezza da eliminare. Nel peggiore dei casi – come chiaramente espresso da personaggi come il Primo Ministro e il Ministro della Difesa israeliani – erano Amalek, animali umani per i quali non ci sarebbe stata alcuna pietà.

Mentre il mondo guardava, migliaia e migliaia di civili venivano indiscriminatamente uccisi e mutilati da armi precise e ad alta tecnologia, in gran parte fornite dagli Stati Uniti e da altri paesi occidentali. Interi isolati di città sono stati ridotti in polvere con le persone ancora all’interno; tombe comuni sono state portate alla luce sotto le macerie degli ospedali; molti bambini sono morti di fame sotto un assedio spietato.

Le immagini di decine di uomini palestinesi, fatti spogliare e inginocchiare a testa bassa sotto la minaccia delle armi, mi hanno riportato alla mente i campi di concentramento di Omarska e Keraterm, dove gli uomini della mia città natale, Prijedor, venivano portati per essere torturati e uccisi durante gli “interrogatori”, dopo essere stati accusati dalle forze serbo-bosniache di essere “jihadisti, terroristi, mujahidin”.

I video di celebrazioni gioiose di atrocità di massa filmate dai soldati israeliani nelle case palestinesi che stavano per demolire, si sono mescolati sui nostri social media con quelli dei leader israeliani che giustificavano la carneficina a Gaza sostenendo che non c’erano innocenti; che i palestinesi avevano votato Hamas al potere, quindi erano tutti terroristi – se non oggi, allora domani.

Noi bosniaci conosciamo fin troppo bene questo linguaggio.

Da quei primi giorni, i paralleli tra il genocidio bosniaco e Gaza si sono acuiti e sono diventati più evidenti. Terrorizzare i civili per costringerli alla sottomissione, creare “zone sicure” che poi diventano campi di sterminio, attaccare ospedali, scuole e convogli umanitari: abbiamo visto tutto questo negli anni Novanta.

A Srebrenica, che era sotto assedio durante la guerra di Bosnia, i serbi di Bosnia hanno giustificato il genocidio sostenendo di essersi vendicati degli attacchi dell’esercito bosniaco provenienti dall’enclave. Questo tipo di manipolazione psicologica e di negazione del genocidio continua ancora oggi.

Radovan Karadzic, il leader serbo-bosniaco condannato per genocidio e icona dell’estrema destra islamofoba in Occidente, non ha mai perso l’occasione di dipingere la sua impresa genocida come una sorta di guerra santa, per difendere la civiltà occidentale dalle “orde islamiste”, una moderna reincarnazione dei turchi ottomani.

Ma la frase che parla di “una guerra che ha lo scopo, davvero, di salvare la civiltà occidentale… [da] un impero del male” non appartiene a Karadzic, bensì a Isaac Herzog, il presidente di Israele. È allarmante che questo messaggio abbia oggi un pubblico numeroso e potente in Occidente, come dimostra il modo in cui vengono affrontate le proteste contro i crimini di Israele, dalle strade delle città tedesche ai campus delle università americane.

Danno permanente

I parallelismi tra Gaza e il genocidio bosniaco non si esauriscono nell’analisi della disumanizzazione, della fabbricazione del consenso, degli elementi del crimine e dei metodi di attuazione. Essi comprendono anche le motivazioni: infliggere alla comunità bersaglio un danno tale da non poter più riprendersi, consentire la presa di possesso permanente del territorio occupato.

Nel determinare che a Srebrenica si è verificato un genocidio, i giudici del Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY) hanno stabilito che “le forze serbo-bosniache erano consapevoli, quando si sono imbarcate in questa impresa genocida, che il danno che causavano avrebbe continuato ad affliggere i musulmani bosniaci”.

I leader politici israeliani, e l’ampia fetta di pubblico che sostiene le loro azioni a Gaza, non tentano nemmeno di nascondere lo stesso intento di garantire che il danno subito dai palestinesi di Gaza sia tale da non poterne guarire nel prossimo futuro, se non mai.

Il livello di distruzione, le ferite e i traumi inflitti a tutti i gazawi lo testimoniano. Il titolo inquietante di un rapporto del Carnegie Endowment lo coglie al meglio: “A Gaza potrebbe non esserci un giorno dopo”. Nessun genocidio viene perpetrato senza l’obiettivo finale di eliminare definitivamente un gruppo da una certa area in tutte le sue manifestazioni – politiche, economiche, culturali e, in ultima analisi, fisiche e biologiche.

In Bosnia, Karadzic non è riuscito nella sua impresa, almeno non del tutto. I bambini bosniaci musulmani nascono ancora a Srebrenica. Le vittime del genocidio sono commemorate nel Srebrenica Memorial Center, che custodisce le loro memorie e la verità sul genocidio di Srebrenica. Ma la popolazione bosniaca musulmana della zona è solo una frazione di quella che era prima del genocidio. Il tempo ci dirà se si riprenderà mai, o se l’eredità velenosa di Karadzic prevarrà.

Nel cogliere l’essenza di ciò che distingue il genocidio da altri crimini, i giudici del Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY) hanno affermato che “coloro che concepiscono e attuano il genocidio cercano di privare l’umanità della molteplice ricchezza offerta dalle sue nazionalità, razze, etnie e religioni. Si tratta di un crimine contro tutti gli esseri umani, il cui danno viene avvertito non solo dal gruppo che si vuole distruggere, ma da tutta l’umanità”.

Questa umanità ha impiegato quasi 30 anni per riconoscere le vittime del genocidio di Srebrenica in una risoluzione delle Nazioni Unite adottata a maggio. Mentre scrivo, la stessa umanità è incapace di fermare la campagna genocida di Israele – per non parlare del riconoscimento delle vittime palestinesi, della risoluzione del danno loro inflitto e della consegna dei responsabili alla giustizia.

Questo rende la solidarietà tra le vittime ancora più cruciale. Se non c’è nient’altro che possiamo fare, i bosniaci e tutte le vittime di genocidio in tutto il mondo devono, dopo tutto quello che abbiamo sofferto, parlare a favore delle vittime in Palestina. Noi siamo l’umanità di cui hanno parlato i giudici del Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia.

Refik Hodzic è scrittore, giornalista ed esperto di giustizia di transizione di Prijedor, Bosnia-Erzegovina. Hodzic è stato portavoce del Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia e ha partecipato agli sforzi per affrontare i retaggi delle atrocità di massa in Myanmar, Sri Lanka, Libano, Afghanistan, Siria, Colombia e altrove.

https://www.middleeasteye.net/opinion/gaza-war-israel-onslaught-recalls-horrors-bosnian-genocide

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

.

Lascia un commento