Chi è antisemita

Mar 10, 2023 | Notizie

di Franco Bifo Berardi,

effimera.org, 10 Marzo 2023.

Nel 2017 fui invitato a partecipare a documenta14. Scrissi il testo di una performance dedicata alle sofferenze e alla morte di innumerevoli persone migranti che vengono da paesi in cui la guerra e la fame rendono la vita impossibile. Come sappiamo queste persone sono ricacciate indietro o annegano nel mediterraneo, oppure sono detenute in campi di concentramento lungo la costa che va dalla Turchia alla Grecia al sud italiano a Ceuta a Calais. Perciò il titolo della performance era Auschwitz on the beach, ed era nelle mie intenzioni un tributo alle vittime del nazismo nel secolo scorso e alle vittime del razzismo europeo di oggi.

L’annuncio della performance provocò proteste sulla stampa e un piccolo gruppo di persone, con bandiere israeliane venne a protestare contro il titolo della mia opera. Non parlai neppure con costoro, ma andai al centro ebraico Sara Naussnaum, dove incontrai il direttore del centro Eva Schulz-Jander, e gli altri membri dello staff. Dopo una amichevole discussione Eva e i suoi collaboratori mi espressero il loro accordo sul fatto che il respingimento dei migranti di oggi ricorda il respingimento di 120.000 ebrei che nel 1939 tentarono di sbarcare sulle coste inglesi e americane. Mi dissero però che il titolo della mia performance aveva un effetto doloroso su coloro che hanno memoria diretta dell’Olocausto. Perciò decisi di sostituire la mia performance con una conferenza pubblica che tenni alla sala centrale del Fredericianum. Il tema era il razzismo di ieri e quello di oggi. Eva Schulz-Jander venne con me al Fredericianum dove una folla di amici mi espresse la sua solidarietà contro l’intolleranza di quel piccolo gruppo di fanatici con bandiere israeliane. Cinque anni dopo l’intolleranza è ancora qui cattiva, più arrogante, più violenta.

Adesso mi giunge notizia che qualcuno a Kassel sta preparando un meeting che si terrà alla Philipp-Scheiemann Haus con il titolo:

Antisemitismus im Nah-Ost-Konflikt und in der Kunst der postbürgerlichen Gesellschaft

Nella pagina facebook leggo un annuncio pubblico in cui io vengo definito: “antisemita”.

“Un gruppo di artisti e attivisti anti-Israele sono stati invitati a documenta15 con il collettivo di Ramallah, The Question of Funding. La nostra indagine su questo invito ha portato alla luce il fatto che molti dei funzionari e organizzatori della manifestazione artistica appartengono all’area anti-israeliana e qualche volta alla scena culturale anti-semita. Questo fenomeno non è nuovo: la conversazione con Edward Said a documenta 10, la giraffa anti-sionista di Peter Friedl, a documenta12, e l’apparizione dell’anti-semita Franco Berardi a documenta14, indicano che abbiamo a che fare con una connessione sistematica.”

Dopo avere letto questo comunicato ho deciso di rispondere all’insulto, anche se coloro che lo hanno pronunciato non meritano neppure un secondo della mia attenzione, ma solo il mio disprezzo.

Non mi piace usare la parola identità, che considero concettualmente equivoca, ma se proprio la debbo usare dirò che l’identità di una persona per me non si fonda sull’appartenenza, ma sul divenire della coscienza. Non il sangue o la terra, ma le scelte etiche e intellettuali definiscono lo stile (o se preferite: l’identità) di una persona.

Per quanto mi riguarda gli influssi culturali che hanno modellato il mio stile di pensiero provengono dalla lettura di romanzieri e filosofi ebrei, e riconosco nella mia formazione la traccia dell’ebraismo diasporico da Spinoza a Benjamin.

Non soltanto ho letto con passione Isaac Basheevis Singer, Abraham Jehoshua, Gershom Sholem, Akiva Orr, Else Lasker Shule, Daniel Lindenberg, e Amos Oz, ma ho anche introiettato il punto di vista di quegli intellettuali che sono stati i portatori della Ragione senza Radici (Heimatloss Vernunft), fondamento della democrazia moderna e dell’internazionalismo proletario. La condizione ebrea di deterritorializzazione è all’origine della formazione dell’intellettuale moderno che non compie le sue scelte per ragioni di appartenenza, ma si riferisce a concetti universali.

In Storia di amore e di tenebra scrive Amos Oz: “Mio zio era un europeo cosciente, in un momento in cui in Europa nessuno si sentiva europeo, a parte i membri della mia famiglia e altri ebrei come loro. Tutti gli altri erano pan-slavi, pan-germanici, o semplicemente patrioti lituani bulgari irlandesi slovacchi. I soli europei in Europa negli anni ’20 e ’30 erano ebrei.”

Per tutto questo affermo che l’ebraismo è parte irrinunciabile di quello che io sono, e considero l’epiteto di antisemita come il peggiore degli insulti. Quello che io penso è che antisemiti siano proprio coloro che organizzano pogrom attraverso Facebook, come fanno questi signori che si vedranno alla Philipp-Scheiemann Haus il 16 luglio alle ore 14.

Nell’ultimo secolo, come conseguenza delle persecuzioni, una parte del popolo ebraico è stata costretta a identificarsi come nazione, occupando uno spazio che ospitava milioni di palestinesi. La possibilità di una coabitazione pacifica è stata eliminata dai pregiudizi nazionalisti e questo ha preparato il terreno all’ostilità crescente che sta devastando la vita dei palestinesi ma anche degli israeliani.

La dichiarazione votata dalla Knesset nel 2018, secondo cui Israele è uno stato esclusivo degli ebrei non solo viola i principi fondamentali della democrazia e della uguale dignità, ma butta nella spazzatura l’eredità stessa della cultura ebraica.

Questo è il paradosso dell’identificazione: coloro che hanno sofferto più duramente del razzismo nel passato sono oggi aggressori razzisti.

Il mio punto di vista sul conflitto mediorientale è sempre stato distante dal nazionalismo arabo, poiché non accetto il principio identitario che alimenta aggressività e fascismo. Per questo non ho mai creduto nella politica dei “due popoli due stati” che sancisce il principio di identità etnica dello stato nazionale. La separazione di cittadinanza politica e identità culturale è una premessa irrinunciabile della civiltà democratica.

È la prima volta che scrivo su questi temi perché, lo confesso con un po’ di vergogna, avevo paura. Paura di cosa? Paura di essere accusato di una colpa che considero ripugnante: l’antisemitismo. Ma l’insulto che leggo nel comunicato di coloro che si vedranno a Kassel il 17 luglio mi libera di ogni paura.

Non ho più paura di essere insultato da coloro che sostengono l’oppressione coloniale del popolo palestinese, l’assassinio quotidiano di giovani palestinesi colpevoli solo di odiare gli oppressori, l’assassino di giornalisti come Ayreen Abu Akleh. Questi crimini, favoriti e coperti dallo stato israeliano che (abusivamente) su definisce stato degli ebrei, alimentano l’antisemitismo che sta effettivamente crescendo nel mondo.

Ne è una prova anche quello che è accaduto a Kassel nei giorni dell’inaugurazione, la creazione di un orribile cartoon pieno di luoghi comuni che pescano nell’immaginario antisemita del passato e del presente.

A causa della violenza sistematica che il colonialismo sionista ha scatenato negli ultimi sessant’anni, l’orrore antisemita sta riemergendo, e rischia di divenire maggioritario se non nel discorso pubblico nel subconscio collettivo. Dato che non è possibile affermare a viso aperto che il sionismo è una politica sbagliata che produce effetti criminali, molti non lo dicono, ma non possono impedirsi di pensarlo, e finiscono per identificarsi con l’antisemitismo.

Perciò veri antisemiti siete voi che convocate assemblee per intimorire gli artisti.

Voi siete i peggiori nemici del popolo ebreo, la peggiore minaccia per il suo futuro.

http://effimera.org/chi-e-antisemita-di-franco-bifo-berardi/#

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