Perché non ci sono due facce nel pogrom di Huwara

Mar 1, 2023 | Notizie, Riflessioni

di Haggai Matar,

The Landline of +972Magazine, 1 marzo 2023. 

Domenica mattina 26 febbraio, un uomo palestinese ha ucciso due coloni israeliani – i giovani fratelli Hillel e Yagel Yaniv – che percorrevano in auto le strade della città palestinese di Huwara, nella Cisgiordania occupata. Più tardi, in giornata, centinaia di coloni hanno scatenato una furia di alcune ore in Huwara e in diversi villaggi vicini, bruciando decine di auto e di case (alcune con persone all’interno), lanciando sassi contro le ambulanze, ferendo palestinesi e uccidendo bestiame. Un uomo palestinese, Sameh Aqtash, è stato ucciso da colpi di arma da fuoco sparati dai coloni o dai soldati che li proteggevano.

L’attacco a Huwara, che molti definiscono un pogrom, ha generato in Israele una protesta pubblica contro i coloni che lo hanno commesso. Migliaia di persone sono scese in strada lunedì sera in diverse città, per protestare contro l’occupazione e in solidarietà con la popolazione di Huwara. Gli israeliani hanno raccolto oltre un milione di shekel in 24 ore per sostenere le vittime. I commentatori dei telegiornali e i membri della Knesset appartenenti all’opposizione hanno criticato aspramente i coloni, l’esercito che non ha agito per fermarli e gli alti ministri del governo che hanno incoraggiato la distruzione della città (uno di questi ministri, il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, ha raddoppiato i suoi messaggi di pulizia etnica anche dopo l’evento). I leader politici di tutto il mondo hanno subito seguito l’esempio. Mercoledì, durante le massicce proteste della ‘Giornata di Rottura’ in tutto il Paese, i manifestanti hanno cantato “Dov’eri a Huwara?” di fronte agli agenti di polizia.

In risposta, molti esponenti della destra israeliana e i loro lacchè nel mondo hasbara hanno sostenuto che è tendenzioso ‘preoccuparsi solo’ degli attacchi degli ebrei contro i palestinesi e ignorare l’uccisione dei due fratelli israeliani da parte di un palestinese. C’è molto da dire in risposta a questa affermazione, e quanto segue è un tentativo di farlo. In breve:

1. È tragico che vengano uccise delle persone. Tutte le persone. Essere umani significa preoccuparsi e soffrire quando si perdono delle vite. Questo è sempre vero, e certamente lo è nel caso dei giovani fratelli. Il mio cuore va ai genitori che hanno perso due figli in un solo colpo. Se questo non è chiaro a tutti –come dovrebbe– e se si sostiene che qualcuno “non si preoccupa” di queste morti significa voler disumanizzare gli altri. L’affermazione è ancora più scandalosa quando proviene, come spesso succede, dagli stessi politici che giustificano gli assalti israeliani contro i palestinesi e mostrano poco o nessun rimpianto per le morti di questi ultimi.

2. Esiste un intero sistema progettato per prevenire e rispondere alle uccisioni di ebrei israeliani. C’è un esercito, una forza di polizia, una polizia di frontiera, uno Shin Bet, persino un Mossad se necessario, e un intero Stato costruito esclusivamente per proteggere gli ebrei. I palestinesi, invece, non hanno nessuno che li protegga. L’esercito spesso tace di fronte agli atti di terrore dei coloni, oppure si unisce a loro e li appoggia, come abbiamo dimostrato in passato nel caso di milizie congiunte di coloni e soldati che attaccano e uccidono i palestinesi.

In casi rari ed estremi, come nel caso di Huwara questa settimana, è possibile che i soldati intervengano e salvino i palestinesi dalle loro case in fiamme per evitare che muoiano. Tuttavia, quegli stessi soldati non penserebbero mai di sparare ai rivoltosi, come avrebbero fatto senza dubbio se fossero stati palestinesi, o di effettuare arresti di massa; solo cinque coloni delle centinaia che hanno partecipato all’attacco sono stati arrestati – tra l’altro, non per aver attaccato i Palestinesi, ma per aver attaccato i soldati – e tutti sono stati rapidamente rilasciati (per fare un paragone, più del doppio di questo numero è stato arrestato durante la protesta nonviolenta di sabato scorso contro il Governo a Tel Aviv, e più di quattro volte questo numero è stato arrestato durante le manifestazioni di mercoledì).

Anche ora, tre giorni dopo, l’esercito continua a parlare di “caccia al terrorista”, cioè all’uomo palestinese che ha sparato ai due fratelli israeliani, ma nessuno parla della caccia a chi ha ucciso Sameh Aqtash, o a chi ha dato fuoco alle case delle famiglie di Huwara. Ecco perché dobbiamo gridare con forza soprattutto contro i terroristi ebrei.

3. C’è una differenza tra le azioni di singoli individui di un gruppo oppresso che uccidono persone del gruppo potente, e la violenza della parte forte che viene impersonata dallo Stato o sostenuta da esso. I pogrom come quelli che abbiamo visto a Huwara, così come i bombardamenti dell’aviazione israeliana a Gaza che distruggono intere famiglie, non sono un’anomalia, ma una caratteristica del regime che abbiamo creato in questo paese.

4. Di conseguenza, la nostra responsabilità come israeliani per le azioni di altri israeliani, cioè di chi detiene tutto il potere, non è la stessa della nostra responsabilità per le azioni dei palestinesi.

5. C’è qualcosa di ingannevole nell’inquadrare questa storia esclusivamente intorno all’uccisione dei due fratelli israeliani a Huwara, come se le azioni dei coloni fossero una mera “reazione”, un botta e risposta iniziato dai palestinesi. Solo pochi giorni prima, l’esercito israeliano ha ucciso 11 persone a Nablus, alcune armate e altre no, in un brutale raid alla luce del giorno; non c’è motivo di “far partire l’orologio” solo dall’uccisione dei fratelli Yaniv. Inoltre, ai palestinesi sono stati negati per decenni i diritti fondamentali dal regime israeliano – ma questo raramente, se non mai, influisce sul modo in cui questi eventi vengono inquadrati.

6. Il che mi porta al mio punto finale: questa non è la storia di “due parti che si combattono”. Non c’è uguaglianza sotto l’apartheid. C’è una superpotenza regionale che possiede uno degli eserciti più forti e sofisticati del mondo e che gode di un enorme sostegno internazionale, mentre calpesta milioni di persone emarginate dal suo regime militare razzista. La responsabilità ultima per tutto ciò che accade in questo Paese, compresa l’uccisione dei due fratelli, è dello Stato che perpetua questa ingiustizia e oppressione, e di tutti noi come suoi cittadini.

I Palestinesi come popolo, e persino l’Autorità Palestinese, che per anni ha operato come subappaltatore dell’occupazione israeliana, non hanno modo di prevenire il prossimo attacco da parte di Palestinesi singoli, o quello successivo. Anche Israele non può prevenire tutti gli attacchi, ma ciò che può e deve fare è scegliere un percorso basato sull’uguaglianza e sulla giustizia per tutti.

 Grazie a Sol Salbe per l’assistenza nella traduzione dall’ebraico.

https://mail.google.com/mail/u/0/?shva=1#inbox/WhctKKXpXhhQSzQwBbHhDVvfBQPVWXjmSpBVrMkXBKkqLqHNJCnzmcvwpdHpxGLvhglKPRL

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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1 commento

  1. Sebastiano Comis

    Del tutto condivisibile con una precisazione: mentre Israele gode di un enorme sostegno da parte dei governi occidentali e degli ebrei della diaspora, l’opinione pubblica occidentale è invece prevalentemente schierata a favore dei palestinesi. La conclusione è che nel democratico occidente le varie lobby ‘israeliane’ contano più dell’orientamento di milioni di elettori. In Italia questa dissociazione è possibile anche perché la nostra costituzione non consente l’uso del referendum in questioni di diritto internazionale, che sono proprio quelle che possono avere un impatto più forte nella vita di un paese.

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