Una storia all’interno di un trittico: i ricordi di famiglia di Vera Tamari

Feb 20, 2023 | Notizie

di Mona Hajjar Halaby,   

Mondoweiss, 17 febbraio 2023.  

Il racconto intimo di Vera Tamari sulla vita della sua famiglia prima del 1948 ci permette di sognare come sarebbe potuta essere la vita in Palestina se la Nakba non fosse mai avvenuta.

Giaffa dal mare, Terra Santa, 1895 circa (foto: Wikimedia Commons)

RETURNING: Palestinian Family Memories in Clay Reliefs, Photographs and Text

[IL RITORNO. Memorie familiari palestinesi in rilievi di argilla, fotografie e testi]
di Vera Tamari

Educational Bookshop/Arab Image Foundation, 152 pp., € 35,00.

Ho vissuto RETURNING: Palestinian Family Memories in Clay Reliefs, Photographs and Text, dell’artista palestinese Vera Tamari, come l’apertura di un trittico sul tema del ritorno: il primo pannello del trittico esplora il ritorno attraverso l’obiettivo della macchina fotografica, un secondo attraverso rilievi di argilla e il terzo attraverso i testi. RETURNING di Tamari è un tour de force, una storia profondamente personale della sua famiglia a Jaffa e Gerusalemme prima della Nakba, quando circa 750.000 palestinesi furono esiliati dalle loro case e fu creato lo Stato di Israele. Il libro di Tamari documenta la vita di una tipica famiglia urbana e borghese palestinese sotto il Mandato Britannico, catturando la sua ricca e sofisticata vita culturale dall’inizio del XX secolo fino al 1948. La copertina stessa preannuncia ciò che è contenuto nelle pagine del libro, con il titolo che appare con lettere in rilievo, ognuna delle quali contiene un’immagine del libro.

Attingendo alla vasta collezione di fotografie del padre che ritraggono Jaffa e Gerusalemme nella Palestina pre-Nakba, Tamari ha scolpito, tra il 1989 e la metà degli anni Novanta, una serie di pannelli in bassorilievo di terracotta, che ha intitolato “Ritratti di famiglia”. Più recentemente, ha completato il suo progetto mettendo in parallelo le immagini fotografiche e i suoi rilievi in terracotta in narrazioni scritte personali: storie di amore, perdita, nostalgia e ritorno.

Tamari coinvolge delicatamente i lettori con il suo testo e le immagini che lo accompagnano, riportando in vita la Palestina storica nel tentativo di frugare nella memoria perduta della nostra patria, una perdita che è stata la chiave per il lavoro di molti artisti palestinesi contemporanei. 

I titoli dei capitoli, le fotografie e i rilievi in argilla di Tamari rivisitano aspetti della vita palestinese e sono la prova di una società palestinese fiorente che esisteva molto prima della creazione dello Stato di Israele.

In “Donna alla porta”, la madre di Tamari, una donna moderna che ha sfidato le convenzioni, con le mani dietro la schiena, sta sulla porta della sua casa di Jaffa con vasi di fiori ai lati. In “Sogni incompiuti”, un capitolo toccante sulle zie di Tamari, Olga e Alexandra Tamari, vediamo Olga seduta su uno sgabello basso accanto a un vaso gigante di ortensie, sua sorella Alexandra dietro di lei, che le tiene una mano sulla spalla. In “Picnic a Hebron”, la composizione e l’equilibrio, come nota Tamari, sono particolarmente raffinati: una fila di amici in piedi in mezzo a una fila di tronchi d’albero.

Con gli strumenti dell’arte, della fotografia e dei testi, Tamari ci fa entrare tra le pieghe della famiglia e degli amici: seduti su un balcone, in viaggio verso Hebron, in posa per una fotografia in studio o riuniti per un ballo in maschera. In RETURNING, Tamari ha scelto di mostrare con le sue fotografie una vita che è andata perduta, ma che deve essere ripercorsa, una vita che doveva essere cancellata, ma che continua a sopravvivere attraverso gli occhi e le mani di artisti, musicisti e scrittori, che perseverano nell’onorare e celebrare la società palestinese pre-1948.

Nonni materni. Nicola Debbas e Adele Zarifeh, Giaffa, 1907. (foto per gentile concessione di Vera Tamari)

Tamari osserva le foto con la meticolosità di un antropologo che scava nei resti di una civiltà passata. Ci fa andare lentamente, ci prende delicatamente per mano, quasi come se attraversassimo una porta verso un’altra terra, e con riverenza entriamo insieme nella cornice di una fotografia ed entriamo così in comunione con i suoi soggetti. Lei nota ogni minimo dettaglio: i baffi e i guanti in mano di suo nonno Nicola, i braccialetti che ornano i polsi di sua nonna Adele, l’acconciatura e l’abbigliamento del padre, il numero esatto di calle – dieci, per l’esattezza – nel bouquet da sposa di sua madre. Nulla passa inosservato, tutto prende vita. Siamo anche noi dentro le fotografie, nello studio del fotografo, sul balcone, al matrimonio. Non siamo spettatori, ma partecipanti attivi.

I rilievi in argilla sono graziose rappresentazioni delle fotografie, realizzati con amore, quasi come se le mani dell’autrice accarezzassero ogni volto e lo facessero rivivere in forma di argilla. I protagonisti sono mantenuti nel colore naturale dell’argilla, mentre gli sfondi e le cornici sono colorati in modo tenue per dare un’atmosfera e un carattere al luogo e al tempo; le cornici in terracotta di Tamari sono adornate con foglie grigie e bianche, disegni geometrici o colonne classiche nelle tonalità del blu, del verde, del bianco e dell’arancione terracotta. C’è qualcosa di morbido e tenero nel modo in cui scolpisce le persone della sua famiglia. È una testimonianza d’amore che tocca il cuore.

Nicola e Adele (1966). Rilievo in argilla di Vera Tamari (foto per gentile concessione di Vera Tamari)

Con un’abbondanza di dettagli e senza sentimentalismo, le fotografie di Tamari, i suoi rilievi in argilla e l’eleganza del suo linguaggio mettono insieme un mondo che potrebbe sembrare perduto, ma che continua a vivere nella forza creativa dell’artista. La scrittura di Tamari – aperta, intima ed espressiva – è avvincente e rinfrescante. Invita il lettore non solo a entrare nella storia della sua famiglia, ma anche nella più ampia storia palestinese di una vita ricca, piena di gite in famiglia e di incontri sociali, sullo sfondo più ampio della storia palestinese: quella del dolore, della perdita, del coraggio e della resilienza di fronte alla Nakba e alle sue conseguenze.

Alla fine, le ultime parole della prefazione di Tamari esplorano gli “e se…” della vita, le domande persistenti nella mente di ogni palestinese – cosa sarebbe stato se…? Come sarebbe stato…? – grandi domande che tormentano, ma che fanno anche riemergere il passato e lo riportano in vita, anche se solo attraverso la nostra immaginazione.

“Scrivere queste storie mi ha permesso di contemplare e riflettere sulla fantasticheria personale che fin dall’infanzia ha tenuto in me: sognare come sarebbe stata la vita in Palestina, se ci fosse stata risparmiata la tragica perdita della terra e la crudele espulsione del suo popolo. Cosa avrebbe significato per noi se ci fosse stato permesso di continuare a vivere normalmente nelle nostre case, città e villaggi, e di prosperare senza essere interrotti dalla guerra, dall’occupazione e dall’esilio? Semplicemente, come sarebbe stato se avessimo potuto seguire, sia come individui che come nazione, i nostri giusti desideri e sogni? Sebbene questo libro non mi abbia liberato dalle mie fantasticherie irrealizzabili, mi ha aiutato a trasportarmi in un RITORNO virtuale, mentale ed emotivo a Jaffa e alla mia Palestina perduta”.

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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