“Sono diventata sempre più violenta”: scioccanti testimonianze di abusi da parte di veterani dell’esercito israeliano

Feb 16, 2023 | Notizie

di Chris McGreal,

The Guardian, 15 dicembre 2022.   

Orribili abusi militari sono raccontati in un nuovo progetto video che mira a evidenziare come i finanziamenti USA vadano a sostenere la violenza in Israele.

Visitatori a un’esposizione di Breaking the Silence. Foto di Breaking the Silence

Il sergente Gil Hillel sussulta, con l’emozione scritta sul volto, mentre guarda la telecamera e descrive come il potere di vita e di morte su un altro essere umano l’abbia cambiata.

“Con il tempo sono diventata sempre più violenta. Facendo quel lavoro ho subito una trasformazione pazzesca. Da persona molto calma e rilassata sono diventata una persona molto violenta e aggressiva che sfogava le proprie frustrazioni sull’oggetto su cui poteva sfogarsi, cioè i palestinesi e i detenuti”, ha detto l’ex ufficiale della polizia militare israeliana.

“Picchiavo di più, ero più violenta. In realtà non li vedevo nemmeno. Sono persone invisibili, che non vedi”.

Mentre Hillel parla, le voci di altri veterani delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) risuonano in sottofondo su schermi sparsi in uno spazio espositivo di New York. Ogni monitor parla di un tema che riguarda la brutale realtà di come Israele mantiene da 55 anni la sua occupazione e il suo dominio sui palestinesi.

La distruzione di case arabe come punizione collettiva. L’abuso fisico dei palestinesi arrestati. L’umiliazione delle famiglie ai posti di blocco perché un soldato ha una giornata storta. Alcune delle testimonianze più dure riguardano gli abusi sui bambini e la tortura dei detenuti.

I volti di questi soldati – alcuni con una smorfia al pensiero di ciò che erano un tempo, altri senza batter ciglio e intenti ai fatti – sono tra le centinaia di persone che hanno testimoniato a Breaking the Silence, un gruppo fondato da veterani di guerra israeliani per documentare gli abusi militari nei Territori Palestinesi occupati.

Breaking the Silence è ben noto e molto vilipeso in Israele. Ori Givati, ex comandante di carri armati israeliani e direttore del gruppo, ha dichiarato di aver portato le testimonianze video a New York e Washington perché gli americani dovrebbero sapere per cosa vengono pagati ogni anno 3,8 miliardi di dollari di aiuti militari degli Stati Uniti a Israele.

“La responsabilità dell’occupazione è sicuramente di noi israeliani, ma altrettanto certamente anche degli Stati Uniti, che finanziano Israele con miliardi di dollari all’anno. I finanziamenti rendono gli Stati Uniti complici dell’occupazione, e la gente di qui deve capire che questo è ciò che i finanziamenti stanno sostenendo”, ha affermato.

Il governo israeliano descrive l’IDF come “l’esercito più morale del mondo“, sostenendo che si adopera più di ogni altro esercito per evitare la perdita di vite civili. Ma le testimonianze raccolte da Breaking the Silence mostrano come la moralità sia stata troppo spesso subordinata a ordini giustificati dall’affermazione che gli abusi erano necessari per la sopravvivenza di Israele.

Gil Hillel. Foto: Breaking the Silence

Prese una per una, le testimonianze sono inquietanti, in quanto i soldati descrivono una cultura di disumanizzazione e di violenza contro i palestinesi. Prese nel loro insieme, mettono a nudo la crudeltà implacabile e spesso gratuita di 55 anni di occupazione e il danno che provoca sia agli occupati che agli occupanti.

Le testimonianze sono ancora più forti perché provengono da israeliani che hanno messo in gioco la propria vita per il loro Paese. I soldati raccontano gli ordini di sparare a manifestanti disarmati, la facilità con cui una missione per tirar giù una bandiera palestinese si traduce nell’uccisione di un uomo che ha lanciato una pietra; raccontano come si impadronivano delle case arabe e come le distruggevano.

Le convenzioni di Ginevra, che secondo le Nazioni Unite e la Corte Penale Internazionale si applicano ai territori occupati, vietano le punizioni collettive. Che invece sono usate di routine.

Il primo sergente Erez Katsav ha ricordato di aver prestato servizio nella città cisgiordana di Nablus con l’ordine di far saltare in aria qualsiasi edificio che ospitasse un sospetto terrorista. Katsav racconta che la sua unità trovò dei palestinesi ricercati che erano nascosti nella tromba dell’ascensore di un edificio residenziale di 10 piani. Agli inquilini fu concessa un’ora per raccogliere le loro cose e sgomberare.

“Quello che mi ha dato fastidio è stata l’eccessiva collettività della punizione. È stata una punizione collettiva in tutti i sensi. Non credo che gli inquilini dell’ultimo piano avessero a che fare con i terroristi nascosti nella tromba dell’ascensore. Che senso ha radere al suolo un edificio in cui abitavano centinaia di persone?”, ha chiesto.

Tuttavia, ciò che spicca è il racconto della violenza contro le persone.

Il primo sergente Idan Barir ha prestato servizio con il corpo di artiglieria nei dintorni di Qalqilya, dove c’erano proteste palestinesi di routine contro l’occupazione. Il comandante del battaglione disse ai soldati: “mettetemi in ginocchio gli arabi”.

“Nessuno di noi pensava di aver sentito bene. Lui ha detto: ‘So cosa ho detto. Ci sono manifestanti e persone che lanciano pietre, persone che causano problemi, e noi li abbatteremo. Mi metterete in ginocchio gli arabi in questa azione”. Era solito organizzare imboscate con tiratori scelti contro i lanciatori di pietre. Ha letteralmente portato via le ginocchia ai lanciatori di pietre”, ha detto Barir.

Su un altro schermo, il primo sergente Amit Lavie ha raccontato di aver prestato servizio nella città cisgiordana di Hebron, un terreno di scontro particolarmente teso a causa dell’allontanamento forzato dei palestinesi per far posto a coloni ebrei religiosi. Lui faceva parte di un’unità che ha arrestato un gruppo di palestinesi e li ha poi consegnati alla polizia di frontiera israeliana.

Amit Lavie. Foto: Breaking the Silence

“Prima che ci rendessimo conto di cosa stava succedendo hanno iniziato a picchiarli. A calci, a pugni. Uno dei poliziotti di frontiera si è tolto il casco e ha iniziato a colpire il palestinese. Si toglie il casco, lo afferra con entrambe le mani e … boom!”, ha ricordato.

Lavie ha raccontato che un altro agente di polizia ha dato un calcio nei testicoli a un prigioniero.

“Lo mette in piedi contro un muro e gli dà un altro calcio nelle palle”, ha raccontato. “Sono bendati e ammanettati e urlano. Urla terribili. Questo ricordo mi perseguita ancora”.

Gli abusi fisici non erano limitati agli adulti. In uno dei video, vari soldati raccontano di violenze contro i bambini. Un soldato descrive il suo comandante che spinge la canna del suo M-16 nella bocca di un bambino di otto anni che aveva lanciato pietre contro la loro pattuglia.

Alcune delle testimonianze più inquietanti provengono dal tenente David Zonsheine, che ha prestato servizio in un’unità di ricognizione che operava in Cisgiordania. Ha descritto l’arresto di un ragazzo di 14 anni sospettato di nascondere un’arma o di sapere dove si trovasse.

“Quello che avveniva lì era una tortura scioccante che comprendeva cose come trovare una spessa tavola di legno in un campo, farlo sedere su di essa e frantumargli le palle per diversi minuti. Poi gli dicevano: ‘Guarda, ci piaci’ e gli davano calci alle palle. E poi dicevano: “Dai, diccelo, falla finita, dicci dov’è e la facciamo finita”, ha raccontato il tenente.

Zonsheine ha detto che uno dei soldati ha spaccato una pietra sulla mano del ragazzo. Un altro ha continuato a sbattergli la testa da un lato. “E a un certo punto hanno iniziato con i pugni. Pugni e tutto il resto. Ha iniziato ad avere le convulsioni”, ha detto.

Zonsheine ha descritto gli interrogatori del ragazzo come “abbastanza conformi con l’intera faccenda”. Il giorno dopo il militare andò a cercare il ragazzo. Lo trovò in ospedale. “Lo abbiamo visto. Era ingessato, ingessato da tutte le parti. Non so davvero come sia andata a finire. Non credo che sia sopravvissuto”, ha detto Zonsheine.

Breaking the Silence ha mostrato i video ai politici di Washington, nel corso di una mostra pubblica.

“Crediamo che parte della soluzione all’occupazione sia rendere tutti consapevoli di ciò che sta accadendo, riportando il punto di vista dei soldati che hanno prestato servizio”, ha detto Givati. “Una delle cose che stiamo dicendo ai politici statunitensi è che, diversamente da quanto Israele sta cercando di dire, non fare nulla riguardo all’occupazione non è un bene per Israele”.

La mostra “Testimonianze Video” di Breaking the Silence era allestita presso ResoBox, 91 East 3rd St, fino al 15 dicembre e sarà riproposta nel 2023.

Questo articolo è stato modificato il 19 dicembre 2022 per correggere un riferimento a “4,9 miliardi di dollari di aiuti militari annuali a Israele”; la cifra è di 3,8 miliardi di dollari, forniti come parte di un pacchetto concordato di 38 miliardi di dollari in 10 anni a partire dal 2017.

https://www.theguardian.com/artanddesign/2022/dec/15/idf-exhibition-breaking-the-silence

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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1 commento

  1. Sebastiano Comis

    Come risulta dal testo inglese, il comandante aveva detto ai soldati non ‘mettete gli arabi in ginocchio’ ma ‘portatemi i ginocchi degli arabi’ come ai tempi della conquista del west l’ufficiale americano avrebbe ordinato di ‘portargli gli scalpi dei pellerossa’. Del resto i sionisti usano chiedere: dov’è la differenza tra quello che facciamo agli arabi e quello che americani e inglesi hanno fatto ai pellerossa o agli aborigeni?
    E si rispondono: 100 anni.

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