Il discorso della soluzione a due-stati si sta incrinando, anche per i sionisti liberali

Feb 10, 2023 | Notizie, Riflessioni

di Philip Weiss,  

Mondoweiss, 7 febbraio 2023. 

Finalmente una discussione onesta sull’attuale realtà a uno-stato da parte di un gruppo sionista liberale.

Una discussione sui due-stati ospitata da J Space Canada, un gruppo liberale sionista, il 1 febbraio 2023. Maytal Kowalski, Michael Koplow e Shibley Telhami. Screenshot.

Un risultato positivo dello spostamento di Israele verso l’estrema destra è che il discorso degli Stati Uniti sulla soluzione dei due-stati sembra finalmente incrinarsi.

L’Amministrazione Biden è stata ripetutamente interrogata sull’illusione di uno stato palestinese da parte di giornalisti increduli, durante la visita del Segretario di Stato Antony Blinken nella regione la scorsa settimana. “I palestinesi sono sempre più disillusi riguardo alla soluzione dei due-stati.  Molti hanno rinunciato all’idea, convinti che Israele non la permetterà mai, eppure lei continua a sostenerla”, ha detto a Gerusalemme Tracy Wilkinson del Los Angeles Times.

Un gruppo di influencer arabo-americani che hanno incontrato Blinken prima del viaggio hanno detto che la politica statunitense di continuare l’amicizia con Israele ha distrutto ogni speranza di una sovranità palestinese. “La soluzione a due-stati non è più possibile e il silenzio degli Stati Uniti di fronte alle azioni israeliane rende chiaro che noi americani non difenderemo i diritti dei palestinesi e non rispetteremo la loro umanità”, ha riferito James Zogby.

Ora anche i sionisti liberali cominciano ad ammettere che esiste un solo stato tra il fiume e il mare. “Voci dell’establishment, come l’ex ambasciatore Martin Indyk che è stato l’inviato di Obama per il Medio Oriente, … riconoscono che la realtà di uno-stato si è ormai consolidata“, afferma Vox in una presa di posizione sorprendentemente onesta di Jonathan Guyer.

La settimana scorsa, un gruppo sionista liberale chiamato J Space Canada ha ospitato Shibley Telhami dell’Università del Maryland per offrire quella che il gruppo ha definito “una prospettiva che non sentiamo spesso”. Telhami ha fatto a pezzi la pretesa di una soluzione a due-stati, descrivendola come una “cortina fumogena” per coprire 55 anni di oppressione militare, e ha sfidato gli ebrei con la riflessione: “Quanti di noi sarebbero orgogliosi dei [propri figli]… se essi non si ribellassero alle umiliazioni che subiscono?”

Sorprendentemente, Michael Koplow dell’Israel Policy Forum, un’organizzazione favorevole ai due-stati, non ha dissentito dalla diagnosi del problema fatta da Telhami. “Non c’è dubbio che gli israeliani e i palestinesi vivono nella realtà di uno-stato”, ha detto Koplow.

Ancora più sorprendente, ai due esperti è stato chiesto dal loro ospite, Maytal Kowalski: “Cosa dovrebbe succedere per rendere appetibile un solo stato?” In questo caso i due si sono differenziati, con Koplow che ha spiegato che uno stato democratico non sarà mai accettabile per gli israeliani ebrei.

Ascoltiamo cosa hanno detto sullo “stato dei due-stati”.

Innanzitutto, ecco la decostruzione di Telhami del discorso dei due-stati, basata sulla realtà di 55 anni di dominio militare.

Questo è il momento di un esame di coscienza per tutti coloro che hanno a cuore la questione… Questo è un momento molto doloroso. Gli sviluppi in Israele sono davvero preoccupanti per tutti, lì e qui.

La mia preoccupazione è sempre stata che l’attenzione su due stati, che non è qualcosa di possibile in un futuro prevedibile, ma è solo una possibilità teorica, senza che nessuno possa suggerire un percorso serio per arrivarci, serva semplicemente da paravento per coprire una realtà intollerabile sul terreno, giorno dopo giorno. Quando sento il Presidente degli Stati Uniti o il Segretario di Stato dire “ci opponiamo a tutto ciò che mina la soluzione dei due stati”, quando sento dire: “mettiamo un freno e non facciamo un’escalation”, questo suggerisce che lo status quo è tollerabile, quando in realtà lo status quo è assolutamente intollerabile. Parliamo di avamposti e insediamenti, quando in realtà abbiamo un dominio militare su milioni di persone che dura da cinque decenni e mezzo e non è in vista la sua fine in un futuro prevedibile.   

55 anni sono una vita per le persone. E chiariamo, non si tratta solo di sparatorie… perché ogni singolo giorno c’è una violenza che è invisibile. Come si pensa di poter imporre un governo militare su milioni di persone per cinque decenni e mezzo, persone che non ti vogliono lì, che non ti vogliono nelle loro case, che non ti vogliono nelle loro città – come si pensa di poterlo fare se non con il fucile, che ovviamente è presente anche quando non spara? Lo status quo è intollerabilmente violento e lo camuffiamo con la promessa di una soluzione futura che ci farà uscire da lì e invece ogni singolo giorno riduce la nostra possibilità di arrivarci, perché accettiamo tutto e vogliamo guardare dall’altra parte.

Telhami è una figura dell’establishment. Lavora con i sionisti liberali alla Brookings; recentemente è stato intervistato sulla rete PBS. Penso che abbia fatto la cortesia ai sionisti liberali di non pronunciare la parola “apartheid” perché potessero mandar giù la pillola senza troppi problemi.

Telhami ha poi lanciato la sfida di chiedere se qualcuno vorrebbe che i propri figli si ribellassero o meno a un sopruso.

Mi sono sempre chiesto e chiedo a tutti voi di porvi la stessa domanda: cosa succederebbe se aveste figli o parenti che sono cresciuti conoscendo solo la dominazione militare e vivendo nell’umiliazione ogni singolo giorno della loro vita, senza vedere una speranza all’orizzonte, e ora fossero giovani adulti. E voi state cercando di vedere come reagiscono. Quanti di noi sarebbero orgogliosi di loro… se non resistessero all’umiliazione? Non riesco a immaginare che sarei orgoglioso dei miei figli se accettassero di essere umiliati ogni singolo giorno e di vedere davanti a sé un futuro in cui saranno ancora umiliati ogni singolo giorno.

Non vorrei che fossero violenti, certo, ma vorrei che resistessero. E come faranno a resistere quando c’è un’asimmetria di potere così grande, senza l’aiuto della comunità internazionale? Come faranno a resistere senza ricorrere alla violenza, cosa che tutti speriamo non facciano, se togliamo loro ogni possibilità di resistere pacificamente. Come quando reprimiamo le ONG che registrano le umiliazioni quotidiane, le vite intollerabili che vivono ogni giorno, come quando impediamo loro di rivolgersi ai tribunali internazionali perché giudichino ciò che sta accadendo nella realtà.

Telhami ha sottolineato che gli Stati Uniti hanno eliminato uno dei maggiori incentivi che avevano per far sì che Israele trattasse i Palestinesi con giustizia, quando hanno portato avanti gli ‘accordi di Abramo’ che normalizzano le relazioni con le dittature arabe. Quando invece la pace tra Israele e gli stati arabi avrebbe dovuto essere una “ricompensa per la fine dell’occupazione dei palestinesi da parte di Israele”.

Poi è tornato ad attaccare il discorso dei due stati.

Il problema che ho è il significato delle parole che usiamo. Il discorso dei due stati è morto e [parlare di] questo o quell’insediamento è una distrazione completa da una realtà che esiste da cinque decenni e mezzo e che sta peggiorando ogni giorno. Credo che il momento attuale richieda un discorso diverso. Il momento richiede il riconoscimento di qualcosa che è durato perché molte persone guardavano dall’altra parte.

Si tratta fondamentalmente del dominio militare sui palestinesi, indipendentemente dal tipo di governo [esistente in Palestina]. Che sia eletto o meno… questo non deve distrarci dall’intollerabile dominio militare in Cisgiordania e dalle azioni intraprese dal governo israeliano anche all’interno [di Israele], che mettono a rischio le relazioni arabo-ebraiche… Dobbiamo esprimere la nostra opposizione, dobbiamo prendere posizione, dobbiamo schierarci a favore di coloro i cui diritti umani vengono soppressi. Dobbiamo parlare, dobbiamo avere chiarezza… soprattutto tra le voci della società civile, le persone che condividono dei valori.

Michael Koplow ha recentemente pubblicato una guida dei 50 passi che gli attori politici dovrebbero compiere per ‘gettare le basi’ dei due stati. Ma non è in disaccordo con Telhami.

Sono d’accordo con tutto ciò che dice Shibley. E che deve essere affrontato ora. Non c’è dubbio che israeliani e palestinesi stiano vivendo nella realtà di uno-stato e quando si vive nella realtà di uno stato in cui una parte controlla l’altra parte, ovviamente saranno i palestinesi a soffrire di più. Non per negare la sofferenza di Israele… ma c’è uno squilibrio di potere fondamentale qui e, come in ogni squilibrio di potere, sarà la parte più debole che finirà per sopportare il peso maggiore.

Questo mostra semplicemente che quando si mette un palestinese-americano in una dibattito, tutto cambia!

Kowalski ha poi chiesto: “Cosa deve accadere per rendere appetibile un solo stato?”

E qui è uscito fuori il sionista che è in Koplow. “Non vedo alcuno scenario in cui gli ebrei israeliani possano mai sostenere un unico stato democratico, se ciò significa perdere Israele come stato ebraico”.

Tuttavia, Koplow ha dato una buona e onesta risposta, descrivendo una mentalità storica ampiamente diffusa tra gli ebrei.

È esatto descrivere ciò che sta accadendo oggi come la realtà di un unico stato… Questa è una questione molto diversa dal chiedere cosa renderebbe un unico stato appetibile per gli israeliani… Molte persone che sostengono un unico stato ne parlano nel senso di un unico stato democratico. Questo non è il tipo di stato che sarà gradito agli israeliani. Una delle tendenze più preoccupanti nell’opinione pubblica israeliana [è il sostegno a] uno stato ebraico non democratico… che renda [l’occupazione] permanente per sempre, senza possibilità di inversione.

Non vedo alcuno scenario in cui gli israeliani ebrei possano mai sostenere un unico stato democratico, se ciò significa perdere Israele come stato ebraico… Per gli ebrei israeliani questo è comprensibile, data la storia del sionismo, data la lotta per avere uno stato ebraico, data la storia della persecuzione ebraica. Ora viviamo letteralmente in un’epoca d’oro della storia ebraica, in cui gli ebrei della diaspora sono sicuri e protetti come non lo sono mai stati. … [ma c’è un] lungo periodo della storia ebraica in cui gli ebrei non erano al sicuro…. E questo è uno dei motivi per cui gli ebrei israeliani non concederanno mai in alcun modo pacifico o politico di rinunciare a Israele come stato ebraico. Quindi penso che evidenziare i modi in cui esiste attualmente la realtà di un solo stato sia davvero importante…

Ma temo che le persone che dicono: “Due stati non si faranno, è ora di lasciar perdere e spingiamo per un unico stato democratico”… Temo che questo finirà per arrivare a una soluzione che porta a più spargimenti di sangue, a più lotte tra le due parti e a un risultato che non piacerà alle persone che hanno una sola visione di questo problema, quando si arriverà al dunque.

(La mia breve risposta è: Questo è chiaramente un problema che sta nella memoria degli ebrei; e gli ebrei dell’età dell’oro come me hanno un ruolo importante da svolgere in questa discussione.)

Telhami ha detto che nessuno dei due scenari di libertà, uno stato o due stati, arriverà presto. Quindi il mondo deve essere onesto su ciò che esiste e applicare il diritto internazionale.

Il nostro punto di partenza è: cosa c’è ora? E in questo momento la realtà è quella di uno stato. Bisogna giudicare sulla base di questa realtà di uno stato, bisogna mettersi gli occhiali e giudicare le relazioni che esistono nell’attuale realtà a uno-stato, e ciò che si vedrà è ancora più brutto di quando si guarda nei dettagli di uno ‘stato che occupa territori’… Dobbiamo iniziare da lì. Non possiamo evitarlo. Il momento ci chiede di iniziare da lì.

Non in modo analitico e politico, ma di guardare alla questione in modo normativo. Questo è un momento morale per la maggior parte di noi. Dobbiamo affrontarlo. E coloro che vogliono un futuro alternativo devono partire dalla realtà come esiste oggi.

Il punto di vista di Telhami sta guadagnando terreno. Ieri, su Haaretz, Amira Hass ha pubblicato un ottimo articolo sulla realtà palestinese, intitolato “Per decenni, quella che era una democrazia per gli israeliani è stata una giunta militare per i palestinesi”. Il pezzo di Vox sulla fine del paradigma dei due-stati descrive l’inesorabile colonizzazione ebraica della Cisgiordania e dice: “Questa nuova brutale geografia mette in discussione la sostenibilità economica di uno stato palestinese”.

Chi sostiene i due-stati resiste, ovviamente. È ferma convinzione del Presidente Biden che l’unico modo per raggiungere questo obiettivo [pari misure di libertà, sicurezza, opportunità, giustizia e dignità] sia preservare e poi realizzare la visione di due stati per due popoli”, ha detto Blinken la scorsa settimana a Gerusalemme.

E l’Israel Policy Forum ha pubblicato 50 piccoli passi che “getterebbero le basi” per due stati. Tra questi, il “potenziamento” delle Forze di Sicurezza dell’Autorità Palestinese, – “mantiene la Cisgiordania più tranquilla” – e una nuova politica statunitense sugli insediamenti (“dovrebbe concentrare il suo capitale politico nell’impedire la costruzione al di fuori di quel 4-5% della Cisgiordania che probabilmente farà parte degli scambi di terra in un accordo negoziato, e adottare un atteggiamento meno pubblicamente censorio nei confronti delle colonie che stanno all’interno di questa fascia, pur continuando ad opporsi alla loro espansione”).

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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