Perché i cittadini palestinesi non si uniscono alle proteste antigovernative?

Feb 5, 2023 | Notizie

di Baker Zoubi,  

+972 Magazine, 1 febbraio 2023. 

Nonostante gli appelli dei leader politici, gran parte dei cittadini arabi in Israele ritiene che il movimento di protesta non rifletta i problemi più profondi del loro rapporto con lo Stato.

Israeliani che protestano contro le modifiche al sistema giuridico proposte dal nuovo governo, in piazza Habima, Tel Aviv, 28 gennaio 2023. (Avshalom Sassoni/Flash90)

Rivolgendosi alla folla della più grande manifestazione contro il nuovo governo israeliano, tenutasi a Tel Aviv il 21 gennaio, la dottoressa Wurud Jayusi ha sottolineato l’importanza di condurre una lotta congiunta arabo-ebraica contro la coalizione di estrema destra. Ma Jayusi, che dirige l’Istituto Accademico Arabo del Beit Berl College, non solo è stata l’unica palestinese invitata a parlare alla manifestazione, ma è stata anche messa all’ultimo posto di una lunga lista di oratori.

Quando l’ha fatto notare ai manifestanti, la sua critica è stata accolta con un applauso. Tuttavia, era abbastanza evidente che nella folla della protesta c’era una netta assenza di arabi. Questa assenza si è verificata nella maggior parte delle manifestazioni contro il governo israeliano –in particolare contro i suoi piani di riforma del sistema giudiziario– che hanno avuto luogo in tutto il Paese nelle ultime settimane. Persino una protesta organizzata dal partito arabo-ebraico Hadash nel centro di Haifa due settimane fa non ha attirato molti cittadini palestinesi.

A prima vista, ciò sembra sorprendente, visto il razzismo palese e l’intensa ostilità mostrata dal nuovo governo nei confronti dei palestinesi in Israele e nei Territori Occupati. Ma ai cittadini palestinesi non mancano le ragioni per stare lontani: perché non si identificano con i messaggi e i simboli delle proteste e perché non si appassionano ai loro ristretti obiettivi. Tuttavia, molti leader politici e della società civile araba stanno esortando i palestinesi a unirsi alle masse ebraiche che si oppongono al governo.

“È possibile che la distanza geografica sia una delle ragioni che impediscono ai cittadini arabi di partecipare alle manifestazioni a Tel Aviv, ma non è certo la principale”, ha dichiarato a +972 Magazine Raja Zaatry, membro del comitato politico di Hadash con un seggio nel Consiglio Comunale di Haifa. “La ragione principale è che l’opinione pubblica araba – anche se ritiene che questo governo estremo e le sue politiche siano pericolosi – è indifferente a ciò che sta accadendo nel paese in generale”.

Le questioni che preoccupano gli ebrei israeliani che protestano contro il governo, ha detto Zaatry, non sono le stesse che preoccupano i cittadini palestinesi; la richiesta di uguaglianza, la resistenza all’occupazione e la diffusione della criminalità nella società araba non mobilitano migliaia di manifestanti ebrei. “Gli israeliani vogliono una partnership palestinese-ebraica solo fino a un certo punto”, ha detto Zaatry, “e quindi i cittadini palestinesi non si sentono parte di questa lotta. Noi siamo sia contro questo governo, sia contro l’attuale regime. Vogliamo una cittadinanza uguale per tutti”.

Studenti e attivisti palestinesi protestano contro l’uccisione di nove palestinesi da parte dell’esercito israeliano durante un raid nel campo profughi di Jenin la scorsa settimana, Università di Tel Aviv, 30 gennaio 2023. (Tomer Neuberg/Flash90)

Zaatry ha osservato che la mancata partecipazione palestinese alle manifestazioni di massa in Israele non è una novità; lo stesso è avvenuto, ad esempio, con il movimento per la giustizia sociale del 2011 e con le proteste “Balfour” del 2020-21 contro Netanyahu. “I manifestanti oggi chiedono un ritorno allo status quo ante, a quello che c’era poco prima del governo Netanyahu. E noi, come arabi, francamente non ne abbiamo nostalgia”, ha spiegato Zaatry.

I manifestanti ebrei, ha continuato, “chiedono la democrazia, ma gli arabi dicono che la democrazia non è possibile senza l’uguaglianza, e la democrazia non può coesistere con l’occupazione e il controllo [militare] su milioni di persone. Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich non sono delle eccezioni, ma fanno parte di un’ideologia che si basa sulla supremazia ebraica”.

Difendere una Corte che non difende i palestinesi

Al centro dell’attuale movimento di protesta c’è lo sforzo di difendere la Corte Suprema israeliana dalla “riforma” promossa dal ministro della Giustizia Yariv Levin per conto del governo. Ma i cittadini palestinesi non hanno mai avuto molta fiducia nel sistema giudiziario israeliano.

“Questo è lo stesso tribunale che non è riuscito a proteggere i diritti individuali e collettivi degli arabi nel Paese”, afferma Sondos Saleh, ex membro della Knesset con il partito Ta’al. “È lo stesso tribunale che non ha impedito il furto di terre, non ha protetto i cittadini arabi dalla demolizione delle case in base alla discriminatoria legge Kaminitz, non ha difeso lo status della lingua araba, ma ha permesso l’approvazione di altre leggi ingiuste e razziste. Gli arabi non possono protestare in difesa di una democrazia solo per gli ebrei. Se i manifestanti hanno paura di parlare in modo chiaro contro l’occupazione, la discriminazione e il razzismo, niente potrà cambiare riguardo alla nostra realtà politica”.

Nonostante questo sentimento e nonostante i tentativi di attaccare coloro che portano bandiere palestinesi alle manifestazioni – per lo più ebrei di sinistra che si oppongono all’occupazione – i partiti politici arabi hanno invitato i loro elettori a unirsi alle proteste. Ayman Odeh, capo della lista Hadash-Ta’al, ha partecipato alla prima grande manifestazione a Tel Aviv, organizzata dal movimento ebraico-arabo Standing Together il 7 gennaio, e ha invitato i cittadini palestinesi a seguire il suo esempio. Anche Mansour Abbas, capo di Ra’am, ha partecipato alla manifestazione del 21 gennaio a Tel Aviv.

Il capo di Hadash Ayman Odeh (a destra) tra i leader di una manifestazione contro il nuovo governo. Tel Aviv, 7 gennaio 2023. (Keren Manor)

Ma è diffusa la sensazione che gli appelli di questi politici siano stati fatti con molto meno vigore e convinzione rispetto, ad esempio, agli appelli rivolti al pubblico arabo a manifestare contro la violenza e la criminalità nelle comunità arabe negli ultimi anni, o all’invito a partecipare a una protesta contro la legge sullo Stato-Nazione ebraico a Tel Aviv nel 2018.

Hadash-Ta’al, così come il partito Balad, hanno sostenuto che le politiche del precedente “governo del cambiamento”, guidato da Naftali Bennett e Yair Lapid, sono state altrettanto dannose di quelle dei loro predecessori; Odeh ha ripetutamente sottolineato che l’amministrazione Bennett-Lapid ha ucciso più palestinesi nella Cisgiordania occupata di qualsiasi altro governo negli ultimi anni, mentre un numero senza precedenti di fedeli ebrei è entrato nel complesso del Monte del Tempio/Al-Aqsa sotto il suo controllo, in violazione dello “status quo” del luogo santo.

Al contrario, Ra’am – che faceva parte della coalizione Bennett-Lapid ma ora sta all’opposizione – non ha espresso una critica così forte alle politiche di destra negli ultimi anni. Nel 2021, Abbas ha persino segnalato la sua apertura a entrare in un governo guidato da Netanyahu che includesse Bezalel Smotrich del Sionismo Religioso e Itamar Ben Gvir di Otzma Yehudit, e ha incontrato il leader dei coloni, il rabbino Haim Druckman, per cercare di convincerlo a sostenere la coalizione proposta. Abbas ha continuato a dichiarare di essere pronto a collaborare con l’attuale governo di destra su alcune questioni; le sue critiche si sono invece concentrate sugli altri partiti arabi, che egli incolpa di aver contribuito a far cadere il precedente governo.

Un’opportunità per costruire una coalizione?

Nonostante tutte le ragioni per non aderire, molti credono ancora che la presenza di cittadini palestinesi nelle manifestazioni in corso sia vitale. “Abbiamo bisogno di un ampio movimento di protesta, che unisca arabi ed ebrei, che unisca i loro interessi, che li unisca in una campagna contro il regime”, ha detto Zaatry. “Senza la partecipazione degli arabi – non solo a queste manifestazioni, ma anche alla formulazione di un’alternativa valida – il centro e la sinistra non possono andare al potere. Finché gli arabi rimarranno esclusi dal processo decisionale e dalla sfera politica, l’estrema destra rimarrà al potere”.

“La Corte Suprema ha legittimato gli insediamenti e l’occupazione e non ha trattato noi palestinesi come membri a pieno titolo di una democrazia”, ha continuato Zaatry. “Ma non abbiamo alcun interesse a indebolire la Corte. Essa ritaglia uno spazio democratico per le minoranze, anche se solo in parte. Non vogliamo che la nostra situazione peggiori. I cittadini arabi devono fare qualcosa – non a qualsiasi prezzo, né a spese delle nostre convinzioni politiche, ovviamente, ma per fare un passo avanti. Il problema non è quali bandiere vengono sventolate alle manifestazioni, anche se bandiere e simboli sono importanti. La questione è che noi siamo tra le vittime di questo regime razzista, e quindi dobbiamo far parte del movimento che vi si oppone”.

Cittadini palestinesi di Israele e attivisti protestano contro la legge sullo Stato-Nazione ebraico in piazza Rabin, a Tel Aviv, 11 agosto 2018. (Tomer Neuberg/Flash90)

“Non posso biasimare chi non ha partecipato alle manifestazioni”, ha dichiarato Sally Abed, membro della direzione di Standing Together, che ha organizzato la prima manifestazione a Tel Aviv il 7 gennaio. “È come partecipare alle elezioni della Knesset: penso che si debba votare ed esercitare la propria influenza, ma non posso biasimare chi non vota. Il sentimento di sfiducia è molto reale nella nostra società e non può essere ignorato”.

Allo stesso tempo, Abed crede nell’importanza della partecipazione dei cittadini palestinesi alle manifestazioni, non necessariamente per influenzare la destra israeliana, ma per costruire coalizioni con il centro e la sinistra. “Alla prima manifestazione c’erano quattro oratori arabi sul palco e le bandiere palestinesi sono state issate senza obiezioni”, ha detto Abed. “È nostro dovere come società, per i nostri diritti e per il nostro futuro, costruire una forza di sinistra che abbia un impatto. Credo addirittura che questo governo di estrema destra ci offra l’opportunità di ricostruire un’ampia resistenza basata su una lotta comune, che includa coloro che si trovano ai margini economici e sociali”.

Per Abed, il fatto che il governo di destra abbia riportato i diritti dei palestinesi in primo piano nell’agenda politica gioca a favore della sinistra. “È vero che [il governo] lo sta facendo per ragioni sbagliate, ma il semplice ritorno del dibattito è una cosa positiva di cui si dovrebbe approfittare”, ha osservato. “Riporta anche la discussione sui diritti umani. La sinistra ha la maggiore autorità in questi dibattiti e dovrebbe agire di conseguenza”.

https://www.972mag.com/palestinian-citizens-israel-government-protests/

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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1 commento

  1. Sebastiano Comis

    Gli arabi israeliani hanno tutte le ragioni per diffidare della natura e degli obbiettivi dei partiti che protestano contro l’attuale governo. Il che non mi impedisce di pensare che una forte partecipazione araba sarebbe l’occasione per partecipare, assieme alla componente ebraica, a un processo politico che, se vittorioso, potrebbe portare solo benefici agli arabi, sia in Israele che nei territori.

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