Un raid israeliano uccide un militante palestinese e un insegnante

Gen 20, 2023 | Notizie

di Marita Kassis,

Al-Monitor, 19 gennaio 2023. 

La Cisgiordania sta diventando un campo di battaglia quotidiano, con incursioni notturne e scontri tra autorità israeliane e palestinesi.

Residenti palestinesi e uomini armati ispezionano i danni a seguito dell’esplosione accidentale di un ordigno improvvisato nel campo profughi di Jenin, vicino alla città di Jenin, Cisgiordania, 12 dicembre 2022. – Jaafar Ashtiyeh/AFP via Getty Images

Un raid militare israeliano in Cisgiordania ha ucciso un insegnante palestinese e un militante giovedì mattina presto.

Secondo l’agenzia Palestinian News, Adham Jabarin e Jawad Bawaqna sono stati colpiti nel campo profughi di Jenin, nel nord della Cisgiordania.

I media palestinesi hanno identificato Jabarin come un combattente affiliato a Fatah, il partito politico che controlla l’Autorità Palestinese (AP).

Bawaqna era un insegnante della Hashad Secondary School for Boys che era uscito per prestare il primo soccorso a Jabarin quando gli hanno sparato, secondo un comunicato della scuola.

Le autorità israeliane non hanno commentato né rilasciato dettagli.

Le incursioni militari israeliane sono diventate un evento quotidiano in Cisgiordania nell’ultimo anno, con Israele che afferma di prendere di mira i militanti per prevenire futuri attacchi. Il numero di morti palestinesi dall’inizio del 2023 è finora di 17, con diversi feriti registrati da parte israeliana.

Tensioni crescenti

Le crescenti tensioni tra israeliani e palestinesi si sono riflesse anche in un acceso scambio di opinioni mercoledì 18 gennaio al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sul conflitto israelo-palestinese.

L’inviato palestinese all’ONU ha accusato il nuovo governo israeliano di prendere deliberatamente di mira il popolo palestinese, mentre l’ambasciatore israeliano all’ONU ha accusato i palestinesi di sabotare qualsiasi possibilità di riconciliazione.

La Cisgiordania è in piena crisi, con un’impennata quasi quotidiana degli scontri tra residenti, coloni e forze israeliane. Al-Monitor ha già riferito di nuovi gruppi militanti che stanno sorgendo in Cisgiordania e che si dichiarano pronti a combattere.

Anche la Striscia di Gaza è teatro di scontri, con una popolazione palestinese che si sente sempre più in trappola, ma sembra che gli scontri diretti si siano spostati in Cisgiordania.

Durante l’incontro di mercoledì, l’inviato delle Nazioni Unite per il Medio Oriente Tor Wennesland ha avvertito della situazione di pericolo e della spirale di violenza incontrollata.

“Israeliani e palestinesi rimangono in rotta di collisione tra l’escalation della retorica politica e incendiaria e l’intensificarsi della violenza in Cisgiordania, entrambe con conseguenze potenzialmente gravi”, ha dichiarato. “Senza uno sforzo concertato e collettivo da parte di tutti, con un forte sostegno da parte della comunità internazionale, i devastatori e gli estremisti continueranno a gettare altra benzina sul fuoco e ci allontaneremo ancora di più da una risoluzione pacifica del conflitto”.

Panoramica della situazione

Una delegazione diplomatica proveniente da Europa, Sudafrica e Australia si è incontrata mercoledì con funzionari palestinesi e religiosi islamici presso la Moschea di Al-Aqsa, in una dimostrazione di sostegno allo status quo e alla custodia dei luoghi sacri di Gerusalemme da parte della Giordania.

La situazione non si prevede possa migliorare, dopo il giuramento del governo di estrema destra del Primo Ministro Benjamin Netanyahu lo scorso dicembre. Il nuovo ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir ha dato istruzioni alla polizia, un paio di settimane fa, di rimuovere le bandiere palestinesi dai luoghi pubblici, in quanto tali bandiere potrebbero essere considerate incitamento al terrorismo. La sua visita al complesso di Al-Aqsa è stata vista da molti Paesi come un segno di sfida allo status quo.

Il partito Likud di Netanyahu ha dichiarato che seguirà una politica espansionistica in Cisgiordania e ha promesso di creare nuovi insediamenti. I media hanno riportato dichiarazioni di Netanyahu in cui afferma che il suo governo “farà avanzare e svilupperà gli insediamenti in tutte le parti della terra d’Israele – in Galilea, Negev, Alture del Golan e Giudea e Samaria”, citando i nomi biblici dei territori palestinesi contesi in Cisgiordania.

Sempre a dicembre, i palestinesi sono riusciti ad far approvare una risoluzione alle Nazioni Unite, in cui si chiede alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) di intervenire legalmente nella controversia e di fornire un parere consultivo sulle politiche di Israele in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

In linea con le attuali politiche israeliane e come misura punitiva per l’approvazione di questa risoluzione ONU, il governo di Netanyahu ha risposto trattenendo 39 milioni di dollari di entrate fiscali che avrebbero dovuto essere versate all’AP. Secondo quanto riportato dai media, i fondi verranno invece reindirizzati a un programma di compensazione per le famiglie israeliane colpite da attacchi di militanti palestinesi.

Questo importo così necessario aiuterebbe ad alleviare le sfide economiche che i palestinesi stanno attualmente affrontando. In risposta a questi provvedimenti, più di 100 Paesi hanno chiesto a Israele di revocare la sua decisione.

Gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno rilasciato una dichiarazione congiunta: “A prescindere dalla posizione di ciascun Paese sulla risoluzione, rifiutiamo misure di ritorsione in risposta a una richiesta di parere consultivo da parte della Corte Internazionale di Giustizia e, più in generale, in risposta a qualsiasi risoluzione dell’Assemblea Generale, e chiediamo la loro immediata revoca”.

Ci sono state su Twitter molte manifestazioni di sostegno, per confutare le politiche punitive di Israele. 

https://www.al-monitor.com/originals/2023/01/israeli-raid-kills-palestinian-teacher-militant

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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