“Israele viola ‘il diritto di tutti i diritti’: quello all’autodeterminazione del popolo palestinese”

Gen 15, 2023 | Notizie

di Lidia Ginestra Giuffrida,

15 gennaio 2023. 

Questo sostiene la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite Francesca Albanese presentando a Roma il suo primo rapporto sui diritti umani in Palestina.

Nelle giornate di giovedì 13 e venerdì 14 gennaio 2023, organizzate da AssopacePalestina e Amnesty International nella sede romana del Parlamento Europeo e da Altreconomia in collaborazione con il senatore Tino Magni e Amnesty International a Palazzo Giustiniani, si è svolta la presentazione del primo rapporto Albanese sui diritti umani in Palestina.

Dal rapporto di Francesca Albanese, prima donna a ricoprire il ruolo di Relatrice Speciale delle Nazioni Unite, emerge che dal 1967 Israele nega sistematicamente il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese all’interno della più ampia cornice del colonialismo di insediamento. Ciò avviene attraverso la repressione dei quattro pilastri fondamentali dei diritti di un popolo: quello della sovranità territoriale, quello della sovranità sulle risorse naturali, quello dell’esistenza culturale di un popolo in quanto popolo e, in ultimo, quello del diritto alla formazione organica e al buon funzionamento di un governo e di politiche che rappresentino tutto il popolo nella sua dimensione collettiva e politica.

Il rapporto smaschera, quindi, la vera natura dell’occupazione israeliana che, per mezzo della violazione sistematica e deliberata delle componenti essenziali del diritto all’autodeterminazione, ha creato un regime intenzionalmente acquisitivo, segregazionista e repressivo volto alla de-palestinizzazione del territorio occupato. 

“L’occupazione militare israeliana è un atto di aggressione non giustificabile in nome dell’autodifesa e questo mette Israele sullo stesso piano di altri paesi occupanti e aggressori”, dichiara Francesca Albanese.

La relatrice condanna dunque la comunità internazionale che lascia impunito Israele.

Nonostante 55 anni di oppressione di stampo coloniale, la comunità internazionale non ha mai affrontato la questione di esigere un rigoroso rispetto del diritto internazionale da parte di Israele, ma ha sempre preferito altri approcci quali quello umanitario o economico.

La relatrice conclude affermando la necessità di un “cambio di paradigma” nell’affrontare la questione israelo-palestinese; si cessi di definirla un conflitto e la si identifichi piuttosto come rapporto di forza tra uno stato occupante e un popolo occupato. È necessario, dunque, richiedere a gran voce lo smantellamento dell’apparato militare e d’apartheid israeliano e quindi la fine dell’occupazione, affinché i palestinesi possano godere del proprio diritto all’autodeterminazione.

Per raggiungere l’auspicata liberazione del popolo palestinese e dello stesso popolo ebraico occorre che “il diritto internazionale torni ad essere il motore e la guida della politica e non viceversa”.

Nella giornata di giovedì sono intervenute anche Chiara Cruciati, redattrice esteri de Il Manifesto, Tina Marinari, campaigner di Amnesty International e Luisa Morgantini, presidente di AssopacePalestina, in collegamento da Betlemme. Dopo i saluti iniziali dell’onorevole Massimiliano Smeriglio, Luisa Morgantini, che dallo scorso dicembre si trova in Cisgiordania, ha spiegato come la situazione nei territori palestinesi, ma anche in Israele, stia drammaticamente peggiorando in seguito della formazione del nuovo governo Netanyahu. Morgantini ha parlato di un oggettivo aumento della violenza e delle misure di controllo sia nei confronti dei palestinesi che degli israeliani. Il nuovo governo di estrema destra, infatti, lede anche la libertà di questi ultimi. Lo scorso sabato sono stati più di diecimila gli israeliani scesi in piazza a Tel Aviv per protestare contro la nuova formazione di governo.

Ma la battaglia contro il colonialismo sionista si muove anche sul piano narrativo, afferma Chiara Cruciati. L’importanza del linguaggio rispetto alla questione israelo-palestinese si lega alla necessità che esso venga de-colonizzato e de-occidentalizzato. Tina Marinari, a sua volta, ha passato in rassegna le violazioni dei diritti umani commesse da Israele e ha sottolineato la necessità di interventi reali da parte della comunità internazionale.

Gli interventi di venerdì 14 hanno visto anche la presenza del direttore di Altreconomia Duccio Facchini, di Tino Magni, senatore dell’Alleanza Verdi e Sinistra, Alon Confino, storico e direttore dell’Institute for Holocaust Genocide and Memory Studies e Nicola Perugini, antropologo e docente di relazioni internazionali all’università di Edimburgo, in collegamento da remoto.

In questa seconda giornata ha trovato anche spazio una riflessione sull’antisemitismo. Grazie agli spunti del professor Confino, che ne ha spiegato le origini, è emerso quanto la parola antisemitismo venga strumentalizzata per proteggere Israele da qualsiasi critica, senza tener conto della differenza sostanziale tra antisemitismo e antisionismo. La stessa relatrice delle Nazioni Unite Francesca Albanese è stata accusata di antisemitismo per le sue dichiarazioni sull’occupazione israeliana in Palestina.

Due giornate importanti e necessarie, che manifestano l’urgenza di affrontare la questione israelo-palestinese anche e soprattutto all’interno delle sedi istituzionali italiane, luoghi che dedicano al tema ancora troppo poco spazio e attenzione.

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1 commento

  1. Sebastiano Comis

    Il ‘diritto all’autodeterminazione’ viene spesso invocato dai sionisti, che lo interpretano così:

    Se ti entrano in casa degli estranei
    che stuprano tua figlia
    e rinchiudono te e la tua famiglia
    in cantina e in soffitta
    mentre loro fanno gozzoviglia
    agli altri piani,
    non prenderla come una sconfitta
    o una violenza, non fare opposizione:
    stanno solo esercitando il loro
    ‘diritto di autodeterminazione’.

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