Quello che la gita scolastica di mia figlia mi ha insegnato sull’attivismo anti-occupazione

Gen 6, 2023 | Notizie

di David Zonsheine,  

+972 Magazine, 27 dicembre 2022. 

La nostra scuola liberale di Tel Aviv voleva che gli studenti visitassero un progetto gestito da un gruppo di coloni nella Gerusalemme Est occupata. Ecco cosa ho imparato prendendo la parola.

Turisti dinanzi a una vista della Cupola della Roccia e del Monte del Tempio nella Città Vecchia di Gerusalemme, dall’osservatorio del Monte degli Ulivi, 28 gennaio 2020. (Olivier Fitoussi/Flash90)

Un decennio fa, durante il secondo governo di Benjamin Netanyahu, il ministro dell’Istruzione di Israele era Gideon Sa’ar. Sostenitore integralista del Likud e ideologo del “Grande Israele”, uno dei suoi principali successi in carica fu quello di aumentare il numero di studenti delle scuole medie e superiori israeliane che visitavano la Grotta dei Patriarchi a Hebron, un luogo sacro che si dice sia il luogo di sepoltura del profeta Abramo e dei membri della sua famiglia e che oggi funge sia da sinagoga che da moschea.

Quando nel 2012 alcuni amici preoccupati per questi dati mi hanno contattato, ho detto loro che non avrei permesso alle mie figlie (che all’epoca avevano due e cinque anni) di partecipare a un tour di Hebron che non includesse una conversazione con i residenti palestinesi di quella città della Cisgiordania occupata. Non avevo problemi a che le ragazze, passando davanti alla Grotta o alla fine della loro visita, sentissero i loro insegnanti israeliani parlare del legame che gli ebrei hanno con quel sito, ma avrei voluto che ciò avvenisse solo dopo che avessero visto cosa sta realmente accadendo oggi nella città.

All’epoca le mie figlie erano troppo piccole per partecipare a quei viaggi. Così pensai tra di me che, quando sarebbe arrivato il momento, avrei fatto ciò che dovevo per protestare e impedire una simile visita. Anni dopo, la mia figlia maggiore frequentava la decima classe di uno dei licei liberali di Tel Aviv e, con mia grande gioia, il mio immaginario confronto era stato evitato. O almeno questo è ciò che pensavo.

“È un’altra cosa”

Tutto è iniziato con uno di quei moduli online che ogni genitore deve firmare ogni volta che il proprio figlio va in gita. Il genitore di un ragazzo del decimo anno firma decine di questi moduli di autorizzazione, e molto probabilmente non legge nemmeno a fondo i documenti prima di firmarli.

Il mese scorso, però, la madre di uno degli studenti ha scritto nel gruppo WhatsApp dei genitori che, prima di firmare l’autorizzazione, voleva capire meglio quali precauzioni di sicurezza fossero state prese per il viaggio. Non avevo ancora visto il modulo o l’itinerario, e non capivo quali preoccupazioni di sicurezza potessero improvvisamente far suonare un tale campanello d’allarme, visto che la sicurezza non era mai stata un problema nelle precedenti gite scolastiche.

Archeologi scavano i resti di una cittadella usata dai Greci più di 2.000 anni fa per controllare il Monte del Tempio, presso la Città di Davide, vicino alla Città Vecchia di Gerusalemme. 3 novembre 2015. (Yonatan Sindel/Flash90)

Scorrendo il gruppo WhatsApp, sono rimasto sorpreso nell’apprendere che il tour si sarebbe svolto a Gerusalemme. E non un tour qualsiasi: avrebbe incluso una visita alla passeggiata di Armon HaNatziv che domina la città, al Museo di Israele, al famoso mercato di Mahane Yehuda e – cosa più significativa – una visita al quartiere palestinese di Silwan, nella parte orientale occupata della città.

L’itinerario del viaggio, tuttavia, non menzionava affatto Silwan. Si parlava invece di un’entità diversa: la “Città di Davide”. Situata nel cuore di Silwan, la Città di Davide è un sito archeologico che è stato trasformato in un parco nazionale sotto la gestione del vincitore del Premio Israele David Be’eri. L’organizzazione di Be’eri, Elad, ha lavorato instancabilmente negli ultimi quarant’anni, in stretta collaborazione con le autorità statali e il Fondo Nazionale Ebraico, per confiscare le case palestinesi a Gerusalemme Est e usarle per l’insediamento ebraico.

Pochi anni dopo la fondazione di Elad sotto la guida di Be’eri, un nuovo nome è emerso come guida del gruppo: Avi Maoz. Si tratta dello stesso Avi Maoz che attualmente è a capo del partito ultrareligioso e anti-LGBTQ Noam; che si è candidato alle ultime elezioni nella stessa lista dei partiti di estrema destra Sionismo Religioso e Otzma Yehudit; e che, dopo essere stato incaricato di supervisionare i programmi scolastici extra-curriculari del nuovo governo, sta facendo venire i brividi a innumerevoli genitori.

Rendendomi conto di ciò, ho scritto nel gruppo WhatsApp dei genitori che non avrei mandato mia figlia in un insediamento in un quartiere occupato, dove migliaia di residenti palestinesi non hanno cittadinanza e sono soggetti a vessazioni quotidiane, sfratti, espulsioni e altre forme di violenza da parte dello Stato e dei coloni. Inizialmente il mio messaggio ha ricevuto poche risposte.

Ho quindi contattato il direttore della scuola, che ha organizzato un incontro al quale si è unito un altro genitore. Durante la conversazione con il personale, ho chiesto se la scuola avrebbe mai permesso all’organizzazione che gestisce la Città di Davide di promuovere contenuti omofobici o razzisti agli studenti. La risposta è stata netta: una tale iniziativa sarebbe stata accolta con una feroce opposizione.

Il capo del Noam Avi Maoz parla durante una riunione alla Knesset, il parlamento israeliano, a Gerusalemme. 5 dicembre 2022. (Olivier Fitoussi/Flash90)

“Se è così”, ho chiesto, “perché mandate gli studenti di questa scuola a visitare un progetto a Silwan, che Avi Maoz ha trasformato in uno zeitgeist [ricordo del passato] israeliano, cancellando così il quartiere preesistente, le espulsioni e la repressione?” La scuola ha risposto semplicemente che questa era “un’altra cosa”. Certo che lo era: i palestinesi sono sempre “diversi”; esistono al di fuori del discorso liberale israeliano, nascosti sotto l’ombrello degli argomenti “politici” che è meglio evitare a scuola.

Il silenzio è politico

Alla fine abbiamo vinto questa piccola battaglia locale nella guerra che la sinistra politica più ampia sembrava aver perso da tempo. In primo luogo, i ragazzi i cui genitori si opponevano alla visita alla Città di Davide sono stati esonerati da quella parte della gita. Ma il loro numero è presto passato da una manciata di voci nel gruppo WhatsApp a quasi la metà dei genitori della classe. Alla fine, di fronte a questa crescente opposizione, la scuola ha deciso di escludere completamente la Città di Davide dalla gita.

Se mai dovessi scrivere il discorso per introdurre David Be’eri o Avi Maoz alla cerimonia di consegna del Premio Israele, direi – parafrasando la famosa frase – che quando piccoli uomini raggiungono grandi traguardi, probabilmente ciò avviene perché una massa di persone li sostiene o resta in silenzio. Una discussione su una gita scolastica dimostra quanto questa scelta venga fatta anche ai livelli più piccoli, in centinaia di scuole in tutto il Paese, e possa in ultima analisi plasmare il destino della nostra politica e la vita di milioni di persone.

Ho trascorso molti anni nel movimento anti-apartheid in Israele, eppure ho imparato alcune cose  nuove da questa piccola e personale lotta. La prima è che bisogna sempre parlare e prendere posizione. Il silenzio è politico e aiuta sempre i potenti – e in Israele oggi i potenti sono di destra. È significativo che, quando ho chiesto al personale della nostra scuola, che si supponeva liberale, come fosse possibile che non avessero avvisato i genitori che la classe si sarebbe recata a Silwan, mi abbiano risposto che gli studenti non sarebbero andati lì, ma alla Città di Davide – cancellando un quartiere di migliaia di persone con il nome di un progetto di colonizzazione nel cuore del territorio occupato.

Un bulldozer demolisce un edificio nel quartiere Silwan di Gerusalemme. 10 agosto 2021. (Activestills)

La seconda lezione è che, sebbene il movimento anti-apartheid in Israele sia una piccola minoranza, dobbiamo imparare a combattere nelle arene locali. Questo include il sistema educativo – dagli asili alle scuole superiori – dove lo Stato ha una massiccia influenza sulle menti dei giovani cittadini.

Il terzo è la necessità di mobilitarsi e di agire insieme. Mi ci sono voluti alcuni giorni per capire che intorno a me, a scuola, e persino nella classe di mia figlia, c’era una fila di attivisti di sinistra pronti a unirsi a questa piccola causa. La capacità di agire insieme su un tema concreto mi ha ricordato ciò che avevo dimenticato: che quando si sta in silenzio si è soli, ma quando si alza la voce si possono trovare altri che si uniscono a noi.

David Zonsheine è genitore di due figlie che frequentano le scuole di Tel Aviv. È stato uno dei fondatori del movimento degli obiettori di coscienza nel 2002 e fino a poco tempo fa è stato presidente di B’Tselem.

https://www.972mag.com/schools-silwan-elad-students/

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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