I fascisti nel governo di Netanyahu non faranno venir meno il sostegno occidentale a Israele

Nov 7, 2022 | Notizie

di Jonathan Cook,

Middle East Eye, 4 novembre 2022. 

Israele non è diventato improvvisamente uno Stato più razzista. Sta semplicemente diventando più sicuro di sé nell’ammettere il suo razzismo di fronte al mondo.

Un sostenitore del partito israeliano Likud sventola una bandiera nazionale presso la sede della campagna elettorale del partito a Gerusalemme. 2 novembre 2022. (AFP)

Il risultato più inquietante delle elezioni di Israele di questa settimana non è stato il fatto che un partito apertamente fascista abbia vinto il terzo maggior numero di seggi, o che stia per diventare il perno del prossimo governo. La cosa più inquietante è quanto poco cambierà, in Israele o all’estero, a seguito di tutto ciò.

Avere Sionismo Religioso al centro del governo modificherà il tono con cui viene condotta la politica israeliana, rendendola ancora più grossolana, più violenta e intransigente. Ma non cambierà il suprematismo etnico che ha guidato la politica israeliana per decenni.

Israele non è improvvisamente uno Stato più razzista. Sta semplicemente diventando più sicuro di sé nell’ammettere il proprio razzismo di fronte al mondo. E il mondo – o almeno quella parte di esso che si definisce arrogantemente comunità internazionale – sta per confermare che tale sicurezza è fondata.

Infatti, l’atteggiamento dell’Occidente nei confronti del prossimo governo di coalizione di Israele non sarà diverso da quello che ha avuto nei confronti di quelli presumibilmente meno inquinati che lo hanno preceduto.

In privato, l’amministrazione Biden negli Stati Uniti ha manifestato ai leader israeliani il suo disappunto per la presenza di fascisti al governo, anche perché la loro presenza rischia di evidenziare l’ipocrisia di Washington e di mettere in imbarazzo gli alleati del Golfo. Ma non aspettatevi che Washington faccia qualcosa di concreto.

Non ci saranno dichiarazioni che chiedano l’ostracismo del governo israeliano come un paria, né iniziative per sanzionarlo o per porre fine ai miliardi di dollari in elargizioni che gli Stati Uniti gli forniscono ogni anno. In una Washington ancora scossa dalle conseguenze delle rivolte del 6 gennaio, non ci saranno allarmi per il fatto che la democrazia israeliana è stata sabotata dall’interno.

Allo stesso modo, non ci sarà alcuna richiesta che Israele si impegni a proteggere in modo più rigoroso i Palestinesi sotto il suo dominio militare, né una ripresa degli sforzi per costringerlo al tavolo dei negoziati.

Dopo un po’ di imbarazzato scalpiccio di piedi, e forse un rifiuto simbolico di incontrare i ministri dei partiti fascisti, si tratterà di affari come al solito, e il “solito” è l’oppressione e la pulizia etnica dei Palestinesi.

Morto e sepolto

Non si tratta di sminuire l’importanza dei risultati. Meretz, l’unico partito ebraico che professa di favorire la pace rispetto ai diritti dei coloni israeliani, non è riuscito a superare la soglia elettorale. Il piccolo campo di pace di Israele sembra morto e sepolto.

L’estrema destra laica, l’estrema destra dei coloni e la destra religiosa fondamentalista si sono assicurati 70 dei 120 seggi del Parlamento, anche se le faide interne fanno sì che non tutti siano disposti a sedersi insieme. Tuttavia, c’è abbastanza consenso da garantire che l’ex Primo Ministro Benjamin Netanyahu, caduto in disgrazia, torni al potere per la sesta volta, un record.

Quasi sicuramente, al cuore del nuovo governo ci sarà Itamar Ben-Gvir, il cui partito fascista Jewish Power rappresenta l’eredità brutale e nudamente suprematista del famigerato Rabbino Meir Kahane, che desiderava espellere i Palestinesi dalla loro patria. Netanyahu sa che deve la sua rimonta alla sorprendente ascesa di Ben-Gvir e dei kahanisti – e dovrà ricompensarli adeguatamente.

Altre decine di seggi nella Knesset sono detenuti da partiti ebraici che appartengono alla destra laica e militarista. I loro parlamentari fanno il tifo per quello che oggi è un assedio di 15 anni a Gaza e ai suoi due milioni di abitanti palestinesi, nonché per i bombardamenti intermittenti dell’enclave costiera che la riportano “all’età della pietra”.

Nessuno di questi partiti preferisce una soluzione diplomatica alla sottomissione permanente dei Palestinesi, alla loro graduale pulizia etnica da Gerusalemme e al consolidamento degli insediamenti nella Cisgiordania occupata.

Questi stessi partiti, dopo la loro vittoria alle urne 19 mesi fa, hanno supervisionato quello che le Nazioni Unite hanno recentemente previsto essere l'”anno più letale” per i Palestinesi da quando si è iniziato a compilare i dati nel 2005. Mentre erano al governo, hanno chiuso sei importanti gruppi palestinesi per i diritti umani, sostenendo senza prove che si trattava di organizzazioni terroristiche.

Ciononostante, le capitali occidentali ora fingono che questi partiti di opposizione offrano la speranza – per quanto lontana – di una svolta di pace.

In questo mare di suprematismo ebraico senza limiti, siederanno 10 parlamentari appartenenti a due partiti non sionisti a maggioranza araba, che rappresentano un quinto della popolazione israeliana. Se riusciranno ad alzare la voce abbastanza da rompere il frastuono del razzismo anti-palestinese nell’aula del Parlamento, saranno gli unici a sostenere una causa che la comunità internazionale dichiara di avere a cuore: una soluzione a due Stati.

Momento di chiarezza

Il successo della coalizione fascista di Potere Ebraico e Sionismo Religioso, che si prevede conquisterà 14 seggi, dovrebbe essere un momento di chiarezza. In queste elezioni, il sionismo politico, l’ideologia di Stato di Israele, ha rotto ogni copertura. Si è rivelato come uno spettro ristretto di brutte credenze suprematiste ebraiche.

In particolare, l’ascesa di Ben-Gvir strapperà la maschera a Israele e ai suoi sostenitori all’estero, che affermano che Israele è l’unica democrazia in Medio Oriente, con l’implicazione appena celata che esso rappresenta un avamposto della civiltà occidentale in un Medio Oriente moralmente arretrato e primitivo.

Ben-Gvir e i suoi alleati al governo rendono fin troppo evidente che il sostegno occidentale a Israele non è mai stato condizionato dal suo carattere morale o dalle sue pretese democratiche. Fin dall’inizio, Israele è stato sponsorizzato come un avamposto coloniale dell’Occidente – “un bastione dell’Europa contro l’Asia, un avamposto della civiltà in opposizione alla barbarie”, come Theodor Herzl, il padre del sionismo, definì il ruolo di Israele.

Itamar Ben-Gvir, leader del partito israeliano di estrema destra Jewish Power, parla ai suoi sostenitori a Gerusalemme. 2 novembre 2022. (AFP)

L’obiettivo centrale del sionismo, la sostituzione della popolazione palestinese autoctona con gli immigrati ebrei che rivendicano un antico diritto di nascita, è stato lo stesso, chiunque abbia guidato Israele. La disputa all’interno del sionismo ha riguardato i mezzi necessari per raggiungere tale sostituzione, sulla base delle preoccupazioni relative al modo in cui il mondo esterno potrebbe percepire e rispondere al razzismo sponsorizzato dallo Stato di Israele.

Nel corso del tempo, il sionismo liberale ha generalmente concluso che il meglio che può sperare è di ammassare i palestinesi in ghetti per assicurare il dominio ebraico sulla terra. Questo è il modello di apartheid che la comunità internazionale ha cercato per tre decenni di formalizzare in una soluzione a due Stati.

Ma il sionismo liberale non è riuscito a soggiogare i palestinesi e ora è stato effettivamente spazzato via dalla scena politica israeliana dal trionfo del sionismo revisionista. Questa è l’ideologia a cui aderisce una chiara maggioranza del nuovo Parlamento.

Di fronte alla resistenza palestinese e al fallimento del sionismo liberale, il sionismo revisionista offre una soluzione più soddisfacente. Preferisce rendere esplicita la supremazia ebraica, imposta da un comandamento più o meno divino, su un territorio allargato. Conclude che, se i Palestinesi rifiutano di sottomettersi al loro status di ospiti di terza classe, allora perdono qualsiasi diritto e creano i presupposti per la loro stessa espulsione.

Immagine fascista 

Per i palestinesi, Ben-Gvir sarà diverso dai parlamentari degli altri partiti con cui siederà al governo soprattutto per l’audacia con cui sarà disposto a mettere in imbarazzo l’Occidente – e i sostenitori sionisti liberali di Israele – ostentando il suo razzismo.

Se Ben-Gvir rappresenterà un cambiamento, non sarà in termini di azioni che Israele farà nei territori occupati. Continueranno come prima, anche se lui potrebbe rivelarsi una spina nel fianco di Netanyahu sulla questione dell’annessione, come lo sono molti dello stesso partito di Netanyahu.

L’impatto di Ben-Gvir sarà piuttosto all’interno di Israele. Vuole il portafoglio della sicurezza pubblica, in modo da poter iniziare a trasformare la polizia nazionale in una milizia a immagine e somiglianza del suo partito fascista, replicando il successo precedente dei coloni nel penetrare e prendere gradualmente il controllo dell’esercito israeliano.

Questo accelererà una tendenza di più stretta collaborazione tra la polizia e i gruppi armati di coloni, legittimando un uso ancora maggiore di vari tipi di violenza formale e informale contro la minoranza di cittadini palestinesi che vivono all’interno di Israele. Permetterà inoltre a Ben-Gvir e ai suoi alleati di dare un giro di vite contro i “devianti” all’interno della società ebraica: i dissenzienti sulle questioni religiose, sessuali o politiche.

I fascisti del governo di Netanyahu cercheranno di basarsi sul discorso di incitamento che esiste contro i cittadini palestinesi che vivono in Israele, allo scopo di caratterizzare la minoranza come una quinta colonna e per giustificare pubblicamente la sua espulsione. E questo non è senza precedenti: leader e i ministri del passato hanno suggerito che i Palestinesi sono intrinsecamente traditori, paragonando i cittadini palestinesi a “cancro” o a “scarafaggi” e chiedendo la loro espulsione.

Nel frattempo, Avigdor Lieberman, ministro di diversi governi, tempo fa ha presentato un piano per ridisegnare i confini di Israele allo sciopo di negare la cittadinanza a una parte della minoranza palestinese.

In estate, Ben-Gvir ha pubblicizzato un sondaggio d’opinione che mostrava che quasi due terzi degli ebrei israeliani erano favorevoli alla legislazione da lui proposta per espellere i cittadini palestinesi “infedeli” dallo Stato e privarli della cittadinanza. Altri partiti ebraici, che hanno le loro particolari versioni di suprematismo etnico, faticheranno a trovare un modo per contrastare in modo credibile la retorica fascista di Ben-Gvir.

Prova difficile

Tutto questo si rivelerà una prova difficile per i sostenitori di Israele in Europa e negli Stati Uniti. Molti si identificano come sionisti liberali, anche se la loro ala del sionismo è stata sradicata all’interno di Israele qualche tempo fa.

I sionisti liberali ebrei sostengono invariabilmente che Israele è centrale per la loro identità. Hanno persino insistito nel ridefinire come antisemitismo tutto ciò che va al di là di una blanda critica a Israele. Un attacco a Israele è un attacco all’identità ebraica, sostengono, e quindi costituisce antisemitismo.

È esattamente la logica usata dall’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) nello stilare una nuova definizione di antisemitismo, una definizione che è stata ampiamente adottata da partiti politici occidentali, autorità locali e università.

Gli esempi di antisemitismo dell’IHRA includono la definizione di Israele come “impresa razzista”, il paragone delle sue azioni con quelle dei nazisti (presumibilmente anche se le politiche israeliane sono dettate dai fascisti attuali), o la richiesta a Israele di “comportamenti che non ci si aspetta o che non si richiedono a nessun’altra nazione democratica” (sollevando la domanda: cos’altro deve fare Isreale per non essere più condiderata come “qualunque altra nazione democratica?).

Chi si è tirato indietro, come l’ex leader laburista britannico, Jeremy Corbyn, ha sentito tutta la forza dell’ira del sionismo liberale, così come coloro che si battono per il boicottaggio di Israele allo scopo di frenare i suoi eccessi. Sono stati i sionisti liberali a bloccare l’attivismo di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS).

I sostenitori di Israele ripudieranno la definizione dell’IHRA o di Israele, quando Ben-Gvir siederà al governo, rappresentando una grande porzione della popolazione israeliana? Si può scommettere che non lo faranno.

Se Ben-Gvir costringe i sostenitori di Israele a scegliere tra il suprematismo etnico del loro sionismo e il loro liberalismo, la maggior parte di loro resterà fedele al primo. Quello che accadrà, come è successo tante volte in passato, è che lo spostamento di Israele più a destra sarà rapidamente normalizzato. Avere dei fascisti aperti all’interno del governo diventerà presto irrilevante.

Peggio ancora, Ben-Gvir servirà da alibi per gli altri politici di estrema destra che lo affiancano, permettendo agli Stati Uniti e all’Europa di presentare questi ultimi come moderati, uomini e donne di pace, gli adulti nella stanza.

https://www.middleeasteye.net/opinion/israel-election-extreme-right-western-support-wont-end

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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