Un’invasione di coloni a Ramallah mette in luce l’impotenza dell’Autorità Palestinese

Ott 24, 2022 | Notizie

di Mariam Barghouti,  

Mondoweiss, 20 ottobre 2022

Coloni israeliani, scortati dall’esercito israeliano, hanno invaso un quartiere di Ramallah la scorsa settimana, dissipando ulteriormente l’illusione di sovranità dell’Autorità Palestinese.

Le forze israeliane sorvegliano un percorso che consente ai coloni di condurre rituali talmudici, nel quartiere Tireh di Ramallah, 13 ottobre 2022. (foto: Wajed Nobani/apa images)

Intorno alle 9:00 del 13 ottobre, coloni israeliani hanno preso d’assalto il quartiere di Al-Tireh a Ramallah, per condurre preghiere e cerimonie talmudiche. Questa pratica, tra le altre strategie, è stata comunemente utilizzata dai coloni religiosi come mezzo per fornire alla Corte Suprema israeliana le basi legali per appropriarsi di terre palestinesi, suggerendo che tali terre hanno un significato biblico per il popolo ebraico.

Il protocollo militare israeliano prevede che i coloni israeliani debbano sempre essere accompagnati da una scorta dell’esercito e della polizia, anche se la maggior parte dei coloni civili porta con sé armi e armamenti vari. Questo è uno dei modi in cui la violenza dei coloni israeliani viene rafforzata dallo Stato.

L’invasione dei quartieri di Ramallah da parte di questi coloni indica che il loro movimento si è imbaldanzito nel suo obiettivo di accelerare la pulizia etnica della Palestina, soprattutto dopo l’Intifada dell’Unità della scorsa estate.

Le invasioni a Ramallah sono solo un esempio tra i tanti, poiché le forze israeliane hanno invaso regolarmente anche la Tomba di Giuseppe, vicino alla Città Vecchia di Nablus, e il villaggio di Nabi Saleh. La sorpresa più eclatante, tuttavia, non è nell’atteggiamento dei coloni, ma nella rottura tangibile della facciata di sovranità dell’Autorità Palestinese (AP).

Nessuna sicurezza nella presunta capitale dell’AP

Il Primo Ministro dell’AP vive nel quartiere di Al-Tireh, a pochi chilometri di distanza dalla Muqata’a (il quartier generale dell’AP a Ramallah), evidenziando quanto facilmente l’esercito israeliano possa insinuarsi nell’area principale della sovranità dell’AP senza conseguenze.

Mentre i coloni continuavano il loro rituale, l’esercito israeliano e la polizia di frontiera si sono appostati vicino a via Al-Narjes, dove hanno forzato l’ingresso di un edificio residenziale per mandare i cecchini sul tetto.

Nel frattempo, ai residenti dell’edificio stesso è stato negato l’ingresso nelle loro case. Le continue suppliche degli osservatori e degli abitanti della zona hanno infine spinto i soldati a permettere ad alcuni residenti di entrare in casa.

Nel frattempo, Abu Ahmad, 41 anni, teneva la sua bambina di tre mesi con un braccio, mentre con l’altro faceva delle pause per asciugarsi il sudore dalla fronte. Lui, sua moglie e il bambino di tre anni stavano aspettando che le loro tre figlie tornassero da scuola.

“I soldati vogliono che passi per Betunia”, ha detto a Mondoweiss, con il sudore che gli colava sul viso mentre era costretto ad aspettare sotto il sole cocente. “È un giro troppo lungo, e le ragazze saranno a casa da un momento all’altro”.

I sottili capelli neri della bambina che aveva in braccio erano bagnati di sudore. I coloni hanno continuato il loro rituale, mentre i soldati hanno continuato a impedire ai palestinesi di muoversi liberamente nel loro quartiere, il tutto per fornire “protezione” ai coloni.

“Hanno detto che hanno bisogno di altre quattro ore”, ha detto Abu Ahmad, sempre più ansioso. Due ragazzi sono arrivati all’edificio di Al-Tireh forzato per i cecchini sul tetto, per scoprire che le loro case erano diventate basi militari temporanee.

Il benessere dei coloni a spese dei palestinesi

All’inizio della mattinata, i soldati avevano fermato l’auto di un giovane che stava cercando di raggiungere la sua casa proprio in fondo alla collina, di fronte al luogo in cui i coloni stavano svolgendo i loro rituali.

Da un lato dell’auto c’erano i soldati, mentre dall’altro dei giovani hanno lanciato alcune pietre contro i soldati. I giovani hanno immediatamente interrotto il lancio di pietre nel momento in cui hanno visto l’auto palestinese, urlando ironicamente “non colpire la BMW, amico!”. I soldati hanno cercato di mandare via l’uomo in macchina, ma lui aveva in grembo le sue orchidee viola e non vedeva l’ora di arrivare a casa per festeggiare l’anniversario dei genitori.

Dopo aver trattenuto l’auto, e in seguito all’insistenza del giovane per raggiungere la cerimonia della sua famiglia, oltre alle grida dei giovani, l’esercito lo ha lasciato passare a malincuore, ma non senza una scorta militare, una jeep davanti e una jeep dietro, per assicurarsi che non si avvicinasse ai coloni.

Era quasi come se i soldati volessero far sentire ai coloni che i palestinesi intorno a loro non esistevano. Negli ultimi cinque anni, i residenti del quartiere hanno riferito di un aumento di questo tipo di visite dei coloni, e in numero sempre maggiore.

Nel pomeriggio, in un episodio simile a quello del giovane con le orchidee, a due ragazzi è stato negato l’ingresso nelle loro case.

Attento a non provocare i soldati, che sembravano già frustrati e desiderosi di premere il grilletto, uno dei ragazzi ha detto chiaramente al soldato “noi viviamo lì”, indicando con la testa l’edificio ora occupato dai cecchini. Ai ragazzi non è stato permesso di entrare, costretti ad andarsene finché i coloni non avessero finito.

Berretto, pantaloni della tuta, maglietta bianca, jeans aderenti e motocicletta: i soldati conoscevano senza dubbio questa immagine, che è diventata l’estetica adottata dalla generazione di ragazzi che si oppongono ai soldati israeliani che invadono i loro quartieri. Il berretto e l’abbigliamento Adidas (o Under Armor), abbinati al loro fisico snello, sono diventati la divisa informale dei giovani ribelli cresciuti nelle strade di Gerusalemme, Hebron, Jenin, Ramallah e Nablus. È anche l’uniforme che i soldati si sono abituati a tenere a mente e a prendere di mira nella gestione degli spostamenti dei palestinesi.

Due ragazzi trattenuti dai soldati israeliani fuori dalle loro case, nel quartiere Al-Tireh di Ramallah. (foto: Mariam Barghouti/Mondoweiss)

Le preghiere cerimoniali dei coloni ad Al-Tireh sono terminate nel tardo pomeriggio. A quel punto erano arrivate diverse famiglie che cercavano di entrare nelle loro case, mentre alcuni che cercavano di uscire erano di fatto agli arresti domiciliari temporanei. L’intera comunità ha continuato ad aspettare con trepidazione, chiedendosi se i soldati avrebbero deciso di disperdere le famiglie e di diventare violenti.

Alla fine i coloni hanno finito e sono stati scortati via dalla polizia, mentre l’esercito si è attardato per assicurare la loro ritirata, prima di ritirarsi anch’esso. L’intero quartiere è sembrato tirare un sospiro di sollievo. Ma rimaneva un senso di inquietudine, sapendo che era solo questione di tempo prima che i coloni tornassero con automezzi dell’esercito e soldati al seguito, e questa volta forse in numero ancora maggiore.

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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1 commento

  1. Sebastiano Comis

    Questa notte a Nablus l’esercito di occupazione ha ucciso quattro resistenti palestinesi. Mi chiedo se la Meloni andrà oggi al Portico di Ottavia, come Letta l’anno scorso, a esprimere la sua solidarietà con gli ebrei italiani.

    Rispondi

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