A Gerusalemme, Biden firma il certificato di morte dei palestinesi

Lug 17, 2022 | Notizie, Riflessioni

di Gideon Levy,

Haaretz, 16 luglio 2022. 

Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden firma il libro dei visitatori nella residenza del Presidente israeliano Isaac Herzog a Gerusalemme, giovedì scorso. EVELYN HOCKSTEIN/ REUTERS

All’Augusta Victoria Hospital di Gerusalemme Est, tra tutti i possibili luoghi, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato un certificato di morte. La soluzione dei due Stati è morta molto tempo fa, e ora è morta anche la scelta strategica dei palestinesi di affidarsi all’Occidente nella lotta per i loro diritti nazionali.

Questa speranza ha esalato il suo ultimo respiro all’Augusta Victoria. Nel suo discorso, Biden ha riflettuto a lungo sul periodo trascorso in ospedale da lui e dalla sua famiglia; ha ricordato il reparto di terapia intensiva. Una linea piatta sul monitor significava morte, ha imparato allora. Circa un’ora dopo, a Betlemme, il monitor era piatto. Il percorso che i Palestinesi hanno intrapreso 50 anni fa è giunto alla fine. Sono arrivati a un punto morto.

All’inizio degli anni ’70, una nuova stella apparve nei cieli politici: il cardiologo Issam Sartawi, rifugiato di San Giovanni d’Acri, studente in Iraq, esule a Parigi e architetto dei dirottamenti aerei. Fece un cambiamento totale. Divenne l’apripista dei palestinesi verso il cuore dell’Occidente; fino ad allora si erano affidati ai Paesi non allineati. Sartawi guidò i palestinesi a Bonn, Vienna, Parigi e Stoccolma, invece che a Mosca, Giacarta, Delhi e Kuala Lumpur.

Questa fu considerata un’ottima scelta. Il protetto e addirittura beniamino delle stelle socialdemocratiche dell’Europa occidentale di quei tempi – Willy Brandt, Bruno Kreisky, Olof Palme e François Mitterrand – andò avanti cercando anche di conquistarsi le simpatie degli israeliani. Sartawi iniziò incontrando i rappresentanti della sinistra israeliana. Yasser Arafat si unì con entusiasmo al percorso tracciato dal suo consigliere, che sembrava molto più promettente che cercare aiuto da Karachi. 

Cinquant’anni dopo, questa strada è giunta alla fine, con i palestinesi che sanguinano sul terreno. Un Presidente americano concede loro solo poche ore, in una visita che dà un nuovo significato ai termini “fare il minimo” e “solo a parole”. È giunto il momento di svegliarsi dal sogno che l’Europa e l’America possano mai fare qualcosa per i palestinesi che non sia gradito al loro inattaccabile beniamino, Israele.

È un Presidente che non si preoccupa di pronunciare correttamente il nome di Shireen Abu Akleh, la giornalista uccisa quasi certamente da Israele e divenuta un simbolo nazionale e internazionale. Sa invece come si pronuncia Jamal Khashoggi. I palestinesi non hanno più nulla da sperare in questo campo. Quando Biden ha citato una poesia che dice come “speranza e storia fanno rima” e ha gettato loro 100 milioni di dollari per Augusta Victoria, è stato chiaro che con gli Stati Uniti la partita è persa.

Con un Presidente americano che promette una soluzione a due Stati, ma “non a breve termine”, siamo arrivati alla fine della storia. Viene voglia di chiedere a Biden: “Cosa accadrà ‘non a lungo termine’ per raggiungere questa soluzione? Gli israeliani la sceglieranno da soli? I coloni torneranno da soli in Israele? Quando ce ne saranno un milione invece di 700.000, saranno soddisfatti e se ne andranno?

L’America penserà mai in modo diverso? Perché dovrebbe accadere? Con le leggi contro il BDS e le nuove e distorte definizioni di antisemitismo, gli Stati Uniti e l’Europa sono ormai perduti per quanto riguarda i palestinesi. La battaglia è stata decisa, Israele li ha quasi sconfitti e il loro destino potrebbe essere lo stesso delle popolazioni indigene negli Stati Uniti.

Basta guardare l’immagine dell’incontro a Betlemme: dodici uomini palestinesi torvi e in cravatta attorno ai due leader, in una foto di gruppo disperata. Basta ricordare le parole che Biden disse nel 1986 al Segretario di Stato di allora, George Shultz: “Odio sentire un’amministrazione… che si rifiuta di agire su un punto moralmente importante. Mi vergogno che questo Paese proponga una politica come questa, che non dice nulla, nulla”.

Biden si riferiva alla politica degli Stati Uniti nei confronti del precedente Paese dell’apartheid, il Sudafrica. Osservazioni incredibilmente simili possono essere lanciate ora contro Biden a causa del suo approccio verso il secondo Paese dell’apartheid. Ma non c’è un Biden che possa lanciarle.

https://www.haaretz.com/opinion/2022-07-16/ty-article-opinion/.highlight/biden-signs-the-palestinians-death-certificate/00000182-07db-d7d0-a3ae-cfdbafd00000

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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