Lo sbalorditivo rapporto del New York Times sull’occupazione israeliana che causa la “sofferenza” palestinese era atteso da tempo

Mag 27, 2021 | Riflessioni

di James North,

Mondoweiss, 24 maggio 2021. 

Bambino palestinese nella sua casa distrutta dagli operai comunali nel quartiere di Gerusalemme Est di Tzur Baher, martedì 27 ottobre 2009. Foto di Mahfouz Abu Turk © Apa Images. [Questa non è un’immagine dell’articolo del New York Times a cui si riferisce questo pezzo.]

[Questo articolo fa riferimento al rapporto pubblicato dal New York Times, che potete leggere QUI]

Ieri i lettori del New York Times hanno guardato la loro prima pagina con stupore, perché hanno visto un resoconto lungo e umano di come i Palestinesi soffrono sotto l’occupazione israeliana.

Ieri i lettori del New York Times sono rimasti sbalorditi da ciò che era in prima pagina: un resoconto molto lungo e commovente di come i Palestinesi vivono l’occupazione israeliana della Cisgiordania. Il titolo dell’articolo dà subito il tono: “La sofferenza al cuore del conflitto”, seguito da “… per milioni di Palestinesi, gli affronti associati all’occupazione fanno parte della vita quotidiana”. Il rapporto continua e si sviluppa su due intere pagine all’interno del giornale.    

I giornalisti David Halbfinger e Adam Rasgon hanno esaminato attentamente le vite di 6 Palestinesi della Cisgiordania, mentre i fotografi Dan Balilty e Samar Hazboun hanno fornito 9 fotografie umane. L’articolo si apre descrivendo come Muhammad Sandouka, un operaio edile di 42 anni, ha costruito la sua casa nella Gerusalemme Est occupata, e poi ha dovuto demolirla lui stesso dopo che le autorità israeliane gli hanno ordinato di raderla al suolo per “migliorare la vista della Città Vecchia per i turisti.” Israele ha detto che gli avrebbe addebitato $ 10.000 per le spese se non avesse demolito lui stesso la sua casa. C’è una foto penosa di lui in piedi tra le macerie.

Per il momento, l’articolo del Times ha ridotto al silenzio la lobby filo-israeliana. L’articolo ha attirato 825 commenti, la stragrande maggioranza dei quali accusa l’occupazione israeliana e simpatizza con i Palestinesi.   

David Halbfinger, il principale autore dell’articolo, è l’ex capo dell’ufficio di Gerusalemme del Times, e non ha mai coperto l’occupazione di Israele con tanta onestà e profondità quando era di stanza lì. Perché il Times gli abbia permesso di scrivere ora questo rapporto può rimanere un mistero, ma un articolo pregevole e dettagliato appena apparso sul giornale online Slate suggerisce alcune risposte. Aymann Ismail, dello staff della pubblicazione online, ha convinto giornalisti e corrispondenti in Israele/Palestina a raccontare in modo anonimo di come il loro lavoro viene censurato o distorto.       

Ismail ha scoperto che ci sono diverse risposte. Il semplice pregiudizio anti-palestinese è una spiegazione. “Layla”, che aveva contatti tra gli opinionisti del New York Times, è rimasta scioccata nello scoprire “il puro razzismo e la disumanizzazione da parte degli opinionisti di base quando si parla di Palestinesi”.  

“Omar”, un altro giornalista anonimo di un altro giornale, ha coperto l’assalto israeliano a Gaza del 2014:

Per Omar, quando arrivava una dichiarazione dall’esercito israeliano, i redattori senior del giornale la trattavano come un fatto. Quando Omar ha registrato la dichiarazione di un testimone oculare sul campo che contraddiceva il racconto dell’esercito israeliano, i caporedattori lo hanno definito inaffidabile. 

Il racconto di Slate parla di paura e pregiudizio tra gli editori di alto livello. Ancora Omar:

Abbiamo i migliori editori del mondo, che erano davvero sinceri quando dicevano di voler dire la verità su ciò che sta accadendo. E poi c’era un altro livello di editori sopra di loro che erano più attenti al tono generale dei media e dettavano gran parte del tono da assumere.

A meno che David Halbfinger e gli editori del Times non ce lo dicano, potremmo non sapere mai perché Halbfinger ha dovuto aspettare fino a quando non ha lasciato Israele/Palestina per mettere in stampa questo prezioso resoconto. Ma Layla dice che l’atmosfera generale sta cambiando in meglio, ed ecco la sua intrigante spiegazione:  

La coscienza politica collettiva è cambiata in gran parte a causa di Black Lives Matter… La scorsa estate, le nostre redazioni hanno cominciato a riflettere una società più ampia e hanno dovuto esaminare attentamente la violenza di stato, come la percepiamo, come la copriamo, in un modo che non avevamo mai fatto prima.

Traduzione di Donato Cioli – AssopacePalestina

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