Israele respinge la richiesta dell’OMS di vaccini per gli operatori sanitari palestinesi, generando proteste per la disuguaglianza

Gen 11, 2021 | Notizie

di Bel Trew,

The Independent, 8 gennaio 2021.  

Appellandosi alla carenza di scorte, Israele rifiuta la richiesta di rendere disponibili le dosi per gli operatori palestinesi impegnati in prima linea, allo scopo di evitare un disastro sanitario nell’attesa che arrivino i vaccini

Operatori sanitari palestinesi registrano campioni per i test sul coronavirus nel villaggio di Dura, a sud-ovest di Hebron, in Cisgiordania, l’8 gennaio 2021 (AFP tramite Getty Images)

Israele, appellandosi alla carenza di dosi per i propri cittadini, ha rifiutato la richiesta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di rendere immediatamente disponibili i vaccini Covid-19 per gli operatori sanitari palestinesi, allo scopo di evitare un disastro sanitario.

Il rifiuto arriva tra crescenti critiche, avanzate da parte dei gruppi per la difesa dei diritti umani, per la grave disparità tra la distribuzione del vaccino in Israele e nella Cisgiordania occupata e a Gaza, considerati gli obblighi legali di Israele in quanto potenza occupante.

Israele si è distinta, a livello globale, per la rapidità del suo programma di vaccinazione, inaugurato il 20 dicembre e che, fino a venerdì, ha visto vaccinati 1,7 milioni di Israeliani, ovvero oltre il 18% della popolazione totale.

Anche se Israele ha fornito i vaccini ai Palestinesi che vivono a Gerusalemme Est, di contro, nessun cittadino o operatore medico tra i quasi 5 milioni di Palestinesi che vivono nella Cisgiordania occupata e a Gaza, ha ricevuto la dose vaccinale, lì dove i sistemi sanitari malandati e depauperati stanno lottando per far fronte al crescente carico di lavoro.

Appellandosi alla Quarta Convenzione di Ginevra, le associazioni per la tutela dei diritti, inclusa Amnesty Interational, hanno accusato Israele di “discriminazione istituzionalizzata” e di ignorare i suoi obblighi internazionali a garantire che i vaccini Covid-19 siano prontamente, equamente e regolarmente distribuiti ai Palestinesi che vivono sotto occupazione.

Gerald Rockenschaub, capo della missione dell’OMS presso i Palestinesi, ha dichiarato a The Independent che l’organismo ONU in cui lavora aveva richiesto che Israele collaborasse nel fornire dosi vaccinali contro il Covid-19 per garantire la copertura degli operatori sanitari palestinesi; secondo quanto riferito, circa 8.000 operatori medici palestinesi sono stati contagiati dal virus, condizionando la loro capacità di risposta all’epidemia.

Rockenschaub ha dichiarato che Israele ha per il momento rifiutato la richiesta, adducendo carenze per la propria popolazione.

Dopo la pubblicazione del quotidiano, l’OMS ha chiarito che ciò era avvenuto durante “discussioni informali” con il Ministero della salute israeliano sull’opportunità di erogare forniture di vaccini per il personale sanitario palestinese come gruppo target a priorità immediata.

“Il ministero della Salute israeliano ha indicato che avrebbe esplorato questa opzione, ma al momento non era in grado di fornire vaccini a causa della loro carenza nella stessa Israele”.

Funzionari sanitari interni all’Autorità Palestinese (AP), istituzione a corto di fondi, hanno dichiarato a The Independent di aver presentato una richiesta simile, chiedendo a Israele di vendere loro 10.000 dosi per i medici e paramedici palestinesi, per evitare un disastro sanitario durante l’attesa di mesi prima di ottenere i vaccini dal Programma Covax dell’OMS e dalle aziende produttrici.

“Abbiamo cercato di sondare se un lotto straordinario di vaccini potesse essere reso disponibile da parte israeliana, alla luce della notevole disuguaglianza [nelle vaccinazioni]”, ha dichiarato Rockenschaub a The Independent.

“Abbiamo un numero considerevole di operatori sanitari contagiati. Avere le 10.000 dosi farebbe una grande differenza per garantire che il sistema sanitario non collassi e possa invece funzionare,” ha aggiunto.

“La risposta è che [Israele] ha carenze proprie a cui far fronte e non può fornire dosi, se non in un secondo momento”, ha detto.

Ha aggiunto che “dovrebbe essere nell’interesse di Israele” fare ogni sforzo per garantire che la popolazione palestinese sia adeguatamente vaccinata e che la discrepanza non persista oltre. In particolare, ha fatto riferimento al pendolarismo quotidiano di almeno 140.000 lavoratori palestinesi tra i Territori e Israele come una delle ragioni per cui la vaccinazione della popolazione palestinese riguarda anche la salute pubblica israeliana.

“A più di un milione e mezzo di Israeliani è stato somministrato il vaccino, mentre dall’altra parte non lo ha ricevuto nessuno, fatta eccezione per i Palestinesi che vivono a Gerusalemme Est”, ha detto.

“Ogni giorno vediamo persone che muoiono di coronavirus da entrambe le parti. È essenziale garantire la solidarietà globale e l’accesso ai vaccini per tutti, perché nessuno è al sicuro finché non sono tutti protetti.”

Più di 146.000 Palestinesi sono stati contagiati dal coronavirus e più di 1.550 ne sono morti. Il 31 dicembre a Gaza sono stati segnalati 15 decessi correlati al Covid, il più alto numero di decessi giornalieri dall’inizio della pandemia, secondo l’OMS.

Contemporaneamente, sono stati registrati più di 470.000 casi in Israele, con oltre 3.500 decessi.

Israele ha ricevuto encomi in tutto il mondo per l’efficienza del suo programma di vaccinazione ed è sulla buona strada per diventare il primo paese a portare a compimento la vaccinazione della sua popolazione.

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, giovedì ha annunciato che con l’ultimo approvvigionamento di vaccini Pfizer, entro la fine di marzo saranno in grado di vaccinare tutti i loro cittadini di età superiore ai 16 anni.

Persone in attesa della vaccinazione in un centro in Israele, dove c’è stato un aumento dei casi (AP)

Gli Israeliani hanno rigettato con forza le accuse di discriminazione e i funzionari israeliani hanno attribuito all’Autorità Palestinese la responsabilità di non aver cercato di instaurare una cooperazione con il governo israeliano per procurarsi e distribuire i vaccini. I funzionari del ministero della sanità israeliano hanno successivamente negato di aver ricevuto dall’OMS una richiesta di vaccini per i Palestinesi.

Secondo quanto riferito, il ministro della Sanità israeliano, Yuli Edelstein, la scorsa settimana avrebbe affermato che mentre era nel loro interesse garantire che la diffusione del virus tra i Palestinesi fosse arrestata, la prima responsabilità di Israele era nei confronti dei propri cittadini.

Il viceministro dello stesso dicastero, Yoav Kisch, ha dichiarato giovedì che potrebbero considerare di offrire eventuali eccedenze di vaccino all’Autorità Palestinese in una fase successiva.

I commentatori israeliani, nel frattempo, hanno sostenuto che Israele non ha alcun obbligo di vaccinare i Palestinesi e hanno persino respinto quanto riportato dai media, relativamente alle disparità, tacciandoli di attacchi antisemiti.

Gli Israeliani si rifanno agli Accordi di Oslo, i trattati di pace ad interim firmati da Israeliani e Palestinesi negli anni ’90, come motivo per cui i Palestinesi sono responsabili della propria gestione sanitaria. In base agli accordi, l’AP è tenuta a garantire gli standard internazionali di vaccinazione e ad entrambe le parti si richiede di condividere informazioni e di cooperare nella lotta contro le epidemie.

Ma il mese scorso, 18 organizzazioni israeliane, palestinesi e internazionali per la salute e i diritti umani hanno redatto una dichiarazione in cui evidenziano gli obblighi legali e morali di Israele.

Il comunicato cita l’articolo 56 della Quarta Convenzione di Ginevra, che prevede che l’occupante abbia il dovere di assicurare “l’adozione e l’applicazione delle misure profilattiche e preventive necessarie per combattere la diffusione di malattie contagiose ed epidemiche”.

Hanno dichiarato che questo dovere include per Israele l’obbligo di fornire supporto per l’acquisto e la distribuzione di vaccini di qualità alla popolazione palestinese sotto il suo controllo.

Israele ha occupato i territori palestinesi dal 1967 e ha imposto un assedio opprimente su Gaza, della durata di 13 anni, dopo che il gruppo militante di Hamas aveva preso violentemente il controllo della piccola Striscia che ospita quasi 2 milioni di persone.

A Gaza, a causa di queste restrizioni, il sistema sanitario è devastato e soffre di carenze croniche di elettricità e di tutti i medicinali. Il signor Rockenschaub, dell’OMS, ha dichiarato che l’agenzia ha fornito ulteriori 50 posti letto per le unità di terapia intensiva, ma che gli abitanti di Gaza stanno lottando tra la carenza di personale medico e i vetusti sistemi di rifornimento di ossigeno che hanno urgentemente bisogno di essere sostituiti.

Ad eccezione del valico tra Egitto e Gaza, Israele controlla tutti i confini – e di conseguenza tutte le importazioni – nei territori palestinesi. I Palestinesi non dispongono inoltre di impianti di refrigerazione sufficienti per conservare i vaccini.

Una donna riceve il vaccino Pfizer in un centro drive-in di vaccinazione nella città nord-israeliana di Haifa (AP)

Tutto questo significa che il programma di vaccinazione palestinese è inestricabilmente legato al coordinamento e all’assistenza degli Israeliani.

Rockenschaub ha dichiarato di essere già in trattativa con il ministero della Salute israeliano e con il Cogat – Coordinamento delle Attività Governative nei Territori, l’unità militare israeliana che si occupa dei bisogni civili in Cisgiordania e Gaza – per garantire la consegna e la distribuzione ottimale dei vaccini, al loro arrivo.

Le associazioni sanitarie e quelle per i diritti umani hanno fatto un ulteriore passo in avanti, esortando Israele a garantire tempestivamente la fornitura di vaccini di qualità ai Palestinesi che vivono sotto l’occupazione e il controllo israeliano, affermando che il mancato rispetto di questa precauzione rientra nella fattispecie degli abusi sistemici.

“La responsabilità di Israele deriva dalla sua prolungata occupazione e dal controllo di quasi tutti gli aspetti della vita nei territori palestinesi occupati”, ha detto Hadas Ziv, responsabile di etica e diritti sociali presso il Physicians for Human Rights Israel.

“Israele non può aspettarsi che un’Autorità Palestinese indebolita e depauperata gestisca con le sue limitate risorse una crisi della salute pubblica che sta mettendo a dura prova anche i paesi sviluppati. Il suo è sia un obbligo legale che morale”

Amnesty International ha definito il rifiuto dei vaccini ai Palestinesi una “discriminazione istituzionalizzata”, affermando che l’iniqua distribuzione di vaccini “è la migliore dimostrazione di come le vite israeliane siano valutate superiori a quelle palestinesi”.

“Si va ben oltre questo punto”, ha detto a The Independent il vicedirettore di Amnesty per il Medio Oriente e il Nord Africa, Saleh Higazi.

“Questo rappresenta la negazione strutturale dei diritti dei Palestinesi. Vogliamo che questo assetto venga smantellato”, ha aggiunto.

Funzionari sanitari palestinesi hanno dichiarato a The Independent che l’AP aveva fatto richiesta verbale a Israele di venderle 10.000 dosi di vaccini per garantire una copertura ai suoi operatori impegnati in prima linea, mentre faceva di tutto per ottenere dosi sufficienti per l’intera popolazione.

L’iniziativa mondiale Covax, guidata dall’OMS per garantire che eventuali vaccini Covid-19 raggiungano coloro che ne hanno più bisogno, fornirà gratuitamente 2 milioni di dosi all’Autorità Palestinese per coprire il 20% della popolazione palestinese.

Un operatore sanitario effettua un tampone per il Covid-19 nel villaggio di Dura in Cisgiordania (AFP via Getty)

Due funzionari sanitari dell’Autorità Palestinese hanno dichiarato a The Independent di aver approvato l’acquisto di altri 2 milioni di dosi del vaccino Oxford / AstraZeneca, ma la consegna del primo lotto dei vaccini non è prevista prima della fine di febbraio, forse addirittura per l’inizio di marzo.

I funzionari hanno detto che l’Autorità Palestinese ha bisogno di altri 2 milioni di dosi per garantire un’immunità sufficiente, e hanno aggiunto che sono ancora in trattativa con diverse aziende.

“È importante avere un coordinamento tra Israele e Palestina. Non ci sono confini veri e propri, le persone si spostano tra le due aree, è una situazione problematica”, ha detto Ali Abed Rabbo, direttore generale del ministero della sanità palestinese.

” È indispensabile mettere in atto il concetto della vaccinazione e dell’immunità di gregge per fermare questa pandemia che richiede che tutte le parti del mondo lavorino insieme”.

https://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/israel-palestine-coronavirus-vaccine-b1784474.html

Traduzione di Daniela Marrapese – AssopacePalestina

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