Film. I Palestinesi sono vittime di stereotipi razzisti

Giu 14, 2020 | Riflessioni

Fauda, la serie Netflix che dovrebbe mostrare la realtà del conflitto tra Israeliani e Palestinesi, non ha neanche uno scrittore palestinese tra i suoi collaboratori. E il linguaggio, la narrazione e le descrizioni stereotipate dei Palestinesi non sono solo offensive e inaccurate ma hanno lo scopo di disumanizzarli e brutalizzarli

di Rania Hammad

Nena News, 13 giugno 2020

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Quando diciamo che gli stereotipi razzisti sono nei media, nei libri, nelle scuole e nei film e che anche questo è parte del problema, beh è così. E lo è sempre stato.

Il classico Via col vento del 1939 è stato temporaneamente eliminato. La rimozione è avvenuta dopo che John Ridley, lo sceneggiatore vincitore dell’Oscar per 12 anni schiavo, ha scritto un editoriale sul Los Angeles Times chiedendo, in questo momento particolarmente delicato, la sospensione del film e mandando anche il messaggio che “quando è troppo è troppo!”

Il film del 1939 è stato per decenni molto contestato a causa della sua rappresentazione della schiavitù, degli Afroamericani e della guerra civile americana. Sebbene l’attrice Hattie McDaniel, che nel film interpretava Mammy, sia stata la prima Afroamericana a vincere un Oscar, questo accadde durante il periodo della segregazione razziale. Non le fu nemmeno permesso di sedersi allo stesso tavolo con gli altri co-protagonisti; chi vuole ricordare tutto questo?

Ciò non significa che i film non possano mostrare le realtà del passato o del presente. Ma quando i film hanno lo scopo di perpetuare un sistema di divisione attraverso stereotipi razziali negativi che mantengono lo status quo, allora è tutta un’altra storia.

Via col vento non rifletteva solo la cultura dominante del tempo, ma glorificava e romanticizzava idee e atteggiamenti razzistici e stereotipati. Il film è un prodotto del suo tempo e mostra i problemi e i pregiudizi razziali prevalenti nella società dell’epoca e questo non può essere cambiato. Ma ciò che può essere cambiato –e che è necessario in questo momento– è un’informazione che renda consapevoli di quanto era sbagliata quella società o in quale grave misura abbia influenzato le persone, in modo da far capire al pubblico come si sentono coloro che sono i destinatari del razzismo.

Inoltre, queste informazioni sono necessarie per evidenziare il fatto che l’industria cinematografica e i media in genere sono responsabili di quanto sarà percepito a causa del loro ruolo diretto nella costruzione di immagini e storie che vengono proiettate, attraverso la loro lente, nel mondo.

Esiste una linea sottile che separa il modo in cui una persona può non essere equamente rappresentata, da una sua chiara demonizzazione che aiuta esplicitamente a perpetuare il razzismo. Mettere in discussione il significato e i messaggi dietro a un film, ambientato nel passato o nel presente, è oggi più che mai necessario se vogliamo capire come certe rappresentazioni comunicate dall’industria cinematografica possano influenzare la nostra visione del mondo e le nostre percezioni.

Trovare una cornice che possa essere usata universalmente in futuro, come l’uso di avvertenze preliminari (disclaimer, dichiarazione di non responsabilità) o la contestualizzazione per film con materiale offensivo e razzista, non solo proteggerà i diritti delle persone le cui storie vengono raccontate, ma farà capire che il materiale esposto non è la verità assoluta ma solo un punto di vista. In questo modo, il pubblico saprà di dover pensare criticamente a ciò che sta guardando, piuttosto che esserne indottrinato.

Pensiamo a tutti i western che furono popolari dal 1920 agli Anni ’70. Pensiamo a John Wayne e ai cowboy, agli “indiani” americani e ai loro archi, frecce e asce. Con chi siamo stati portati a simpatizzare? Abbiamo mai messo in dubbio il fatto che le storie fossero raccontate da un punto di vista “occidentale” (western), nel totale disprezzo della popolazione nativa? Se tutti quei film fossero ritirati e si aggiungessero le avvertenze preliminari per ripristinare la verità storica che dobbiamo ai nativi americani, quanto potrebbero essere diverse le cose oggi?

Un altro esempio: Fauda, la serie Netflix che dovrebbe mostrare la realtà del conflitto tra Israeliani e Palestinesi, non ha uno scrittore palestinese nel suo staff e la lingua, la narrazione e le descrizioni stereotipate dei Palestinesi non sono solo offensive e imprecise, ma i Palestinesi sanno che servono allo scopo, ancora una volta, di disumanizzare, brutalizzare e rubare la narrazione ai Palestinesi stessi. È letteralmente una guerra alla verità. I Palestinesi sono rappresentati come inaffidabili e sleali, e così facendo la serie promuove un’immagine distorta e ingannevole che serve solo ad aumentare ulteriormente la diffidenza tra Israeliani e Palestinesi.

I produttori di Fauda hanno affermato chiaramente che la serie non ha mai voluto essere oggettiva o mostrare il punto di vista palestinese. Sono totalmente consapevoli di essere responsabili del modo in cui gli Israeliani vedranno i Palestinesi, e verosimilmente consapevoli che potrebbero aiutare il vortice di pregiudizi e odio, rafforzando quelli già prevalenti nella società israeliana e anche altrove.

La serie, pertanto, si allinea all’agenda del governo israeliano, insabbia i crimini israeliani e fa il lavaggio del cervello al pubblico inducendolo a pensare che gli Israeliani sono il popolo morale mentre i Palestinesi all’opposto sono grezzi e violenti.

Sebbene molte persone possano pensare che la serie Fauda sia una descrizione fedele della realtà in Palestina e Israele –e potrebbero essere influenzati per sempre dalle rappresentazioni in questa serie– le cose non stanno così, per niente. Ed è per questo motivo che le dichiarazioni preliminari dovrebbero essere obbligatorie, al fine di fornire un contesto per i temi e i contenuti dei film e dichiarare chiaramente che sono presenti stereotipi razzisti e offensivi. Questo darebbe un messaggio forte al pubblico, cioè che quella realtà o prospettiva può esistere veramente, ma il film non cerca di promuoverla né di glorificarla.

Questa misura sarebbe estremamente importante perché renderebbe il pubblico consapevole del fatto che ogni punto di vista ha una propria visione normativa e/o etica e che, di conseguenza, bisogna essere ancor più critici durante la visione. Questo potrebbe anche significare una minor dose di razzismo in futuro!

http://nena-news.it/films-palestinians-are-victims-of-racist-stereotypes/

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