Rapporto OCHA 12 – 25 novembre 2019.

Dic 1, 2019 | Rapporti Palestina OCHA

Rapporto sulla Protezione dei Civili nei Territori Palestinesi occupati

per il periodo:  12-25 novembre 2019.

La versione in italiano dei rapporti ONU OCHA è a cura dell’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli:https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

Nota per chi ha poco tempo: gli aspetti salienti di ciascuna notizia sono scritti in grassetto

Il 12 novembre, le forze aeree israeliane hanno preso di mira e ucciso un alto funzionario dell’ala armata della Jihad islamica palestinese di Gaza. Ne sono scaturiti due giorni di intense ostilità, che hanno provocato pesanti perdite di vite umane e danni alle proprietà palestinesi. Nelle prime ore del 14 novembre è entrato in vigore un cessate il fuoco che, nonostante il lancio sporadico di alcuni missili e colpi di mortaio sparati da Gaza, ha complessivamente tenuto.

Secondo il Ministero della Salute di Gaza, l’inasprimento delle ostilità [di cui sopra] ha provocato l’uccisione di 35 palestinesi (16 dei quali si ritiene siano civili) tra cui otto minori e tre donne; i feriti sono stati 106, tra cui 51 minori e 11 donne. Secondo quanto riferito, uno dei [35] decessi ed alcuni dei [106] ferimenti (il numero esatto non è stato confermato) sono da attribuire a missili palestinesi ricaduti su Gaza, mentre i rimanenti sono stati causati dagli attacchi aerei israeliani. Nove delle vittime, tra cui cinque minori, erano membri della stessa famiglia; sono rimasti uccisi a Deir El-Balah, nel corso di un attacco aereo che, successivamente, è stato riconosciuto dall’esercito israeliano come un errore. Secondo quanto riferito, l’esercito ha avviato un’indagine sull’episodio.

Nel corso delle ostilità di cui sopra, le fazioni palestinesi hanno lanciato contro Israele centinaia tra razzi e colpi di mortaio: 78 israeliani, inclusi minori e donne, sono stati curati per ferite leggere o per stati di shock. La stragrande maggioranza dei missili e dei colpi di mortaio sono caduti in aree aperte o sono stati intercettati prima di cadere.

Secondo una prima inchiesta condotta da Shelter Cluster [Organismo internazionale di coordinamento di Agenzie che sostengono le persone colpite da catastrofi naturali e/o conflitti], nella Striscia di Gaza, durante le ostilità, sono state distrutte o gravemente danneggiate 24 abitazioni, provocando lo sfollamento di circa 130 persone. Altre 480 unità abitative, insieme ad un numero imprecisato di strutture non residenziali, hanno subito danni tra il moderato ed il lieve. Anche nel sud di Israele sono state danneggiate diverse case.

Le manifestazioni della “Grande Marcia del Ritorno”, che dal marzo 2018 si sono svolte per la maggior parte dei venerdì in Gaza, vicino alla recinzione israeliana, sono state cancellate durante il periodo di riferimento. Ciononostante, vicino alla recinzione sono stati registrati numerosi scontri tra manifestanti palestinesi e forze israeliane; 12 palestinesi sono rimasti feriti.

In almeno 28 occasioni, allo scopo di far rispettare [ai palestinesi] le restrizioni di accesso, le forze israeliane hanno aperto il fuoco nelle aree della Striscia di Gaza adiacenti alla recinzione perimetrale e al largo della costa; non sono stati segnalati feriti. Le forze israeliane hanno compiuto due incursioni [nella Striscia] ed effettuato operazioni di spianatura del terreno vicino alla recinzione. In un caso separato, le forze israeliane hanno arrestato un palestinese al valico di Erez.

In Cisgiordania, nel villaggio di Surif (Hebron), un giornalista palestinese che documentava una manifestazione è stato colpito ad un occhio da un proiettile di gomma sparato dalle forze israeliane ed ha perso l’occhio. La manifestazione, che si è tenuta il 15 novembre in segno di protesta contro la confisca delle terre, si è evoluta in scontri con le forze israeliane, provocando il ferimento con arma da fuoco di un altro palestinese. Una successiva manifestazione, tenutasi nella città di Betlemme, in solidarietà con il giornalista ferito, si è conclusa con 18 giornalisti e due membri di una equipe medica trattati per inalazione di gas lacrimogeno, mentre un giornalista è stato colpito alla testa da una bomboletta di gas lacrimogeno sparata dalle forze israeliane.

Sempre in Cisgiordania, durante proteste e scontri, sono stati feriti dalle forze israeliane 63 palestinesi, tra cui almeno quattro minori [segue dettaglio]. Dei 63 ferimenti, 18 sono avvenuti il 15 e 16 novembre, vicino al checkpoint di Beit El / DCO (Ramallah) e presso l’Università Tecnica Palestinese, nella città di Tulkarm; gli scontri sono scoppiati nel corso di manifestazioni tenute in solidarietà con Gaza. Altri tre distinti episodi si sono verificati vicino alle porte della Barriera in Nazlat ‘Isa (Tulkarm) e Dhaher al ‘Abed (Jenin), dove le forze israeliane hanno sparato e ferito due palestinesi e aggredito un terzo che aveva tentato di attraversare la Barriera senza permesso. Due ragazzi palestinesi, di 12 e 13 anni, sono stati feriti con armi da fuoco il 17 novembre, durante scontri scoppiati all’ingresso del Campo di Al Jalazun (Ramallah). Successivamente sono stati trasferiti in ospedale per cure mediche. I rimanenti 43 ferimenti sono stati registrati durante scontri scoppiati all’ingresso del Campo profughi di Al ‘Arroub, a Bab Az Zawiya (nell’area H1 della città di Hebron) e vicino alla tomba di Rachele (Betlemme).

In Cisgiordania, le forze israeliane hanno effettuato 135 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 157 palestinesi, tra cui 18 minori. La maggior parte delle operazioni ha interessato il governatorato di Hebron (46), seguito dai governatorati di Gerusalemme (25) e Ramallah (22).

Citando la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 39 strutture, sfollando 63 palestinesi mentre altri 380 hanno subìto ripercussioni e/o danni di diverse entità [segue dettaglio]. Trentacinque (35) delle strutture colpite, di cui due precedentemente fornite come aiuti umanitari, si trovavano in Area C. L’episodio più importante si è verificato nei pressi del villaggio di Za’tara (Betlemme), in un’area designata [da Israele] come “zona chiusa” riservata all’addestramento militare a fuoco; qui le autorità hanno demolito 13 strutture, tra cui case, rifugi per animali, serbatoi d’acqua e pannelli solari. Le restanti quattro strutture demolite si trovavano a Gerusalemme Est. Il 23 novembre, le forze israeliane hanno sequestrato le attrezzature e le piastrelle utilizzate per ristrutturare una strada e un marciapiede che collegano la Comunità di Jabal al Baba con la vicina città di Al ‘Eizariya (Gerusalemme). L’infrastruttura era stata smantellata dalle forze israeliane il 18 novembre, mentre il sequestro di materiale è il secondo messo in atto dall’inizio della costruzione della strada, nell’agosto 2019. Finora, quest’anno, in Cisgiordania, sono stati sfollati circa 800 palestinesi a causa di demolizioni; un numero quasi doppio rispetto al corrispondente periodo del 2018.

Coloni israeliani hanno effettuato dodici (12) attacchi che hanno provocato il ferimento di 30 palestinesi ed hanno danneggiato almeno 100 alberi di ulivo e 48 veicoli [segue dettaglio]. Due di questi attacchi, oltre ad ulteriori episodi di intimidazione e scontri, hanno avuto luogo il 22 e 23 novembre nell’area H2 della città di Hebron, controllata da Israele, dove migliaia di coloni e altri visitatori israeliani hanno partecipato ad una celebrazione religiosa. L’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani ha espresso preoccupazione per il fatto che in molti casi le forze israeliane presenti nell’area “sembrano non agire per prevenire gli attacchi o proteggere la popolazione”. Nell’area H2 di Hebron, da gennaio 2019, data della fine del mandato della Presenza Internazionale Temporanea a Hebron, la frequenza e l’intensità degli attacchi di coloni sono notevolmente aumentate. In altri otto casi, accaduti in Cisgiordania, coloni israeliani sono entrati nei villaggi di Urif, Majdal Bani Fadil, Qabalan e Beit Dajan (tutti a Nablus), Sarta e Kafr ad Dik (Salfit) ed hanno vandalizzato un totale di 48 veicoli di proprietà palestinese ed hanno imbrattato con scritte i muri di cinque case e di una scuola. Ancora: palestinesi del villaggio di Awarta (Nablus) hanno riferito di un episodio in cui coloni hanno rubato il raccolto di 100 ulivi in terreni vicini all’insediamento colonico di Itamar (Nablus). L’accesso [da parte dei palestinesi] a tale area richiede un preventivo coordinamento con le autorità israeliane.

Secondo i media israeliani, in due occasioni verificatesi nell’area di Betlemme ed Hebron, palestinesi hanno lanciato pietre contro veicoli israeliani, causando lesioni a un colono e danni a un’auto israeliana.

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