Rapporto sulla Protezione dei Civili nei Territori Palestinesi occupati per il periodo: 3 – 16 luglio 2018.

Lug 23, 2018 | Rapporti Palestina OCHA

Nota per chi ha poco tempo: gli aspetti salienti di ciascuna notizia sono scritti in grassetto

Il 14 luglio, nella Striscia di Gaza e nel sud di Israele, nel corso di una fra le più gravi impennate di violenza verificatesi dopo le ostilità del 2014, due minori palestinesi sono stati uccisi e altri 33 palestinesi e quattro israeliani sono rimasti feriti. Con molteplici raid aerei, l’aviazione israeliana ha preso di mira decine di siti militari e aree aperte di Gaza. Uno di questi raid ha colpito un edificio a Gaza City: due ragazzi di 14 anni, che si trovavano in un vicino parco, sono stati uccisi e altre 31 persone, tra cui 5 minori, sono rimaste ferite. Oltre 50 edifici, tra cui case, scuole e strutture sanitarie, situate vicino ai siti presi di mira, hanno subito danni. Gruppi armati palestinesi hanno sparato colpi di mortaio verso il sud di Israele e lanciato circa 200 razzi, la maggior parte dei quali sono caduti in aree aperte o intercettati in aria. Uno dei razzi ha colpito una casa nella città israeliana di Sderot, ferendo quattro israeliani, tra cui due minori, mentre un altro è esploso nei pressi di una sinagoga. Un cessate il fuoco informale, mediato dall’Egitto e dalle Nazioni Unite, è stato raggiunto la sera dello stesso giorno. Tuttavia, attacchi aerei sporadici, bombardamenti e colpi di mortaio sono proseguiti durante il periodo di riferimento: tre palestinesi sono rimasti feriti ed una casa ha riportato danni.

Israele ha intensificato le restrizioni sul transito delle merci attraverso Kerem Shalom, unico valico commerciale operativo tra Gaza e il mondo esterno. Intensificate anche le restrizioni di accesso alle zone di pesca lungo la costa di Gaza. Il 16 luglio, le autorità israeliane hanno annunciato, per Gaza, un blocco all’introduzione di carburante e gas da cucina, nonché la riduzione, da sei a tre miglia nautiche, della zona di pesca consentita. L’importazione di forniture mediche e alimentari potrà essere autorizzata caso per caso. Le autorità avevano avviato le restrizioni alle importazioni il 9 luglio, consentendole solo per alimenti, forniture medicali, mangimi per animali, bestiame e combustibili, e bloccandole per tutti gli altri prodotti, compresi materiali da costruzione, mobili, legno, elettronica e tessuti. Bloccate del tutto le merci in uscita. In media, dal 9 luglio, sono entrati a Gaza 192 autotreni al giorno: meno della metà degli ingressi registrati durante la prima metà del 2018. Secondo le autorità israeliane, le misure sono state adottate in risposta al lancio di aquiloni e palloncini incendiari (vedere più avanti). In una dichiarazione rilasciata il 17 luglio, il Coordinatore Umanitario per i Territori Palestinesi occupati ha affermato che “se dovessero continuare, queste ulteriori restrizioni potrebbero innescare un drammatico deterioramento della situazione già fragile e delle condizioni umanitarie già disperate”.

Lungo il recinto perimetrale di Israele con Gaza, le manifestazioni e gli scontri del venerdì sono continuati il 6 e il 13 luglio, provocando l’uccisione di tre palestinesi e il ferimento di altri 824; anche un soldato israeliano è rimasto ferito. In una delle dimostrazioni del 13 luglio, le forze israeliane hanno colpito con arma da fuoco ed ucciso un ragazzo quattordicenne; mentre un quindicenne, a causa delle ferite riportate nel corso di una manifestazione del 14 maggio, è morto durante il periodo di riferimento [del presente Rapporto]. Questi episodi portano a 22 il numero di minorenni uccisi a Gaza dal 30 marzo, data di inizio delle manifestazioni. Oltre il 43% di tutte le persone ferite durante questo periodo hanno dovuto essere ricoverate in ospedale; 208 di essere erano state colpite con armi da fuoco. A quanto riferito, in una delle manifestazioni del 13 luglio un soldato israeliano è stato ferito da una granata lanciata da parte palestinese.

Da Gaza, i palestinesi hanno continuato a lanciare aquiloni e palloncini incendiari verso il sud di Israele, causando vasti danni alle coltivazioni. Secondo l’esercito israeliano, dall’inizio di questa pratica (fine di aprile), sono stati registrati più di 750 incendi (una media di oltre 11 al giorno) che hanno bruciato circa 3.000 ettari di terreno, con danni stimati a più di 2,2 milioni di dollari USA. Non sono state segnalate vittime israeliane.

A Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare, in almeno 16 circostanze, non contestuali alle manifestazioni di massa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco, provocando un ferimento e costringendo agricoltori e pescatori ad allontanarsi. In un caso, le forze navali israeliane hanno intercettato una imbarcazione diretta in Turchia, mentre tentava di eludere il blocco navale; nove persone a bordo sono state arrestate, sette di esse sono state rilasciate poco dopo. In sei occasioni, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo presso la recinzione perimetrale.

In Cisgiordania, durante molteplici scontri, le forze israeliane hanno ferito 24 palestinesi, tra cui otto minori. La maggior parte dei feriti (14) si sono avuti in scontri scoppiati in cinque operazioni di ricerca-arresto; gli scontri più ampi sono stati registrati nel Campo profughi di Al Jalazun (Ramallah). Nel complesso, le forze israeliane hanno condotto 100 di queste operazioni, arrestando oltre 100 palestinesi, tra cui cinque minori. Altri cinque palestinesi, tra cui un giornalista, sono rimasti feriti a Kafr Qaddum (Qalqiliya), nel corso della protesta settimanale contro l’espansione degli insediamenti, e a Beit Ummar (Hebron), durante scontri seguiti al funerale di un palestinese, il cui corpo era stato trattenuto dalle autorità israeliane per 45 giorni.

In Area C e Gerusalemme Est, citando la mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 32 strutture di proprietà palestinese; come conseguenza, 64 palestinesi hanno dovuto sfollare. L’episodio più grave è avvenuto nella Comunità beduina di Abu Nuwar, ad est di Gerusalemme, dove sono state demolite 19 strutture. Presso una Comunità di pastori della Valle del Giordano settentrionale (Al Farisiya) è stato demolito un serbatoio di acqua, finanziato da donatori e fornito come assistenza umanitaria: il serbatoio forniva accesso idrico a 148 persone. Sempre per mancanza di permessi, a Barta’a ash Sharqiya, un villaggio situato nella zona chiusa dietro la Barriera, nel governatorato di Jenin, le autorità israeliane hanno emesso ordini di blocco lavori contro 17 strutture, tra cui quattro case abitate, costruite 30 anni fa.

La demolizione della Comunità palestinese beduina di Khan al Ahmar-Abu al-Helu è stata temporaneamente ritardata a seguito della presentazione di due nuove petizioni all’Alta Corte di Giustizia Israeliana. Similmente ad Abu Nuwar, è una delle 18 comunità che rischiano il trasferimento forzato perché interne, o circostanti, all’area del piano di insediamento [israeliano] E1. Le petizioni saranno ascoltate entro il 15 agosto, ma il 3 luglio i militari israeliani hanno requisito la terra per iniziare i lavori nelle strade che portano alla Comunità. Inoltre, l’area è stata dichiarata zona militare chiusa, il che impedisce l’accesso alla Comunità ai non residenti. Benché tale interdizione non venga applicata continuativamente, in diverse occasioni l’accesso alla Comunità è stato ritardato o impedito agli operatori che erogano i periodici servizi umanitari di assistenza (inclusa la clinica mobile e la cura della salute mentale).

Otto attacchi da parte di coloni israeliani hanno portato al ferimento di due palestinesi e gravi danni a proprietà agricole. Uno dei palestinesi è stato colpito e ferito da forze israeliane intervenute negli scontri tra palestinesi e i coloni israeliani che avevano fatto irruzione nel villaggio di Asira al Qibliya (Nablus). In altri tre episodi, accaduti nei villaggi vicini di ‘Urif e Burin, coloni israeliani hanno incendiato terreni agricoli e diverse auto, ed hanno devastato almeno 360 alberi. Negli ultimi anni, i residenti dei tre villaggi hanno subito violenze e intimidazioni da parte di coloni israeliani provenienti dall’insediamento colonico di Yitzhar e dai suoi circostanti avamposti [= insediamenti colonici illegali anche per la Legge israeliana]. In Cisgiordania, dall’inizio del 2018, oltre 4.700 alberi di proprietà palestinese sono stati vandalizzati, a quanto riferito, da coloni israeliani, con un aumento del 70% rispetto al corrispondente periodo del 2017. In due episodi accaduti nella città di Hebron, nella zona a controllo israeliano, coloni hanno aggredito fisicamente e ferito un palestinese; inoltre hanno bloccato un’ambulanza che portava a casa un’anziana paziente, costringendo i suoi parenti a trasportarla a braccia.

In Cisgiordania, secondo quanto riportato da media israeliani, in almeno sei casi, vicino a Hebron, Ramallah e Gerusalemme, palestinesi hanno lanciato pietre o bottiglie incendiarie contro veicoli israeliani, causando danni a due veicoli privati. Non sono stati segnalati feriti.

Il valico tra Gaza e l’Egitto, sotto controllo egiziano, è rimasto aperto in entrambe le direzioni per tutto il periodo di riferimento, ad eccezione di tre giorni. Sono entrate in Gaza 3.070 persone e ne sono uscite 2.706. Il valico è rimasto aperto, quasi continuativamente, dal 12 maggio 2018.

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