Organizzazioni palestinesi sollecitano l’ONU e chiedono ai diversi paesi di non collaborare con le aziende che investono o vendono nelle colonie israeliane.

Feb 22, 2018 | Info dal mondo, Notizie

25 gennaio 2018

Nel corso del prossimo mese di marzo, durante la 37a sessione di Ginevra del Consiglio per i Diritti Umani, si prevede che l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (OHCHR) presenti un rapporto nell’ambito della risoluzione 31/36 del Consiglio per i Diritti Umani.[1] Il rapporto, assieme ai dati che vi saranno allegati, fornirà uno strumento importante per la cessazione delle complicità imprenditoriali nella prolungata occupazione dei Territori palestinesi occupati (OPT). Da oltre cinquant’anni Israele occupa la Cisgiordania, assieme a Gerusalemme Est ed alla Striscia di Gaza. Israele ha fatto uso del proprio controllo sul territorio palestinese per colonizzare illegalmente il suolo palestinese e trarre benefici economici dalle abbondanti risorse naturali presenti, a vantaggio dell’economia nazionale israeliana e dei coloni. L’occupazione, l’appropriazione e l’annessione del suolo e delle risorse naturali palestinesi, inoltre, ha contribuito a far decrescere l’economia palestinese, a frammentare ed isolare le comunità palestinesi ed a confinare i Territori palestinesi occupati entro un mercato vincolato. La dimostrazione più evidente di tutto ciò sta nel trattamento dei lavoratori palestinesi costretti a cercare impiego sulla loro terra illegalmente occupata.[2]

Mentre innumerevoli risoluzioni dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno condannato le violazioni del Diritto Internazionale da parte d’Israele, ivi compresi il mantenimento e l’espansione del progetto israeliano d’insediamento, l’occupazione si è ancor più consolidata grazie all’aiuto di imprese internazionali ed israeliane.

Contesto

Nell’intento di far luce sulle continue violazioni israeliane, il Consiglio dei Diritti Umani ha istituito una commissione d’inchiesta (FFM, fact finding mission), “per analizzare l’impatto degli insediamenti israeliani sui diritti civili, politici, economici, sociali e culturali del popolo palestinese” per tutti i Territori Palestinesi Occupati. Il rapporto FFM del 2013 ha messo in luce l’impatto delle imprese commerciali nel garantire, agevolare e trarre profitto dall’azione di colonizzazione, mettendo in risalto quegli interventi che “destano particolari preoccupazioni quanto a violazioni dei diritti umani.”[3] . Tali interventi vanno da “l’uso di risorse naturali, in particolare idriche e del suolo, a fini commerciali” ad “operazioni bancarie e finanziarie atte a sviluppare, espandere o salvaguardare gli insediamenti”, a “fornire strumenti di sorveglianza ed identificazione per insediamenti, muro e checkpoint direttamente connessi con insediamenti”.[4]

Nel 2016 il Consiglio per i Diritti Umani ha adottato la risoluzione 31/36, che sollecita la produzione di una banca dati di tutte le imprese commerciali interessate alle attività identificate nel rapporto della commissione FFM.[5] La risoluzione ha richiesto inoltre che la banca dati fosse trasmessa sotto forma di un rapporto (d’ora in poi “banca dati”), come già detto.[6] La banca dati, assieme all’aumentata attenzione mondiale sulla complicità delle imprese con l’occupazione israeliana, si unisce ad altri sviluppi globali per quanto riguarda imprese e diritti umani. Ricordiamo, tra gli altri, l’impegno della comunità internazionale ad istituire un trattato vincolante, tendente a ricondurre le attività di aziende transnazionali ed altre imprese commerciali sotto la legge internazionale sui diritti umani. Ricordiamo anche lo sviluppo e l’adozione di piani d’azione nazionali (NAP) sull’applicazione dei Principi Guida ONU su Affari e Diritti Umani da parte degli Stati (UNGPs). Come tale, la Risoluzione 31/36 del Consiglio dei Diritti Umani si rivolge in particolar modo alle imprese commerciali affinché rispettino i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati in accordo con il Diritto Internazionale e con gli UNGPs.

Fare uso della banca dati come strumento dei Diritti Umani

Gli UNGPs, emanati nel 2011, richiamano gli stati e le imprese commerciali al rispetto della legislazione internazionale sui diritti umani e del diritto umanitario internazionale in situazioni di conflitto armato.[7] Gli Stati hanno dimostrato il proprio impegno verso gli UNGPs, mediante l’elaborazione e la pubblicazione dei Piani d’Azione Nazionali (NAPs). Nel suo NAP il governo degli Stati Uniti, ad esempio, mette in rilievo il proprio invito alle imprese “di far uso di strumenti come le Direttive OECD e i Principi Guida ONU considerandoli come la base, piuttosto che come il tetto, per mettere in atto pratiche commerciali responsabili.”

Il NAP degli Stati Uniti continua riconoscendo “l’accresciuto rischio di gravi effetti sui diritti umani in aree coinvolte in conflitti” e conseguentemente “incoraggia alla ‘due diligence’ commerciale e ad effettuare in tali circostanze le dovute segnalazioni”. Analogamente, il NAP della Germania riconosce l’aumentato rischio di violazioni in aree di conflitto, sottolineando il proprio “impegno a cercare di garantire che le imprese tedesche operanti in tali situazioni non partecipino ad azioni con impatto negativo sui diritti umani.”

È necessario che questi e tutti gli altri NAPs siano visti assieme alla dichiarazione del 2014 sui Territori Palestinesi Occupati (OPT) del Gruppo di Lavoro ONU su Affari e Diritti Umani (UNWG) al fine di assicurare l’applicazione in modo non discriminatorio degli UNGPs.[8] Nella sua dichiarazione, l’UNWG ha riaffermato l’applicabilità degli UNGPs ai Territori Palestinesi Occupati, riconoscendo che si tratta di una occupazione militare.[9] L’UNWG ha poi sottolineato il ruolo sia degli Stati di residenza che degli Stati ospiti nell’adozione di azioni sia unilaterali che multilaterali, al fine di “prevenire ed affrontare l’aumentato rischio di coinvolgimento in questo tipo di violazioni da parte delle imprese in situazioni di conflitto”.[10] Laddove lo stato di residenza o lo stato occupante siariluttante o non capace a proteggere i diritti umani”, il ruolo dei paesi di residenza delle imprese transnazionali diviene ancor più importante.[11] Di conseguenza, le politiche degli Stati dovrebbero far di tutto per far fronte agli impattinegativi sui diritti umani che provengono dagli insediamenti israeliani; a questo riguardo, le organizzazioni palestinesi considerano la banca dati uno strumento determinante.

Oltre ai Principi Guida delle Nazioni Unite, nel 2016 la risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha richiesto a tutti gli Stati “di distinguere, nelle loro attività rilevanti, tra il territorio dello Stato di Israele e i Territori Occupati nel 1967”, viste le flagranti violazioni della legge internazionale rappresentate dagli insediamenti israeliani.[12] La risoluzione richiedeva che ogni tre mesi fosse fornito al Consiglio di Sicurezza un rapporto circa l’attuazione delle decisioni della risoluzione. Questi rapporti del Coordinatore Speciale Nickolay Mladenov hanno riferito di una serie di continue violazioni della legge internazionale da parte di Israele, tra cui l’espansione degli insediamenti, ma hanno anche fatto il duro rilievo che nessuna azione era stata intrapresa dalla comunità internazionale. Fino ad oggi, i rapporti periodici continuano ad affermare che “non ci sono stati sviluppi circa la distinzione che gli Stati Membri devono fare nelle loro attività rilevanti, tra il territorio dello Stato di Israele e i Territori Occupati nel 1967.”[13] Di conseguenza, i prodotti degli insediamenti continuano ad affluire ai mercati internazionali, le imprese straniere continuano ad operare negli insediamenti illegali e le attività di colonizzazione continuano a crescere a spese dei diritti dei Palestinesi. La situazione illustra come gli stati terzi omettano di intraprendere azioni che derivano dai loro obblighi legali internazionali.[14]

A questo riguardo, bisogna notare che alcuni Stati, tra cui Israele, hanno criticato i dati che saranno presumibilmente presentati nel rapporto. Non è chiaro se il ritardo nella presentazione del rapporto sia dovuto a queste critiche o ad altre possibili pressioni sull’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani.[15] Le nostre organizzazioni, insieme a molte altre organizzazioni regionali e internazionali,[16] insistono quindi che la banca dati è uno strumento importante che può essere usato dagli Stati e da entità regionali e internazionali per assicurare l’applicazione corretta e trasparente delle norme.[17] Usando la banca dati, gli Stati possono emanare linee guida mirate allo scopo ed interagire con le imprese domiciliate nel loro territorio e operanti nei TPO per verificare che non siano coinvolte in violazioni dei diritti umani.[18] Allo stesso tempo, la banca dati metterà in evidenza le operazioni e i rapporti che le imprese intrattengono con gli insediamenti illegali di Israele. Inoltre, in ossequio ai Principi Guida dell’ONU, le imprese incluse nella banca dati devono farsi parte attiva o comunque collaborare nel risarcimento per qualunque impatto negativo causato dalle loro azioni.[19] Poiché la banca dati deve essere aggiornata su base annuale, gli Stati possono valutare se le imprese coinvolte hanno preso i dovuti provvedimenti e, in caso contrario, prendere in considerazione “responsabilità civili, amministrative o penali” se le attività delle imprese “hanno commesso o hanno contribuito a gravi violazioni dei diritti umani,”[20]

Raccomandazioni

Le sottoscritte organizzazioni palestinesi chiedono al Segretario Generale dell’ONU António Guterres, all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Zeid Ra’ad Al Hussein e agli Stati Membri del Consiglio dell’ONU per i Diritti Umani di garantire la tempestiva pubblicazione e l’aggiornamento annuale della banca dati istituita con la risoluzione 31/36 del Consiglio per i Diritti Umani. Invitiamo gli Stati a formulare e mettere in atto politiche coerenti a proposito di imprese e diritti umani, in cui il territorio palestinese occupato non venga considerato “un’eccezione” riguardo all’applicazione dei Piani d’Azione Nazionali e di altre politiche interne. Di conseguenza, chiediamo anche che tutti gli stati usino la banca dati come uno strumento per agevolare l’applicazione delle norme comprese nella Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 2334, tra cui il controllo sulle imprese domiciliate nella loro giurisdizione che contribuiscano all’economia degli insediamenti illegali israeliani o ne profittino, oltre a bandire l’ingresso nei loro mercati interni dei prodotti degli insediamenti.

Considerando le gravi violazioni della legge internazionale connesse con tali attività, tra cui la potenziale partecipazione delle imprese a crimini internazionali, le imprese israeliane e internazionali che sono incluse nella banca dati e che favoriscono le attività di colonizzazione di Israele, devono cessare immediatamente l’attività. Le imprese che hanno tratto e continuano a trarre profitti da simili attività devono mettersi in contatto con le comunità palestinesi coinvolte per assicurare adeguati risarcimenti. Dopo 50 anni di occupazione, la banca dati rappresenta un passo importante e dettato dal buonsenso verso la trasparenza e la responsabilità. Perciò le nostre organizzazioni non chiedono solo la fine dell’occupazione israeliana, ma anche la fine della complicità delle imprese nella colonizzazione della Palestina.

Sottoscritto da:

  1. Al-Haq, Law in the Service of Man
  2. Ma’an Development Centre
  3. The Applied Research Institute Jerusalem (ARIJ)
  4. Community Action Centre (Al-Quds University)
  5. Addameer Prisoner Support and Human Rights Association
  6. Jerusalem Legal Aid and Human Rights Center (JLAC)
  7. Badil – Resource Centre for Palestinian Residency and Refugee Rights
  8. Al-Mezan Centre for Human Rights
  9. Palestinian Centre for Human Rights (PCHR)
  10. Defense for Children International – Palestine (DCI-Palestine)
  11. PASSIA
  12. Palestinian Working Woman Society for Development (PWWSD)
  13. Civic Coalition for Palestinian Rights in Jerusalem
  14. Coalition for Accountability and Integrity – AMAN
  15. The Society of St. Yves
  16. The Centre for Defense of Liberties and Civil Rights (Hurryyat)
  17. Aldameer Association for Human Rights
  18. Ramallah Centre for Human Rights Studies
  19. Independent Union Federation
  20. Social and Ecnomic Policies Monitor (Al Marsad)
  21. Palestinian National Institute for NGO
  22. Palestinian Non-Governmental Organizations Network (PNGO)
  23. Palestine Cellular Communications Co. (Jawwal) Workers Union
  24. Jerusalem District Electrcity Company (JDECo)
  25. Workers Union, National Beverages Company (NBC) Workers Union
  26. Women’s Technical Affairs Committee (WATC)
  27. People with Disability (PwD) Movement
  28. Association Najdeh
  29. Palestinian Non-Governmental Organization against Domestic Violence Against Women (Al-Muntada)
  30. New Labour Union Federation
  31. Union of Agricultural Work Committees (UAWC)
  32. Qader for Community Development
  33. Birzeit University Workers Union
  34. Bethlehem University Workers Union
  35. Palestinian Movement
  36. Women’s Centre for Legal Aid and Counseling (WCLAC)
  37. Stars of Hope Association
  38. Sharakeh for Development
  39. Labour Union Front
  40. Labor Solidarity Bloc
  41. Labor Unity Bloc
  42. Progressive Labor Bloc
  43. Nabd Youth Forum
  44. Manajel Association
  45. Palestinian Consultative Staff for Developing NGOs (PCS)
  46. Teacher Creativity Center (TCC)
  47. Community Media Center-Gaza
  48. Pal-Think for Strategic Studies
  49. The Freedom Theatre –Jenin
  50. Young Men’s Christian Association Ruwwad for Development
  51. The Arab Foundation for Sustainable Development
  52. Association of Women Committees for Social Work (AWCSW)
  53. Rural Women’s Development Society
  54. Palestinian Medical Relief Society
  55. Comités pour le Développement et le Patrimoine
  56. Young Women‘s Christian Association (YWCA)
  57. Young Women‘s Christian Association (YWCA)
  58. Mental Development Association
  59. Al Hadaf Cultural Center
  60. Palestinian Popular Art Center
  61. Financial Sector Workers Union
  62. Pharmaceutical Industry Workers Union
  63. Private Health Sector Workers Union
  64. Financial Sector Workers Union
  65. Pharmaceutical Industry Workers Union
  66. Health Workers Union
  67. Jerusalem Water Undertaking Workers Union
  68. Tanweer Forum
  69. Fuad Nassar Society
  70. Palestine Bar Association
  71. Burj Alluqluq Social Center Society
  72. Filastiniyat
  73. The Palestinian Businesswomen’s Association – Asala
  74. Union of Social Workers
  75. Halhul Sports Club
  76. Khotwa Development Association
  77. The Cultural Forum
  78. The Arab Forum for the Sexuality of Individual and Family
  79. Al-Aqda Centre for Childhood and the Youth
  80. Future Youth Arms Forum
  81. Yaboos Charity Society (YCS)
[1] Consiglio dei Diritti Umani ONU, Banca dati cfr. Risoluzione del Consiglio dei Diritti Umani 31/36: http://www.ohchr.org/EN/HRBodies/HRC/RegularSessions/Session31/Pages/DatabaseHRC3136.a spx
[2] Secondo la Banca Mondiale, “ la crescita continua della dimensione del suolo destinato ad attività di insediamento nell’area C ha ridotto fortemente il suolo disponibile all’ambito privato palestinese”. Approfondimenti: World Bank, Economic Monitoring Report to the Ad Hoc Liaison Committee, 18 settembre 2017: http://documents.worldbank.org/curated/en/515891504884716866/pdf/119657-WP-PUBLIC-on­Monday-1-PM-sept-11-AHLC-report-September-8.pdf
[3] Consiglio dei Diritti Umani ONU, Rapporto della Missione d’Inchiesta Internazionale Indipendente per analizzare le implicazioni legate agli insediamenti israeliani sui diritti civili, politici, economici e culturali del popolo palestinese per tutti i Territori Palestinesi Occupati, Gerusalemme Est inclusa, 7 febbraio 2013, A/HRC/22/63, (d’ora in avanti A/HRC/22/63): http://www.ohchr.org/Documents/HRBodies/HRCouncil/RegularSession/Session22/A-HRC-22­63_en.pdf
[4] Nel 2013 la Missione d’Inchiesta ONU sugli insediamenti israeliani ha illustrato le attività imprenditoriali coinvolte nella violazione del Diritto Internazionale nei Territori Palestinesi Occupati. Cfr. A/HRC/22/63, 7 febbraio 2013, paragrafo 96: “Informazioni raccolte dalla missione indicano che imprese commerciali hanno, direttamente o indirettamente, permesso, reso possibile e tratto vantaggi dalla costruzione e dalla crescita di insediamenti. In aggiunta alle violazioni menzionate in precedenza dei diritti di lavoratori palestinesi, la missione ha identificato un numero di attività commerciali e di problemi correlati, che sollevano questioni specifiche sulle violazione dei diritti umani.”
[5] vedi A/HRC/22/63 in nota 3.
[6] Cfr. A/HRC/22/63. 6 Cfr. Consiglio dei Diritti Umani ONU, Risoluzione adottata dal Consiglio dei Diritti Umani il 24 marzo 2016, A/HRC/RES/31/36, (d’ora in poi A/HRC/RES/31/36), paragrafo 17.
[7] vedi UN OHCHR, UN Principi Guida ONU su Imprese e Diritti Umani, 2011: http://www.ohchr.org/Documents/Publications/GuidingPrinciplesBusinessHR_EN.pdf , (d’ora in poi: Principi Guida ONU su Imprese e Diritti Umani), commenti ai Principi 7 e 12.
[8] Gli UNGPs raccomandano agli Stati di applicare i principi “in modo non-discriminatorio,” con particolare attenzione alle “popolazioni che possono essere più a rischio di diventare vulnerabili o marginalizzate.” Vedi: Principi Guida ONU su Imprese e Diritti Umani, Principi Generali, p.1.
[9] UN OHCHR, Dichiarazione sull’applicazione dei Principi Guida ONU su Imprese e Diritti Umani nel contesto degli insediamenti israeliani nei Territori Palestinesi Occupati, 6 giugno 2014: http://www.ohchr.org/Documents/Issues/Business/OPTStatement6June2014.pdf
[10] Idem
[11] Idem
[12] Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Risoluzione 2334, 23 dicembre 2016, S/RES/2334 (2016), Paragrafi 1 e 6.
[13] Consiglio di Sicurezza dell’ONU, 7908a Seduta, 24 marzo 2017, disponibile a:
http://www.securitycouncilreport.org/atf/cf/%7B65BFCF9B-6D27-4E9C-8CD3­CF6E4FF96FF9%7D/spv7908.pdf;
UN Department of Political Affairs, Briefing to the Security Council on the Situation in the Middle East – Report on UNSCR 2334 (2016), Special Coordinator Nickolay Mladenov. 23 giugno 2017, disponibile a: http://www.un.org/undpa/en/speeches­statements/20062017/middleeast;
Special Coordinator for the Middle East Process, Briefing to the Security Council on the Situation in the Middle East – Report on UNSCR 2334(2016), 25 settembre 2017, disponibile a: https://unsco.unmissions.org/sites/default/files/report_unscr_2334.pdf;
Special Coordinator for the Middle East Process, Briefing to the Security Council on the Situation in the Middle East – Report on UNSCR 2334(2016), 18 dicembre 2017, disponibile a:
https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/Security%20Council%20Briefing%20­%2018%20December%202017%20%28SCR%202334%29.pdf
[14] Mentre gli Stati terzi non hanno intrapreso alcuna azione concreta per porre fine alla cinquantennale occupazione dei TPO da parte di Israele e all’annessione di Gerusalemme, l’Unione Europea ha immediatamente messo in atto sanzioni per “condannare l’annessione illegale della Crimea e di Sebastopoli” e ha ribadito il suo impegno “ad attuare pienamente la sua politica di non-riconoscimento.” Di conseguenza, mentre l’importazione nell’UE di prodotti provenienti dalla Crimea e da Sebastopoli è stata vietata, i prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani affluiscono liberamente ai mercati europei. Vedi: Annessione illegale di Crimea e Sabastopoli: l’UE estende le sanzioni per un altro anno. European Council, Council of the European Union, 19 giugno 2017, disponibile a:
https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2017/06/19/crimea-sevastopol-eu­extends-sanctions/
[15] Vedi il paragrafo: “The Timing of the Report” disponibile a:
http://www.ohchr.org/EN/HRBodies/HRC/RegularSessions/Session31/Pages/DatabaseHRC3136.a spx
[16] 63 organizzazioni regionali e internazionali hanno firmato il 30 novembre 2017 una dichiarazione congiunta per promuovere l’utilizzazione della banca dati del Consiglio ONU per i Diritti Umani circa le attività delle imprese negli insediamenti. Vedere inoltre: Cairo Institute for Human Rights Studies, Joint NGO Statement in Support of the UN Human Rights Database on Business Activities related to Settlements in the Occupied Palestinian Territory, 30 novembre 2017, disponibile a: http://www.cihrs.org/?p=20498&lang=en;
Un’ulteriore lettera di dichiarazioni è stata inviata da altre 8 organizzazioni. Vedi: UN Should Release Database of Businesses that Raise Human Rights Concerns in Israeli Settlements, 8 novembre 2017, disponibile a:
https://www.icar.ngo/news/2017/11/8/un-should-release-database-of-businesses-that-raises­human-rights-concerns-in-israeli-settlements; See also: Israel/Palestine: UN Settlement Business Data Can Stem Abuse, Human Rights Watch, 28 novembre 2017, disponibile a: https://www.hrw.org/news/2017/11/28/israel/palestine-un-settlement-business-data-can-stem­abuse;
[17] Vedi: UN Guiding Principle on Business and Human Rights, Principle 8 e il Commento su “Ensuring Policy Coherence;”
[18] UN Guiding Principle on Business and Human Rights, Principle 3 and 7.
[19] UN Guiding Principle on Business and Human Rights, Principle 22.
[20] UN Guiding Principle on Business and Human Rights, Commentary Principle 7.

 

Traduzione di Antonella Micone

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