Abbas ha ragione. Perché Israele continua a dire che ha torto?

Gen 18, 2018 | Riflessioni

Abbas dice la verità. Quello che Israele dice contro di lui non rispecchia la realtà: è solo un latrato nazionalistico.

Gideon Levy

Haaretz, 18 gennaio 2018

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas saluta dopo il suo discorso del 25 settembre 2010 alla 65a sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU a New York. Foto אי־אף־פי

Il coro giulivo strilla ancora contro Mahmoud Abbas. Basta vedere le reazioni al suo discorso per capire fino a che punto Israele sta parlando con una voce orribilmente uniforme, fino a che punto non c’è più destra e sinistra, non c’è vera discussione né pluralismo ideologico, ma solo un cieco, assordante latrato nazionalistico.

Da Nadav Eyal (“un discorso demenziale e spregevole”) a Ben Dror Yemini (“ideologia delirante”), hanno fatto tutti a gara per chi sparava di più contro Abbas. Nessuno ha affrontato veramente quello che ha detto. D’altronde, lui ha maledetto Donald Trump, campione di raffinata retorica, “possa la tua casa esser distrutta,” cosa ahimè sconvolgente per le sensibili orecchie degli Israeliani. Ha parlato di colonialismo, e gli auto-vittimizzati Israeliani hanno gridato: “anti-semitismo.” Nessuno ha detto cosa c’era di sbagliato nel suo discorso e cosa c’era di anti-semitico. Eccetto forse per quelle “navi olandesi che portarono qui gli Ebrei,” Abbas ha detto la verità. È una cosa difficile da digerire, e Israele ha scelto di strillare. Fa sempre così quando non sa cosa rispondere.

Abbas ha detto che l’accordo di Oslo è finito. Cosa ne rimane infatti, a una ventina di anni da quando l’accordo sullo status finale doveva essere firmato? Israele ha fatto tutto quello che poteva per sabotare l’accordo. Ogni soldato che invade di notte i territori dell’area A, ogni prigioniero che sta in prigione da prima di Oslo, lo sta in effetti violando.

L’attuale governo e i suoi sostenitori contestavano Oslo: perché ora si offendono se Abbas dice che è tutto finito? Abbas ha detto la verità.

“Non accetteremo più la sponsorizzazione americana,” ha detto Abbas. Ha altre scelte? Cosa dovrebbe fare, chinar la testa dopo i sonori schiaffi che ha ricevuto? Inginocchiarsi di fronte a un presidente che ignora l’occupazione?

Non diceva forse la verità quando protestava contro la demenziale affermazione di Trump che sono stati i Palestinesi a mandare a monte i negoziati? Una super-potenza che punisce l’occupato invece dell’occupante: questa è una cosa inspiegabile. Invece di smettere di finanziare e armare l’occupante, gli Stati Uniti tagliano i fondi all’organizzazione che assiste i rifugiati della parte occupata. È una follia. Abbas ha reagito con moderazione. Gli ambasciatori americani Nikki Haley e David Friedman sono di fatto amici dell’occupante e nemici della legge internazionale: come altrimenti definirli se non due tipi stravaganti?

Ma il colpo più scioccante è stato quando Abbas ha toccato i nervi più scoperti degli Israeliani e ha classificato il sionismo tra gli ingredienti del progetto coloniale. Aveva torto? Quando una potenza coloniale in declino promette un paese che non sta ancora governando a un popolo la cui stragrande maggioranza non vive in quel paese, mentre ignora il popolo che ci vive, cos’altro è se non colonialismo? Quando più della metà di quel paese viene promessa a meno di un decimo di chi ci abita, cos’altro è se non una terribile ingiustizia?

È duro sentirselo dire, ma è la verità. La dichiarazione Balfour non può essere letta altrimenti. E cosa c’è di più appropriato che chiedere ai Britannici di scusarsi e mettersi ora dalla parte dei Palestinesi, dopo tanti anni in cui sono stati sfrattati e spossessati, a cominciare da Balfour per finire ai giorni nostri?

La creazione di Israele ha servito all’occidente imperialista. Abbas ha ragione. Israele viene visto come l’ultimo baluardo contro gli Arabi selvaggi, così come il regime di apartheid del Sud Africa era visto dallo stesso occidente come l’ultimo baluardo contro i comunisti e i neri.

Poi c’è stato l’Olocausto e Israele e diventato un legittimo e giusto rifugio, ma anche questo è avvenuto a spese dei Palestinesi. Il mondo avrebbe dovuto compensarli liberandoli dall’occupazione del 1967 e dando loro eguali diritti, oppure un loro stato. È di questo che ha parlato Abbas.

Abbas non è certo uno statista perfetto. Non è un democratico. È impopolare, forse corrotto, certamente patetico nel suo insistere per la soluzione a due stati. Ma è lo statista palestinese più pacifista e più nonviolento che si possa immaginare. È per questo che è così pericoloso per Israele. È per questo che Benjamin Netanyahu ha festeggiato il suo discorso risoluto, riecheggiato dal coro nazionale. Israele vorrebbe che tutti fossero Yahya Sinwar [leader di Hamas, ndt]. Questo renderebbe ancor più giustificata l’occupazione.

Gideon Levy

https://www.haaretz.com/opinion/abbas-is-right-why-does-israel-keep-saying-he-s-wrong-1.5744750

Traduzione di Donato Cioli

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