Rapporto sulla Protezione dei Civili nei Territori Palestinesi Occupati 23 febbraio-7 marzo 2016

Mar 8, 2016 | Rapporti Palestina OCHA

Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati Sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

Chi vuole una lettura ancora più veloce trova qui il nostro manifesto settimanale (n°153images), basato su un riassunto del Rapporto.

Durante il periodo di due settimane sono stati segnalati nove attacchi palestinesi, o presunti attacchi, contro israeliani e coloni israeliani, con conseguente ferimento di sette israeliani; cinque dei presunti responsabili sono stati uccisi sul posto, tra cui un ragazzo di 17 anni e una donna di 34 anni, mentre un altro palestinese è stato ferito e una ragazza di 14 anni è stata arrestata. Gli episodi si riferiscono a sette accoltellamenti, o presunti tentativi di accoltellamento: presso il checkpoint DCO di Ramallah, presso il villaggio di Burin (Nablus), di Auja (Jericho), presso gli insediamenti di Ma’ale Adumim (Gerusalemme) e di Eli (Nablus) e nei pressi dello svincolo stradale di Gush Etzion (Betlemme); in quest’ultima località c’è stato un sospetto speronamento con auto, mentre vicino all’insediamento di Ariel (Salfit) sono stati sparati colpi di arma da fuoco contro un veicolo della polizia israeliana. Dall’inizio dell’anno, gli attacchi o sospetti attacchi palestinesi hanno provocato la morte di quattro israeliani e di 31 aggressori (o presunti tali) palestinesi, tra cui dieci minori.

Un ventiduenne palestinese è stato ucciso, con armi da fuoco, nel Campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme) durante scontri verificatisi nel corso di un‘operazione militare che intendeva proteggere l’uscita dal Campo di due soldati israeliani che vi erano entrati erroneamente. Nei Territori palestinesi occupati gli scontri con le forze israeliane hanno provocato il ferimento di 225 palestinesi, tra cui 65 minori. Nove dei ferimenti si sono verificati nella Striscia di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale, i rimanenti in Cisgiordania; la maggior parte di questi ultimi sono avvenuti durante scontri nel corso delle manifestazioni settimanali a Kafr Qaddum (Qalqiliya) e Ni’lin (Ramallah); in scontri nei pressi del villaggio di Al-Khader; presso la Tomba di Rachele a Betlemme; e nel corso di undici distinte operazioni di ricerca-arresto. Sale così a otto il numero di palestinesi (tre dei quali minori) uccisi dall’inizio del 2016 durante scontri nei Territori occupati, mentre il numero dei feriti sale a 1.170 (di cui 381 minori).

Il 2 marzo, in seguito ad un attacco [palestinese] nei pressi dell’insediamento [colonico israeliano] di Bracha, le forze israeliane hanno bloccato per cinque giorni consecutivi gli ingressi principali dei vicini villaggi di Burin, Iraq Burin e Madama (5.900 persone), ad ovest della città di Nablus, ed hanno dislocato checkpoints temporanei sulle strade secondarie. Nello stesso periodo, l’esercito israeliano ha aperto l’ingresso a nord del villaggio di Bani Na’im (Hebron), che era rimasto chiuso negli ultimi tre mesi.

Sono tuttora trattenuti dalle autorità israeliane (da periodi di tempo che vanno dai 29 ai 153 giorni) i corpi di nove palestinesi, tutti ex-residenti di Gerusalemme Est, sospettati di aver perpetrato attacchi contro israeliani.

Il 25 febbraio, in Jabalia, a nord della città di Gaza, un bambino palestinese di 5 anni è stato ucciso dall’esplosione di un residuato bellico mentre un altro di 6 anni è rimasto ferito.

Nella Striscia di Gaza, in Aree ad Accesso Riservato di terra e di mare, sono stati registrati almeno 36 episodi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento contro civili palestinesi o contro le loro proprietà; in nessun dei casi ci sono state vittime, ma un‘aula di una scuola elementare palestinese, ad est della città di Gaza, è stata danneggiata dagli spari mentre erano in corso le attività didattiche. Durante il periodo di osservazione sono stati arrestati tredici palestinesi: tre nei pressi della recinzione di confine che circonda Gaza, dopo essere entrati in Israele senza l’autorizzazione israeliana, un membro della squadra nazionale palestinese di calcio al valico di Erez e nove pescatori arrestati in mare, secondo quanto riferito, dopo essere stati costretti dalle forze israeliane a togliersi i vestiti e nuotare verso l’imbarcazione militare.

Nella città di Hebron, a Deir Samit ed a Tarusa, sempre nel governatorato di Hebron, le autorità israeliane hanno distrutto tre case appartenenti a palestinesi accusati di aver compiuto, lo scorso novembre, attacchi contro israeliani: sfollate 22 persone, tra cui tredici minori. Durante la settimana, a Qabatiya (Jenin), con le stesse motivazioni, sono stati consegnati ordini di demolizione contro altre tre case. Le demolizioni punitive sono una forma di punizione collettiva che contrasta con una serie di disposizioni del diritto internazionale.

Durante il periodo di riferimento, in Area C e presso comunità di Gerusalemme Est, per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le forze israeliane hanno distrutto, o smontato e confiscato, 85 strutture, 17 delle quali fornite come assistenza umanitaria. Come risultato, 96 persone, tra cui 41 minori, sono state sfollate e altre 255 sono state coinvolte in vario modo. L’episodio più grave ha interessato la comunità beduina palestinese di Khirbet Tana (Nablus), quasi interamente distrutta (41 strutture), che si trova in una “zona per esercitazioni a fuoco”. Dall’inizio del 2016, il numero delle strutture demolite è già pari al 70% delle demolizioni registrate in tutto il 2015, mentre il numero degli sfollati è quasi il 68% del totale del 2015. Il numero delle strutture finanziate da donatori e demolite (120) ha già superato il totale del 2015 (erano state 108). Il 17 febbraio, Robert Piper, Coordinatore per le Attività Umanitarie e di Sviluppo delle Nazioni Unite per i Territori palestinesi occupati, ha chiesto la cessazione immediata della distruzione di beni di proprietà palestinese nella Cisgiordania occupata ed il rispetto del diritto internazionale.

Durante il periodo di due settimane sono stati registrati otto attacchi di coloni israeliani contro palestinesi, con conseguenti lesioni o danni: l’aggressione e il ferimento di cinque palestinesi, tra cui una donna, a Nablus, Salfit ed Hebron; lo sradicamento di 30 piantine di ulivo in Qusra (Nablus), secondo quanto riferito, ad opera di coloni provenienti dall’insediamento di Esh Kodesh; danni ad un veicolo palestinese ad Asira al Qibliya (Nablus), secondo quanto riferito, ad opera di coloni provenienti dall’insediamento di Yitzhar. Inoltre (non incluso nel conteggio), vicino all’ingresso della colonia di Ariel (Salfit), un palestinese è stato investito e ferito da un veicolo con targa israeliana.

I media israeliani hanno riportato tre casi di lancio di pietre (presso Hebron e Betlemme) da parte di palestinesi contro veicoli di coloni israeliani, con conseguenti danni per tre veicoli privati. Il 3 marzo, nel villaggio di Shufa (Tulkarm), le autorità israeliane hanno distribuito volantini, minacciando provvedimenti punitivi contro i residenti, nel caso dovesse persistere il lancio di pietre contro le auto israeliane.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni. Il valico è rimasto chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014 ad eccezione di 42 giorni di aperture parziali. Le autorità di Gaza hanno segnalato che sono registrati e in attesa di attraversare oltre 25.000 persone con bisogni urgenti, tra cui circa 3.500 malati.

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