Rapporto sulla Protezione dei Civili nei Territori Palestinesi Occupati 14-30 novembre 2015

Dic 1, 2015 | Rapporti Palestina OCHA

Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati Sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: http://www.ochaopt.org/reports.aspx?id=104&page=1

Chi vuole una lettura ancora più veloce trova qui il nostro manifesto settimanale (n°144images), basato su un riassunto del Rapporto.

Nel periodo di riferimento (24 – 30 novembre), l’ondata di violenza è proseguita in tutti i Territori palestinesi occupati, determinando la morte di otto palestinesi (ai quali è da aggiungere un minore palestinese morto per le ferite precedentemente riportate) ed il ferimento di altri 929 palestinesi e 13 israeliani [vedere i dettagli nel prosieguo]. Tra il 1° ottobre ed il 30 novembre, nei Territori palestinesi occupati ed in Israele[1] sono stati uccisi 103 palestinesi, tra cui 23 minori, e 17 israeliani, mentre 11.299 palestinesi ed almeno 182 israeliani sono stati feriti

Cinque palestinesi sono stati uccisi, e uno ferito, dalle forze israeliane, mentre uno straniero e 12 membri delle forze israeliane sono stati feriti da palestinesi in sei distinte aggressioni o presunte aggressioni. Gli episodi comprendono tre accoltellamenti e tre investimenti con auto, verificatisi in Cisgiordania e a Gerusalemme Ovest. Secondo quanto riferito, nessuno degli autori e presunti autori apparteneva ad una qualche fazione o gruppo armato. Un altro palestinese è stato accoltellato e ferito da un civile israeliano nella città israeliana di Bet Shemesh.

Tre palestinesi, tra cui un minore, sono stati uccisi dalle forze israeliane, con armi da fuoco, nel corso di tre diversi scontri: al campo profughi di Al ‘Aroub (Hebron), ad un checkpoint recentemente istituito a Gerusalemme Est e nel corso di una operazione di ricerca-arresto nel villaggio di Qattanna (Gerusalemme). Nel corso dei suddetti e di altri scontri, altri 886 palestinesi (tra cui un imprecisato numero di minori) sono stati feritisoprattutto nel contesto di proteste, 41 delle quali si sono svolte nei pressi della recinzione che circonda Gaza, e le rimanenti in diverse località della Cisgiordania. Il maggior numero di feriti (359) continua ad essere conteggiato nel governatorato di Qalqiliya, soprattutto intorno al checkpoint di Al Jaljuliya, che controlla l’unica via di accesso alla città di Qalqiliya. Almeno il 13% di tutti i ferimenti risultano causati da armi da fuoco.

Un 16enne palestinese è morto per le ferite riportate all’inizio di questo mese: era stato colpito dalle forze israeliane, con arma da fuoco, durante scontri nei pressi del checkpoint di Ramallah-DCO [District Coordination Office].

Durante la settimana sono state registrate cinque aggressioni ad opera di coloni israeliani con conseguenti lesioni o danni alla proprietà: il ferimento di una donna 60enne, per lancio di sassi, nel villaggio di Jit (Qalqiliya); l’aggressione fisica contro un palestinese all’ingresso di Yatma (Nablus); il danneggiamento di ulivi ed un tentativo di incendio doloso nei pressi dell’insediamento di Yitzhar; l’uccisione di una pecora, investita con l’auto, e l’aggressione contro il pastore 14enne vicino a Ein al Hilweh (Tubas); graffiti anti-arabi ed il danneggiamento di un veicolo in Khalet Zakariya (Betlemme). Inoltre sono stati segnalati episodi di intimidazione da parte di coloni israeliani.

Oltre le aggressioni palestinesi summenzionate [vedi paragrafo 2], un veicolo israeliano è stato dato alle fiamme e danneggiato nella zona H2 di Hebron.

Il 30 novembre, un tribunale israeliano ha condannato due minori israeliani per aver rapito, bruciato ed ucciso un 16enne palestinese di Gerusalemme Est, il 2 luglio 2014. Il verdetto relativo al principale responsabile, un colono israeliano adulto, è stato rinviato perché il suo avvocato ha presentato un parere legale riguardante la sua sanità mentale.

Nella comunità di pastori di Al Hadidiya, in Area C (nord della Valle del Giordano), le forze israeliane hanno confiscato dieci tende; queste erano state fornite come assistenza umanitaria in seguito alla demolizione – eseguita il 26 novembre per mancanza dei permessi edilizi israeliani – di 14 tende residenziali e ricoveri per animali. Delle tende confiscate, quattro erano già state montate e davano riparo a 15 palestinesi, tra cui quattro minori, sfollati a causa delle demolizioni [del 26 novembre]. Già in origine, metà delle tende residenziali demolite erano state fornite come assistenza umanitaria per rimediare a precedenti demolizioni. Inoltre, parte della strada comunitaria, finanziata da donatori, utilizzata da circa 100 persone, è stata smantellata il 25 novembre. Cinque palestinesi sono stati altrimenti interessati dal provvedimento, tra cui una donna incinta, aggredita e ferita da un soldato israeliano mentre cercava di raccogliere effetti personali prima dell’abbattimento della tenda.

Per motivi analoghi [mancanza dei permessi edilizi israeliani], le autorità israeliane hanno demolito altre tre strutture: in Halhul (Hebron), Husan (Betlemme) e nella zona di Beit Hanina di Gerusalemme Est; nella Città Vecchia di Gerusalemme hanno costretto una famiglia ad auto-demolire un ampliamento della loro casa. Durante la demolizione in Husan (Betlemme), le forze israeliane hanno anche confiscato tre containers.

Durante la settimana, in Cisgiordania, le forze israeliane hanno effettuato almeno cinque confische di veicoli e attrezzature: otto autobus del trasporto pubblico nella città di Nablus, denunciandone l’utilizzo per il trasporto di “persone coinvolte nei tumulti”; un camion di proprietà privata carico di fertilizzante naturale e diretto a Tammun (Tubas), per “trasporto di materiali per lavori illegali”; una ruspa di proprietà privata per la realizzazione di “opere non autorizzate in Area C”, a Beit Dajan (Nablus); quattro pompe per acqua nella comunità di pastori di Ad Deir, nel nord della Valle del Giordano. Sempre il 28 novembre, nella città di Hebron, le forze israeliane hanno fatto irruzione in una stazione radio, confiscando attrezzature e decretandone la chiusura, con ordine militare, per un periodo di sei mesi, per “incitamento contro gli israeliani”.

Per la quarta volta dall’inizio di novembre, 13 famiglie palestinesi (tra cui 46 minori) che vivono nella comunità di pastori Humsa al Buqai’a (Tubas), sono state sfollate dalle loro case per sei ore per consentire esercitazioni militari israeliane. Humsa al Buqai’a è una delle 38 comunità beduine di pastori palestinesi situate in aree designate dalle autorità israeliane come zone chiuse dedicate all’addestramento militare (“zone per esercitazioni a fuoco”).

In molte zone della Cisgiordania, le forze israeliane hanno rafforzato le restrizioni di movimento e le procedure di ricerca, provocando ritardi e pregiudicando l’accesso di gran parte della popolazione ai servizi ed ai mezzi di sussistenza. Nel governatorato di Hebron, tutte le strade (comprese quelle sterrate) che conducono alle principali arterie di traffico (strade 60, 356, 35 e 317) sono state o sbarrate da blocchi di cemento, cumuli di sporcizia e cancelli metallici, o controllate da checkpoints “volanti”. Nel governatorato di Nablus, gli ingressi alle città di Nablus, Huwwara, DeirSharaf, BeitFurik, Asira ash Shamaliya e Sarra sono stati sbarrati o controllati da checkpoints. Gli ingressi al villaggio di Far (Tulkarem) ed ai suoi terreni agricoli oltre la Barriera, sono stati bloccati. Nel governatorato di Ramallah, le forze israeliane hanno chiuso con blocchi di cemento l’ingresso principale di Sinjil e Al Mughayir; hanno bloccato in modo intermittente gli ingressi ai villaggi di Deir Nidham e Ni’lin e la strada tra Bir Nabala e Ramallah. Nel governatorato di Gerusalemme, le forze israeliane hanno bloccato tutti gli accessi al villaggio di Hizma per un giorno, mentre a Gerusalemme Est fino al 30 novembre [fine del periodo cui si riferisce questo rapporto] erano operative 14 chiusure, tra cui 8 tra checkpoints e checkpoints parziali.

Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni. Il valico è rimasto chiuso, anche per l’assistenza umanitaria, dal 24 ottobre 2014, ad eccezione di 37 giorni di aperture parziali. Le autorità di Gaza segnalano che oltre 25.000 persone, con esigenze urgenti, tra cui circa 3.500 ammalati, sono state registrate ed attendono di attraversare il valico.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 25 novembre, le autorità israeliane hanno annunciato l’innalzamento a 55 anni dell’età minima per coloro che richiedono il permesso di transito al valico di Erez come accompagnatori di pazienti che si recano negli ospedali della Cisgiordania e di Israele.

[1 I dati OCHA per la protezione dei civili includono gli episodi che si sono verificati al di fuori dei Territori occupati solo se risultano coinvolti, sia come vittime che come aggressori, persone residenti nei Territori occupati. I feriti palestinesi riportati in questo rapporto includono solo persone che hanno ricevuto cure mediche da squadre di paramedici presenti sul terreno, nelle cliniche locali o negli ospedali. Le cifre sui feriti israeliani si basano su notizie di stampa.

 

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