Con l’adesione alla Corte Penale Internazionale cosa cambia per la situazione dei prigionieri?

Apr 12, 2015 | Notizie

di Issa Qaraqe, Ministro per i Prigionieri del Governo Palestinese

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Il più importante diritto concesso alla Palestina a seguito della sua adesione al Trattato di Roma sta nella possibilità di deferire al Procuratore della Corte ogni caso in cui appaia che uno o più crimini sono stati commessi all’interno della giurisdizione della corte. Il Presidente [palestinese] ha emesso un decreto per la formazione di un Comitato Nazionale, composto da personalità giuridiche sia governative che private, che deve seguire i rapporti con la Corte Penale Internazionale.

In questa sede, lo Stato di Palestina dovrà esercitare i diritti che ha acquisito per aver depositato presso la Cancelleria della Corte Penale Internazionale una dichiarazione in cui accetta la giurisdizione della Corte sui crimini commessi nel territorio palestinese occupato, compresa Gerusalemme Est, a partire dal 13 giugno 2014, e aderisce al Trattato di Roma che deve entrare in funzione il 1 aprile 2015.

Anche se il Comitato Nazionale Superiore [palestinese] ha messo come priorità della Nazione quella di presentare alla Corte i due casi degli insediamenti e dell’aggressione alla Striscia di Gaza, la situazione dei prigionieri arabi e palestinesi che languono nelle prigioni israeliane è anche molto importante e va inclusa tra i dossier da presentare alla Corte.

I motivi che rendono prioritaria la presentazione alla Corte Criminale Internazionale di questa questione sono:

  1. I tentativi del Governo israeliano di negare ai prigionieri il loro legittimo carattere giuridico di combattenti per la libertà e militanti di un movimento nazionale di liberazione, che hanno lecitamente combattuto in accordo con tutte le leggi e delibere internazionali; il tentativo quindi di trattarli come criminali e terroristi sia nei tribunali che con l’esercizio di poteri militari all’interno delle carceri.
  2. La legislazione gravemente razzista messa in atto dal Governo e dal Parlamento israeliano, che viola i diritti dei prigionieri, la legge internazionale e le Convenzioni di Ginevra.
  3. Il rifiuto di Israele di accettare e riconoscere l’applicabilità delle Convenzioni di Ginevra ai prigionieri, sia sotto il profilo militare secondo la Terza Convenzione, sia sotto il profilo civile secondo la Quarta Convenzione.
  4. La strategia di applicare la legge militare israeliana nei tribunali militari e di infliggere condanne che impongono ai prigionieri il pagamento di risarcimenti a soldati e a coloni, collocando la resistenza del popolo palestinese nell’ambito della criminalità e così degradando la lotta nazionale palestinese contro l’occupazione.
  5. Le gravi e crescenti violazioni contro i prigionieri, i loro diritti e la loro dignità umana, in violazione di leggi e disposizioni internazionali quali quelle contro la tortura, la carcerazione di minori, la detenzione preventiva, i maltrattamenti all’interno delle carceri, il diniego di visite, la reclusione in isolamento, l’incuria medica, ecc.
  6. La legislazione israeliana non contempla alcuna norma contro i crimini di guerra o i crimini contro l’umanità, malgrado siano proprio queste le accuse contenute con maggior frequenza nei ricorsi all’Alta Corte di Giustizia Israeliana riguardo a torture, assassini o violenze nei confronti di prigionieri.

Ben 207 martiri sono morti nelle carceri israeliane a seguito di torture, uccisioni dirette o incurie mediche, ma nessun funzionario israeliano è stato incriminato o giudicato colpevole, dal momento che la legislazione israeliana contempla l’immunità per gli inquirenti e i funzionari di Israele.

Israele ha usato prigionieri come scudi umani, ha detenuto minori in violazione della Convenzione Internazionale sui diritti dei bambini, ha usato abitualmente e continuativamente la carcerazione preventiva, ha usato la forza e armi proibite per reprimere prigionieri all’interno delle carceri, oltre a negare ai prigionieri i loro diritti fondamentali come il diritto alle visite, a incontri con avvocati e educatori ed ha anche trasferito prigionieri in carceri che si trovano all’interno di Israele (lo stato occupante) in violazione della Quarta Convenzione di Ginevra.

Presentare la questione dei prigionieri alla Corte Criminale Internazionale significa volersi liberare da un sistema ingiusto che impone la legge militare nei tribunali dell’occupazione israeliana e significa giustizia per coloro che sono stati vittime di violenze nelle carceri. Ci sarà anche un effetto di dissuasione per i funzionari e gli inquirenti statali che continuano a trattare i prigionieri come se non fossero esseri umani e che invece diventerebbero responsabili delle loro azioni e soggetti a incriminazioni internazionali per il loro comportamento verso i prigionieri. Questo è tanto più importante dal momento che il numero dei prigionieri sta aumentando continuamente e le misure repressive da parte israeliana aumentano in parallelo, in un’ondata di estremismo di destra nel Governo israeliano che ha fatto del vendicarsi sui prigionieri uno degli obiettivi della politica interna.

È quindi importante sviluppare un piano nazionale sul tema dei prigionieri, documentare accuratamente la situazione e tramite le istituzioni di competenza prepararsi a sostenere l’accusa di crimini di guerra o di gravi infrazioni di fronte alla Corte Criminale Internazionale. È ora di passare dalla fase della passione e degli slogan alla fase del confronto legale serio e concreto, per proteggere i prigionieri e i loro diritti, per non lasciare in libertà i criminali israeliani, per non lasciare che lo Stato di Israele sia uno stato al di sopra della legge, che viola i diritti dei prigionieri e disonora la civiltà umana e la giustizia.

(http://amin.org/articles.php?t=opinion&id=26397)

A cura di Assopace Palestina

traduz. di Donato Cioli

 

 

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