Sulla lama di un coltello ad Hebron.

Feb 14, 2012 | Storie

Giovani palestinesi contro gli insediamenti per la fine dell’occupazione militare
by Issa Amro – Febraury 2012

I problemi di Hebron hanno avuto inizio con il 1967. L’esercito israeliano si dette molto da fare per creare l’insediamento di Kiryat Arba, dopodiché i coloni e i soldati si stabilirono all’interno di Hebron, trasformandola in una città occupata. Iniziammo ad avere questa percezione quando crearono insediamenti nel cuore della città. Nei primi anni ’80 presero ad arrivare coloni da tutte le parti del mondo, insediandosi nelle nostre case e nell’area dei mercati. Trattavano i palestinesi come schiavi e animali, umani di quarta classe, che erano lì soltanto per essere sopraffatti.

 

Tutto ciò non fu così ovvio fino al 1994 e alla strage nella Moschea di Ibrahim, quando un colono estremista uccise 29 musulmani. Dopo di allora fummo sottoposti a un trattamento punitivo. La politica di apartheid fu esercitata in modo più evidente, con la chiusura di Shuhada Street e di molti negozi locali. L’esercito divise in due la Moschea di Ibrahim confiscandone i giardini.

 

La mia attività di resistenza è iniziata nel 2003. L’esercito aveva chiuso l’università di Hebron quando ero studente lì. Serrarono i cancelli e ci dissero “andatevene per la strada. Qui non avrete nessun futuro”. Questo mi fece prendere la decisione che avrei che avrei lottato, in modo non violento.

 

Ebbi la fortuna di avere come guida uno specialista dell’attivismo. Con lui discussi la pianificazione strategica e la metodologia su come riaprire la nostra università. Un giorno forzammo i cancelli e aprimmo le porte, riprendemmo a fare lezione e iniziammo a studiare per conto nostro. L’esercito arrivò poco dopo, e allora ci accampammo fuori con una tenda da sit-in che avevamo comprato. Contattammo i nostri amici internazionali e i mezzi di informazione. Spiegammo a tutti l’importanza che per noi aveva la nostra università. Dopo sei mesi fu finalmente riaperta.

 

Questo mi ha incoraggiato ad andare avanti da allora in poi. Io capisco quando i palestinesi hanno la sensazione che la resistenza sia senza speranza. L’esercito israeliano non fa distinzione tra dimostranti disarmati e nemici armati. Per loro esiste un’unica legge, che va contro qualsiasi forma di protesta. Opporsi è provocare la reazione di una macchina fatta per uccidere.

 

Non critico nessuna forma di resistenza. È un nostro diritto. Seguo la strada della non violenza per due fondamentali ragioni. La prima è che io voglio che la nostra comunità resti pacifica. Come ha detto Ghandi, usare la violenza per liberarsi di un oppressore “ riproduce un modello di violenza”. Questa non è la nostra modalità. In secondo luogo, attraverso la non violenza possiamo ottenere un’ampia partecipazione di intere comunità piuttosto che di singoli individui.

 

La non violenza è pericolosa per l’occupazione. Come lo so? Tra l’aprile del 2010 e oggi. sono stato arrestato non meno di dieci volte. Questo mi dice che i nostri metodi stanno funzionando. L’esercito non è addestrato a trattare con la non violenza, così come le autorità egiziane non sono riuscite a tenere sotto controllo i movimenti giovanili. È solo questione di tempo, e lo sarà, prima di vedere un risultato simile qui da noi. Quando vengo arrestato cercano di rappresentarmi come un terrorista. Sono stato accusato di aggressione nei confronti di poliziotti e coloni, di aver rubato armi e di altri reati che corrispondono alla loro immagine dei palestinesi. Ad ogni arresto non mi scoraggio mai, ma per mia moglie e la mia famiglia è molto difficile. Sappiamo tutti che la mia sicurezza è messa a rischio dalle mie attività.

 

L’esercito ha un nuovo reato di cui accusarci: “istigazione”. È un termine così vago che si può applicare a tutto, specialmente alla protesta. Comporta la minaccia di incarcerazione ed è stato usato per mettere in prigione l’organizzatore di Bi’lin Abdallah Abu Rahman nel 2009. L’istituzione di questa legge coinvolge le più alte autorità israeliane e il sistema legale nel permettere, addirittura promuovere, il razzismo istituzionale. La legge è di per sé razzista. Se istigazione può significare qualsiasi cosa, perché non usarla contro il Ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman, che parla di uccidere la gente, e non contro di me, che esercito il mio diritto a dimostrare pacificamente? Ogni giorno vediamo leggi razziste ad Hebron, dove siamo sotto legge marziale, mentre i coloni nostri vicini rientrano nella legislazione civile israeliana.

 

Ci rivolgiamo ai leader internazionali affinché ci aiutino nella lotta contro gli insediamenti, e siamo stati scioccati dal recente veto americano (di una risoluzione che li condanna). I leader statunitensi proclamano di essere contrari agli insediamenti, ma quando sono messi alla prova vediamo che sostengono ancora incondizionamente Israele.

 

E allora dobbiamo farlo noi. Io rappresento il gruppo della Gioventù contro gli insediamenti di Hebron, che include il progetto Tel Rumeida, che dà forza e strumenti di difesa alle famiglie per affrontare gli effetti quotidiani della presenza dei coloni. Il nostro lavoro è impedire il silenzioso spostamento di palestinesi dalle loro case, ed è una barriera contro i pestaggi, le ruberie e le violazioni dei diritti che qui sono così abituali.

 

Tuttavia ci troviamo ad affrontare un’opposizione complessa e determinata. Il governo israeliano usa i coloni con astuzia. Tentano di affermare che Hebron è importante per motivi religiosi, ma dai coloni sento che questo è un passo avanti verso la conquista di Nablus, di Ramallah e dell’intera Cisgiordania. Hebron è la prima linea. Se ottengono un successo qui nella campagna di pulizia etnica sotto il vessillo della religione, andranno avanti verso nuovi obiettivi.

 

Eppure io sono molto ottimista sul futuro. Le nostre manifestazioni per l’apertura di Shuhada Street attraggono migliaia di persone. Il nostro movimento sta crescendo e presto avremo un nuovo gruppo della Gioventù contro gli insediamenti a Ramallah. Abbiamo bisogno che palestinesi da tutte le città e villaggi vengano a darci il loro sostegno. Sulla questione degli insediamenti siamo tutti uniti e i nostri movimenti di attivismo giovanile si stanno sviluppando. Le campagne internazionali di boicottaggio contro gli insediamenti devono continuare, visto che sono già efficaci.

 

È solo questione di tempo prima che riusciamo a vedere le nostre rivolte non violente di massa, come negli altri paesi arabi. Una nuova generazione si sta unendo nell’intento di rifiutare la violenza e l’ingiustizia degli insediamenti. Ho la convinzione che succederà nel prossimo anno.

 

Issa Arno è residente di Hebron dalla nascita. È ingegnere elettronico, attivista per i diritti umani e leader di comunità. È fondatore di molti progetti e iniziative di giovani.
Traduzione di Mirella Scriboni, Elisa Reschini , – www.AssopacePalestina.org
info: lmorgantiniassopace@gmail.com

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