Le ‘prove segrete’ di Israele contro i Palestinesi

Giu 16, 2022 | Riflessioni

di Yumna Patel,

Mondoweiss Palestine Letter, 15 giugno 2022.

La famiglia di Mohammed al-Halabi nella loro casa a Gaza City. 22 aprile 2021. (Mahmoud Ajjour/APA Images)

Nelle ultime settimane ho riflettuto molto su Israele e sul suo uso delle “prove segrete”.

Negli anni in cui mi sono occupata dell’occupazione israeliana della Palestina, è una questione che si è ripresentata continuamente. I palestinesi vengono criminalizzati e imprigionati, e le loro vite distrutte, tutto grazie ad un’arma che Israele può usare, senza alcuna domanda o conseguenza: le prove segrete.

Le ho viste usare contro bambini, difensori dei diritti umani, organizzazioni della società civile, operatori di ONG, attivisti e palestinesi comuni. È una mossa classica nella cassetta degli attrezzi israeliana: di fronte alla mancanza di prove reali di un crimine, Israele tira fuori la carta delle prove segrete.

Un palestinese è politicamente attivo nella sua comunità e potrebbe rappresentare una potenziale ‘minaccia’ per lo Stato? Lo si imprigiona con prove segrete. Un sostenitore dei diritti umani lavora per attirare l’attenzione sull’apartheid di Israele? Gli si vieta di viaggiare usando prove segrete. Le organizzazioni della società civile palestinese minacciano di rendere Israele responsabile dei suoi crimini presso la Corte Penale Internazionale? Si criminalizzano quelle organizzazioni e si mette fuori legge il loro lavoro sulla base di prove segrete

Questi sono tutti casi di prove segrete utilizzate contro i palestinesi che sono giunti sulla mia scrivania solo nell’ultimo anno o due. E sono solo alcuni.

Poche ore fa, Israele ha condannato l’operatore umanitario palestinese Mohammad al-Halabi perché avrebbe trasferito fondi ad Hamas. Al-Shalabi, che lavorava presso World Vision a Gaza, negli ultimi sei anni è stato in carcere in detenzione preventiva.

A parte le false “prove” che al-Halabi dice di essergli state estorte da un infiltrato dopo essere stato picchiato durante l’interrogatorio, Israele ha mantenuto sostanzialmente segrete le sue “prove” dei presunti crimini di al-Shalabi.

Durante i sei anni di sempre prolungata detenzione, i funzionari israeliani hanno insistito nel presentare ulteriori prove materiali in sessioni a porte chiuse con i procuratori, ma la natura di questi materiali non è mai stata rivelata.

Anche il processo contro al-Halabi si è svolto in gran parte in segreto, e la stessa sentenza del tribunale di mercoledì è stata tenuta segreta, visto che i giudici hanno stabilito che l’avvocato di al-Halabi avrebbe potuto vedere la decisione solo in presenza di guardie di sicurezza.

La settimana scorsa, diplomatici europei hanno dichiarato ad Haaretz che Israele non ha fornito ai Paesi europei prove sufficienti per sostenere le sue affermazioni contro sei organizzazioni della società civile palestinese che sono state criminalizzate e messe fuori legge l’anno scorso dopo essere state dichiarate “organizzazioni terroristiche”.

Al momento attuale, 640 palestinesi sono tenuti in carcere a titolo di detenzione amministrativa. Si tratta di una politica che Israele utilizza quasi esclusivamente contro palestinesi sotto occupazione e che consente allo Stato di imprigionare i palestinesi senza accusa o processo, spesso con il pretesto di “prove segrete”.

Queste prove segrete di solito non vengono nemmeno rivelate al prigioniero, che trascorre mesi, o addirittura anni, rinchiuso senza mai sapere perché.

Anche quando i Palestinesi forniscono proprie prove verificabili da opporre alle affermazioni di Israele, spesso non possono fare nulla, poiché il tribunale di solito decide a favore delle prove segrete fornite dai pubblici ministeri e dai funzionari dell’intelligence israeliana.

Questo è stato il caso di molti palestinesi con cui ho parlato nel corso degli anni: le loro vite e quelle delle loro famiglie sono state devastate dall’occupazione e dalla sua farsa di “democrazia”, mentre il mondo sta a guardare, incrollabile nella sua determinazione di permettere che Israele continui senza conseguenze nei suoi crimini e nelle sue violazioni.

Quando penso ai casi di persone come Mohammed al-Halabi, Salah Hammouri e Layth Zeyad, mi chiedo quanto sarebbe stato diverso, per loro e per le loro famiglie, se il mondo fosse stato altrettanto determinato a ottenere giustizia per i palestinesi.

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Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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