Il dovere di porre fine all’apartheid israeliano

Gen 21, 2021 | Riflessioni

di: Gideon Levy,

Haaretz, 21 gennaio 2021. 

Una protesta contro la prevista annessione di parti della Cisgiordania, Tel Aviv, giugno 2020 (Ofer Vaknin)

Questa settimana ho cercato di spiegare qui che la continua occupazione e la sua trasformazione da una situazione apparentemente temporanea a una permanente, con la cancellazione della linea verde (per gli Ebrei), ha creato una nuova situazione: non è più possibile parlare di “Apartheid nei Territori”. Il destino di oltre 6 milioni di Palestinesi-Israeliani, residenti a Gerusalemme Est, Cisgiordania e Gaza, è deciso dal governo ebraico a Gerusalemme e dallo stato maggiore ebraico dell’IDF (esercito israeliano) a Tel Aviv.

Il sistema a cui sono soggetti è senza dubbio un sistema di discriminazione, oppressione, espropriazione e separazione sulla base della nazionalità, e quindi è un sistema di apartheid. La democrazia solo per Ebrei è ovviamente una presa in giro della democrazia. Pertanto, se Israele è tirannico in alcuni dei suoi territori verso alcuni dei suoi sudditi, tutto Israele è tirannico. Se l’apartheid esiste in parte del suo territorio per alcuni dei suoi residenti, allora è uno stato di apartheid. Nessuna democrazia può contenere una tirannia regionale o un apartheid regionale.

Quando ero nel villaggio di Ras Kurkar questa settimana, circondato da tutti i lati da insediamenti, era impossibile non pensare all’apartheid. Dal balcone della casa che ho visitato, nelle giornate limpide si vede il mare. Ma solo gli Ebrei possono andarci. Le prossime elezioni per la Knesset, che influenzeranno anche il destino di questo villaggio, sono riservate agli Ebrei. Una comunità è immunizzata, e quella accanto no, sulla base della nazionalità: questo non è apartheid? Sviluppo, costruzioni, acqua e terra: tutte funzioni basate sull’implicita supremazia ebraica. Il sistema giudiziario è diverso e le leggi sono diverse, la punizione è diversa per le stesse azioni, per Ebrei e Arabi. Cos’è questo se non apartheid?

Questo apartheid è costruito da Ebrei israeliani. L’hanno deciso da soli, ovviamente in modo antidemocratico. Quindi il loro stato, il nostro stato, è uno stato di apartheid, anche se Zvi Bar’el non è d’accordo.

Questo non è un semplice gioco di parole. Questa dura definizione dà luogo a conclusioni pratiche altrettanto dure e dolorose. Se questo è uno stato di apartheid, la comunità internazionale è obbligata a trattarlo come ha fatto con il suo predecessore [il Sudafrica]. Israele, che spesso si lamenta di essere stato sottoposto a trattamento discriminatorio, di doppio standard e di ipocrisia –per non parlare dell’accusa di antisemitismo– è manifestamente il paese più viziato del mondo. Nessun altro stato ha ricevuto così tante risorse e così tanto sostegno per decenni, godendo allo stesso tempo di un’incredibile tolleranza. Uno stato di apartheid viene trattato come il prediletto dell’Occidente, il suo bambino viziato, a cui non viene mai chiesto di assumersi la vera responsabilità delle sue azioni e di pagare per i suoi crimini.

La nuova definizione di stato di apartheid potrebbe costringere il mondo a cambiare atteggiamento. Smettere di essere così indulgente e smettere di chiudere un occhio. Il mondo non può continuare a credere che l’occupazione sia transitoria, che ci sia un “processo di pace” che è solo “congelato” al momento, in attesa di un “partner” palestinese, e che una soluzione sia in attesa dietro l’angolo.

Non succederà mai. Gli Israeliani non si sveglieranno mai una mattina e riconosceranno che l’occupazione non è buona e non è giusta e deve essere finita. Semplicemente non succederà. Non succede da 53 anni e non c’è motivo per cui debba accadere ora all’improvviso. Il motivo perché ciò succeda può essere fornito solo dalla comunità internazionale, se richiede che Israele si assuma la sua responsabilità e sia soggetto a misure punitive. Questo è un diritto e un dovere della comunità internazionale.

Questo dovere è tanto più impellente dal momento che non si parla più di violazioni temporanee del diritto internazionale, crimini di guerra fugaci o di un’occupazione militare come le altre. Quando l’occupazione diventa apartheid e definisce l’identità dello stato, è necessaria un’azione internazionale –sì, proprio come è successo con il Sudafrica. Ciò che ha funzionato lì potrebbe funzionare anche qui. Vediamo cosa succederà quando gli Israeliani inizieranno a pagare per i peccati del loro stato. Un vero patriota dovrebbe desiderare quel giorno. Ecco perché la discussione su Israele come stato di apartheid è così importante.

https://www.haaretz.com/opinion/.premium-the-duty-to-end-israeli-apartheid-1.9468587

Traduzione di Donato Cioli – AssopacePalestina

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